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Ultime cartoline dal Kurdistan

Per non demoralizzare i soldati e i loro familiari, l’esercito turco dissimula sistematicamente il numero delle proprie perdite

di Gianni Sartori

Chissà cosa raccontano i loro comandanti alle truppe mandate allo sbaraglio nelle zone della guerriglia curda. “Poveri cristi” anche loro, presumibilmente inconsapevole strumento della politica sciovinista di Erdogan & C.

E chissà poi cosa dicono ai familiari, alle madri, quando ne devono annunciare la morte in battaglia….

Quello che sembra assai probabile è che le “alte sfere” fanno di tutto per tenere nascosta all’opinione pubblica la reale portata del conflitto (stavo scrivendo “a bassa intensità”, ma sarebbe quantomeno riduttivo).

Da parte sua la guerriglia curda delle HPG (Forze di difesa del popolo) sostiene di aver inflitto perdite consistenti all’esercito turco. Sarebbero stati 861 i soldati uccisi e 128 i feriti nel 2021. Ben 2 942 quelli uccisi (tra cui 26 ufficiali superiori) e 408 feriti nel 2022.

Almeno altri 919 militari uccisi (tra cui sette di alto grado) e 128 feriti nel 2023. Per il 2024 si parla di oltre un centinaio di soldati uccisi nei primi tre mesi.

Si tratta ovviamente di uomini caduti in combattimento di cui i guerriglieri forniscono regolarmente i documenti di identità con le generalità dei caduti.

Invece lo Stato turco, vedendosi costretto a nascondere o dissimulare tali cifre, li classifica (più o meno fantasiosamente) come “morti durante l’addestramento” oppure “colpiti da un fulmine”, “smarriti andando alla moschea”, “caduti un precipizio” e soprattutto “suicidi”.

Quest’ultimo, probabilmente, rappresenta il dato maggiormente veritiero. Soprattutto tenendo conto delle pessime condizioni in cui versano i soldati nelle caserme turche.

Vittime spesso di bullismo (quello pesante da caserma, il nostro “nonnismo”), mal nutriti, maltrattati e disprezzati,  costretti a lavori pesanti (o magari utilizzati come domestici dai loro comandanti, tutto il mondo è paese).

Nelle operazioni di controguerriglia, sia negli attacchi che nei rastrellamenti, sanno di poter cadere uccisi in qualsiasi momento. E anche chi riesce a rientrare dal fronte, con la propria testimonianza contribuisce ad abbattere ulteriormente il morale dei commilitoni.

Se solo riuscissero a comprendere che il loro “nemico”, i guerriglieri curdi, in realtà stanno lottando anche per loro, anche per la liberazione delle masse popolari turche…forse avrebbero il coraggio di fare l’unica scelta dignitosa: disertare.

Intanto, parallelamente al verdetto vergognoso emesso contro il popolo curdo nell’affaire “Kobane”, il regime di Ankara ha deciso di instaurare il copri-fuoco in tutte le regioni curde (nel Bakur, i territori curdi sottoposti all’amministrazione, occupazione e colonizzazione turca). Una possibile riproposizione dello stato di emergenza degli anni ’90 quando l’esercito turco si abbandonò a ogni genere di brutalità contro la popolazione curda (tra l’altro incendiando e svuotando oltre 4mila villaggi)

Divieto assoluto di riunione e di manifestazione sia a Diyarbakir (Amed) che a Batman (Elih), Siirt (Sêrt), Bingol, Van, Sirnak, Dersim, Mardin, Agri…

Tuttavia, nonostante i divieti e la repressione, gruppi di giovani curdi hanno manifestato nel corso delle ultime notti sia a Diyarbakir che nella provincia di Adana.

 

 

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