Yasin Bulut, membro del Comitato per le famiglie dei martiri, è stato ammazzato ieri mattina in strada, a Suleymaniya, dove si trovava per trattamenti medici. Il Partito curdo dei Lavoratori accusa i servizi segreti turchi: «Omicidio mirato»
Yasin Bulut è stato ucciso ieri con quattro colpi di pistola alle 9 del mattino mentre camminava verso un ospedale di Suleymaniya (Kurdistan iracheno). Per strada, in pieno giorno. Membro del Comitato per le famiglie dei martiri del Pkk, noto anche come Sukru Serhat, Bulut era originario della provincia turca di Kars.
Era entrato nel Partito curdo dei Lavoratori poco dopo la fondazione, nel 1978. Imprigionato dalla Turchia nel 1980 nel famigerato carcere di Diyarbakir, era stato rilasciato 11 anni dopo. Si trovava nella città curdo-irachena per trattamenti medici. Subito dopo la sua uccisione, la bara è stata accompagnata dai compagni tra la bandiere del Pkk e quelle con il volto del leader Ocalan.
Già il 16 settembre si era registrato un inquietante episodio che per poco non è costato la vita al rifugiato Ferhat Bans Kondu, proveniente dal Bakur. Contro di lui venivano esplosi diversi colpi di arma da fuoco da parte di un uomo mascherato. Sopravvissuto alle ferite, il giovane curdo è rimasto presumibilmente vittima di una campagna sia contro i militanti del PKK, sia contro sostenitori e simpatizzanti.
In 1991 Yasin Bulut was released from prison and joined once again the #PKK in the mountains of Kurdistan. For 15 years he was working in PKK’s Committee of Martyrs Families across Bashur #TwitterKurds
— Cahîda Dêrsim (@dersi4m) September 17, 2021
Sarà sepolto a Qandil, dove ha trascorso gli ultimi trent’anni e dove la leadership del partito ha la sua roccaforte, da anni sottoposta a duri attacchi aerei da parte della Turchia. Che fin da subito è finita in testa alla lista dei sospettati, con il Mit (i servizi segreti) accusato di aver organizzato l’operazione, così come l’assassinio il giorno precedente del 33enne Ferhat Baris Kondu, anche lui colpito nel Kurdistan iracheno dove si era rifugiato per motivi politici.
«Questi due incidenti – scrive in una nota il Pkk, chiedendo l’intervento delle autorità di Erbil – dimostrano che il fascista Erdogan e il Mit hanno iniziato una serie di omicidi politici. Se le forze turche possono facilmente compiere massacri in ogni parte del Kurdistan, tutti i curdi dovrebbero prendere una posizione comune e misure immediate».
Chiara Cruciati
da il manifesto