Un altro decesso nel carcere di Sulmona: 54 i detenuti morti da inizio anno
Con la morte di Domenico Cardarelli, internato nel supercarcere di Sulmona e ritrovato ieri sera cadavere nella sua cella, salgono a 54 i detenuti morti dall’inizio dell’anno, 1 ogni 2 giorni di media. Di questi 17 si sono suicidati (alcune altre fonti, forse a conoscenza di un caso che non abbiamo monitorato, parlano di 18 suicidi). Ricordiamo lo scorso anno sono morte in carcere 175 persone (72 suicidi) e dal 2000 ad oggi i decessi sono stati 1.651 (578 i suicidi). Numeri impressionanti, se si tiene conto che la popolazione detenuta è costituita prevalentemente da persone giovani (i 2/3 dei reclusi hanno meno di 40 anni e soltanto 2.500 di loro sono ultrasessantenni) che raramente dovrebbero morire per “causa naturale”.
Per fare un esempio, se la stessa frequenza dei decessi in carcere si verificasse nell’intera popolazione italiana assisteremmo ogni anno alla scomparsa di tanti under 40 quanti ne abitano in una città delle dimensioni di Firenze.
Nelle carceri su muore così spesso perché negli ultimi 20 anni sono diventate il ricettacolo di tutti i disagi umani e sociali, con decine di migliaia di detenuti tossicodipendenti, 5 o 6.000 malati di mente, migliaia di sieropositivi HIV. Una recente ricerca della Simspe (Società Italiana di Medicina e Sanità Penitenziaria) ha riscontrato che soltanto il 20% dei detenuti è in buone condizioni di salute.
Ma si muore anche perché le condizioni detentive sono sempre più difficili: il sovraffollamento ha raggiunto livelli mai visti, il personale adibito al “trattamento” e alla sorveglianza è sempre più scarso, il lavoro per i detenuti sempre meno (negli ultimi 3 anni le risorse destinate alle “mercedi” per i detenuti lavoranti sono diminuite del 32% – da 71milioni a 48milioni – Cap. 1671 del Bilancio del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria), il che significa che in carcere c’è maggiore povertà, che la manutenzione e le pulizie sono meno curate, che i detenuti trascorrono più ore in cella.
In molte carceri mancano anche i prodotti per la pulizia personale (carta igienica e sapone vengono forniti dal volontariato), la Regione Toscana ha dovuto comperare i materassi per 4.500 detenuti, il vitto giornaliero è fornito dall’Amministrazione con una spesa complessiva (fornitura dei prodotti e cottura pasti) di 3 euro a detenuto… con la qualità e quantità che si possono immaginare.
L’attuale condizione delle carceri non consente un’esistenza dignitosa ai detenuti (e nemmeno agli operatori che ci lavorano): quando diventa difficile immaginare un futuro diverso e migliore, il suicidio (o anche lo “sballo”) diventano l’unica strada per sfuggire alla sofferenza.
Probabilmente Domenico Cardarelli non voleva togliersi la vita. Secondo i primi rilievi effettuati la morte potrebbe essere stata causata da una overdose di sostanze stupefacenti e, benché a volte i tossicodipendenti intenzionati a suicidarsi assumano di proposito una dose eccessiva (e letale) di droga, è molto più frequente il caso del sovra-dosaggio accidentale, che più facilmente si verifica se la persona è rimasta in astinenza per un certo periodo di tempo. Sicuramente, come tanti altri, Domenico era disperato e un carcere dove non c’è posto per la speranza non può certo cambiare in meglio le persone.
Per fare un esempio, se la stessa frequenza dei decessi in carcere si verificasse nell’intera popolazione italiana assisteremmo ogni anno alla scomparsa di tanti under 40 quanti ne abitano in una città delle dimensioni di Firenze.
Nelle carceri su muore così spesso perché negli ultimi 20 anni sono diventate il ricettacolo di tutti i disagi umani e sociali, con decine di migliaia di detenuti tossicodipendenti, 5 o 6.000 malati di mente, migliaia di sieropositivi HIV. Una recente ricerca della Simspe (Società Italiana di Medicina e Sanità Penitenziaria) ha riscontrato che soltanto il 20% dei detenuti è in buone condizioni di salute.
Ma si muore anche perché le condizioni detentive sono sempre più difficili: il sovraffollamento ha raggiunto livelli mai visti, il personale adibito al “trattamento” e alla sorveglianza è sempre più scarso, il lavoro per i detenuti sempre meno (negli ultimi 3 anni le risorse destinate alle “mercedi” per i detenuti lavoranti sono diminuite del 32% – da 71milioni a 48milioni – Cap. 1671 del Bilancio del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria), il che significa che in carcere c’è maggiore povertà, che la manutenzione e le pulizie sono meno curate, che i detenuti trascorrono più ore in cella.
In molte carceri mancano anche i prodotti per la pulizia personale (carta igienica e sapone vengono forniti dal volontariato), la Regione Toscana ha dovuto comperare i materassi per 4.500 detenuti, il vitto giornaliero è fornito dall’Amministrazione con una spesa complessiva (fornitura dei prodotti e cottura pasti) di 3 euro a detenuto… con la qualità e quantità che si possono immaginare.
L’attuale condizione delle carceri non consente un’esistenza dignitosa ai detenuti (e nemmeno agli operatori che ci lavorano): quando diventa difficile immaginare un futuro diverso e migliore, il suicidio (o anche lo “sballo”) diventano l’unica strada per sfuggire alla sofferenza.
Probabilmente Domenico Cardarelli non voleva togliersi la vita. Secondo i primi rilievi effettuati la morte potrebbe essere stata causata da una overdose di sostanze stupefacenti e, benché a volte i tossicodipendenti intenzionati a suicidarsi assumano di proposito una dose eccessiva (e letale) di droga, è molto più frequente il caso del sovra-dosaggio accidentale, che più facilmente si verifica se la persona è rimasta in astinenza per un certo periodo di tempo. Sicuramente, come tanti altri, Domenico era disperato e un carcere dove non c’è posto per la speranza non può certo cambiare in meglio le persone.
fonte: Osservatorio permanente sulle morti in carcere
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