Turchia: Un’intera famiglia curda è stata trucidata nella città di Konya
Il 30 luglio a Konya, una banda di fascisti razzisti turchi ha ucciso un’intera famiglia kurda composta da 7 persone ( 4 femmine 3 maschi).
Hanno attaccato la loro casa a Konya, nel distretto di Meram: li hanno uccisi con colpi di pistola e poi dato fuoco alla casa. Sono morti Yaşar Dedeoğlu, Barış Dedeoğlu, Serpil Dedeoğlu, Serap Dedeoğlu, İpek Dedeoğlu, Metin Dedeoğlu e Sibel Dedeoğlu.
Sette persone che vivevano lì da 24 anni e che avevano subìto altre aggressioni e minacce. Tutte denunciate alla polizia, senza risultato. Il “motivo” lo hanno detto ieri la procura (che ha fermato dieci sospetti) e i ministri degli Interni Soylu e della giustizia Gul: non si è trattato di un crimine d’odio o razzista, ma “di una disputa che va avanti da 11 anni tra due famiglie”.
In una sola settimana ci sono stati attacchi razzisti contro i curdi nelle province di Adana, Afyon, Ankara e Konya.
Particolari inquietanti sul massacro di una famiglia Curda a Bahcesehir
Si va colorando di particolari inquietanti la notizia del massacro, della strage razzista del 30 luglio in cui ben sette curdi (tre donne) hanno perso la vita nel villaggio di Bahçeşehir (distretto di Meran, Konya).
Infatti si torna a parlare di Engin Dinc, nominato da Erdogan capo della polizia della provincia in cui il misfatto è avvenuto poco prima della strage. Membro dei Servizi, in passato Dinc venne portato in giudizio in quanto implicato nell’assassinio di un giornalista armeno, Hrant Dink.
Ma poi il reato era andato in prescrizione, Engin Dinc aveva goduto di una promozione e il sospetto autore materiale del delitto, Erhan Tuncel, sarebbe stato “arruolato” come informatore.
Prima ancora Engin Dinc aveva diretto i Servizi nella provincia di Trabzon, all’epoca in cui alcuni familiari dei prigionieri politici di sinistra erano stati – letteralmente – linciati. Risaliva allo stesso periodo un misterioso attentato (presumibilmente per mano dello stesso gruppo implicato nell’uccisione di Hrant Dink) e l’assassinio del sacerdote Andrea Santoro (2006).
Non solo. Ai primi di ottobre 2015, quando erano ancora sottoposti alla sua direzione, i Servizi erano entrati in possesso dei piani dello Stato islamico per colpire un raduno pacifista ad Ankara. Per la precisione, qualche giorno prima del devastante attentato(in cui morirono un centinaio di persone (sia curdi che militanti della sinistra turca), ma l’informazione veniva inoltrata alla direzione provinciale antiterrorismo solo il 10 ottobre,
Oltre ad aver assassinato sette appartenenti alla famiglia Dedeoglu, i “nazionalisti turchi” (come si erano definiti nel corso di una precedente aggressione risalente al 12 luglio) ne hanno ferito diversi altri e incendiato le abitazioni dei curdi. I cinque turchi fermati dopo la prima aggressione erano stati presto rilasciati per “mancanza di prove” e comunque appare evidente come gli autori di tali azioni criminali godano di una sostanziale impunità.
Manifestazioni di protesta si sono svolte in varie località e in particolare davanti alla sede di HDP a Tarde (provincia di Mersin) dove la deputata Fatma Kurtalane il copresidente provinciale del partito Bekir Anackaya hanno sfilato con uno striscione in cui si leggeva “Noi conosciamo i nomi degli assassini”. Sia a Tarde che a Diyarbakir (Amed) come nella provincia di Adiyamanla folla qui radunata scandiva slogan contro il fascismo.
Alcuni esponenti turchi dell’opposizione hanno chiesto che tali aggressioni siano oggetto di indagini approfondite.
A tale scopo una delegazione di CHP, guidata daAbdullatif Sener, si è recata a Meran per conoscere direttamente la situazione.
Nel frattempo è giunta la notizia di nuovi episodi – qualificabili come veri e propri pogrom – contro famiglie di lavoratori agricoli curdi ad Antalya. Assaliti da centinaia di turchi – qualificabili come “fascisti di fatto” – hanno dovuto lasciare le loro abitazioni.
Gianni Sartori