A 20 anni esatti dall’espulsione di Abdullah Öcalan dalla Siria (il 9 ottobre 1998, il 12 sarebbe arrivato a Roma), mentre il leader del Pkk langue nell’isola-prigione di Imrali, isolato ma ancora ispiratore di movimenti in tutto il Kurdistan storico, la Turchia compie l’ennesima repressione contro la comunità curda e di sinistra: tra giovedì scorso e ieri circa 240 membri dell’Hdp sono stati arrestati: politici, attivisti e giornalisti.
Tra loro il co-presidente provinciale di Diyarbakir, Mehmet Serif Camci, e i giornalisti Abdurrahman Gök e Semiha Alankus. Computer e libri sono stati confiscati. Gli arrestati si aggiungono agli 11mila membri e sostenitori dell’Hdp detenuti negli ultimi due anni, di cui 4.500 ancora dietro le sbarre.
La nuova campagna di arresti arriva a pochi giorni dall’annuncio del presidente turco Erdogan: il commissariamento dei comuni nelle province curde dove governa l’Hdp. Una realtà già concreta: sono 94 i comuni in aree a maggioranza curda gestiti da Ankara dopo l’arresto dei sindaci.
E arriva mentre Erdogan si mostra al mondo come difensore della libertà di espressione, nel terribile caso della scomparsa (e probabilmente l’uccisione) del giornalista dissidente saudita Khashoggi.
Chiara Cruciati
da il manifesto