Turchia: prelievo di sangue forzato per inviati Infoaut
- ottobre 29, 2015
- in Dal mondo, violenze e soprusi
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Decisamente quello che succede nel Kurdistan turco non s’ha da sapere. Anzi, ancora ancora si può sapere dei rifugiati (causati da quel mostro dello Stato islamico con cui Erdogan non avrebbe nulla a che fare), si può sapere delle case trivellate e delle macerie (causate ovviamente dai “terroristi” per l’imparzialissima informazione turca) ma non s’ha da sapere che da diversi mesi alcuni quartieri nelle principali città del Bakur vivono una situazione di auto-governo difesa dagli abitanti dei quartieri con barricate e trincee, in cui le truppe speciali del presidente non possono più entrare per ammazzare civili impunemente, in cui la solidarieta nel conflitto é concreta quanto i fuochi dietro le Dyiarbakir barricate. Qui come altrove, si può vedere la miseria ma non si puo vedere la lotta.
E cosi’ puo capitare che dopo un’interessante passeggiata a Silvan, nella provincia di Dyiarbakir, i tank della polizia turca arrivino sgommando per prelevarti e portarti in caserma con l’accusa di “propaganda a favore di organizzazioni terroristiche”. Un pomeriggio d’ipocrita cortesia che si deve agli arrestati europei condita da condiscendenza e sorrisetti durante gli interrogatori che fanno sgranare gli occhi alla nostra giovane accompagnatrice. Solo tre giorni fa a pochi metri dal luogo del nostro arresto gli stessi agenti puntavano la pistola alla testa di un suo amico per un controllo detto “di routine”.
Niente di più che un atto di ordinaria intimidazione, vissuto col guanto di velluto del privilegio dell’europeo-forse-un-po’-giornalista e che si conclude col sequestro dei telefoni cellulari, le foto segnaletiche, la schedatura delle impronte e un prelievo forzato di sangue che finira negli sterminati file delle schedature politiche dello stato Turco. Ossia la seconda “unica democrazia del medioriente”, appassionata di pulizia etnica e coccolata in questi giorni dall’Unione europea interessata a gestire milioni di rifugiati come redditizia forza lavoro o eccedenza da far annegare in fondo al Mediterraneo.