Turchia: Perquisizioni e incursioni della polizia nei centri per i diritti umani
Le incursioni dei servizi di sicurezza in Turchia prendono di mira i difensori dei diritti umani. Negli ultimi due giorni, circa 67 indirizzi sono stati perquisiti dalla polizia a Istanbul e i locali sono stati saccheggiati e distrutti.
Il Centro culturale Idil, dove operano il gruppo di musicisti Yorum, il gruppo di sostegno ai prigionieri politici TAYAD, la casa di cura per anziani e disabili Sevgi Erdogan Vefa Evi, l’Ufficio per la legge popolare e la Casa della Resistenza nella provincia di Armutlu, dove risiede agli arresti domiciliari la vittima di tortura Ayten Öztürk, sono stati completamente distrutti. Circa 90 persone sono attualmente in arresto.
Poiché anche gli avvocati di tutti gli arrestati sono detenuti, non è possibile ottenere molte informazioni sulla loro sorte o sul loro stato di salute.
Si apprende che tutti gli arrestati sono stati maltrattati e torturati durante la detenzione. Ayten Öztürk è stata trascinata sui vetri rotti e arrestata, anche se è agli arresti domiciliari da oltre due anni e mezzo e monitorata ventiquattro ore al giorno.
Numerose associazioni di avvocati in Turchia e all’estero sono preoccupate per il trattamento riservato agli avvocati e per il fatto che sia stata loro negata l’assistenza legale da parte di altri avvocati.
Il centro del Grup Yorum è stato saccheggiato e distrutto più di cinque volte in un anno e anche questa volta i loro strumenti sono stati completamente distrutti.
I parlamentari e i difensori dei diritti umani hanno espresso preoccupazione dopo che le incursioni hanno avuto luogo nel giorno dell’anniversario del terremoto, in cui la nazione piange i propri morti, e per il completo disinteresse dello Stato nel sostenere le persone colpite dal sisma anche dopo un anno.
Tra gli avvocati arrestati, Didem Baydar Unsal, Berrak Çaglar, Seda Saraldi e Betül Vangölü Kozagaçli, ci sono anche i legali che seguono i casi di Ayten.
La Comunità giuridica internazionale, in un comunicato pubblicato l’8 febbraio, ha condannato l’incursione delle forze armate turche nell’Ufficio legale popolare e l’arresto dei membri dell’Associazione degli avvocati progressisti (CHD). Anche loro, come le altre persone arrestate, non hanno potuto incontrare familiari né legali. Né è consentito accedere ai propri fascicoli e dunque conoscere le accuse formulate e le ragioni dell’arresto. Cinque avvocati dell’Ufficio legale popolare sono in carcere ormai da anni. Secondo la Comunità giuridica internazionale, rappresentata da numerose associazioni, fondazioni, enti di diversi Paesi del mondo, gli avvocati sono stati arrestati in quanto si occupano o si sono occupati della difesa di presunti membri e sostenitori del DHKP-C: “questa inaccettabile identificazione degli avvocati con i loro clienti sembra essere anche la ragione dell’attacco del 6 febbraio all’Ufficio legale popolare […] Ricordiamo alle autorità turche che il mondo vi sta osservando”.
Anche il Consiglio Nazionale forense della Turchia ha espresso preoccupazione per gli arresti e chiesto di garantire l’esercizio di diritto alla difesa. Quattordici Organizzazioni internazionali di avvocati e di osservatori per i diritti legali, tra i quali UA Institute for the Rule of Law, The Law Society of England and Wales, International Observatory for Lawyers in Danger (OIAD), Institut des droits de l’Homme du Barreau de BRUXELLES, European Association of Lawyers for Democracy & Human Rights, World Organisation Against Torture (OMCT), FIDH (International Federation for Human Rights) e Giuristi Democratici italiani, hanno chiesto il rilascio immediato e incondizionato degli avvocati.
Abbiamo incontrato Ayten solo pochi mesi fa, a novembre, presso la sua abitazione e anche all’interno del tribunale Çaglayan di Istanbul, dove abbiamo assistito all’udienza per una nuova accusa, quella di “propaganda per un’organizzazione terroristica”, formulata in seguito alla pubblicazione di un libro in cui denuncia gli abusi subiti dalla polizia segreta. In quell’occasione, alla presenza di giornalisti e osservatori internazionali, il suo team di avvocati è riuscito a ottenere l’assoluzione. In una lunga intervista rilasciataci, l’Avv. Seda Saraldi, ora in prigione insieme agli altri legali, ci ha parlato dell’inconsistenza delle accuse mosse contro Ayten Öztürk e di come avesse scelto di sostenere legalmente la sua lotta contro la tortura di stato e quella di altre donne vittime di orribili violenze, comprese quelle sessuali.
Ayten è in prigione dal 7 febbraio. Non si sa, al momento, quale sarà la sua sorte. Il fatto che non si possa rivolgere ai suoi stessi avvocati, tutt’ora agli arresti, rende la sua posizione ancora più complicata. All’inizio del mese aveva denunciato la decisione del tribunale di non consentirle di effettuare una visita medica di controllo in seguito all’operazione chirurgica di asportazione di alcune masse per la quale è rimasta ricoverata in ospedale diversi giorni. “Esaminando il contenuto della richiesta, considerando l’entità della pena inflitta all’imputato, la richiesta viene respinta”. Queste sono state le motivazioni del tribunale.
Lo stato della giustizia in Turchia e le condizioni dei detenuti nelle carceri sono stati oggetto di numerose critiche e denunce da parte di organizzazioni internazionali e delle Nazioni Unite.
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