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Proibizionismo: In un anno 33mila denunciati per uso di cannabis

Droghe e carcere al tempo del coronavirus: 1 detenuto su 3 è dentro per spaccio. Nel Libro Bianco le conseguenze devastanti della politica penale sulle tossicodipendenze

Il Libro Bianco sulle droghe è giunto alla undicesima edizione, e come ogni anno viene presentato in occasione del 26 giugno, giornata mondiale sulle droghe, nell’ambito della campagna internazionale Support! don’t Punish. In assenza della relazione governativa sulle tossicodipendenze, anche quest’anno desaparecida, è il rapporto indipendente di riferimento sui danni provocati dal Testo Unico sulle droghe.

Dopo 30 anni di applicazione, le devastanti conseguenze penali della legge Jervolino-Vassalli non possono essere più considerati «effetti collaterali».

LA LEGGE SULLE DROGHE continua a essere il volano delle politiche repressive e carcerarie italiane. I dati, presentati da Maurizio Cianchella nel suo aggiornamento delle conseguenze sulla giustizia e sul carcere, sono evidenti. Basti pensare che in assenza di detenuti per art. 73, o di quelli dichiarati tossicodipendenti, non vi sarebbe il problema del sovraffollamento carcerario.

Il 30% dei detenuti entra in carcere per l’art. 73 del Testo Unico (spaccio) mentre a fine anno il 35% è in carcere per una violazione del DPR 309/90. Gran parte sono pesci piccoli, pochissimi i narcotrafficanti. Questo a conferma di come «il proibizionismo sia addirittura utile ai consorzi criminali più potenti organizzati, ripulendo il mercato dai competitor meno esperti» scrive Cianchella.

Allarmante poi il dato dei «tossicodipendenti» entrati in prigione, che arriva al 36,45%, in aumento costante da 4 anni. A fine anno, rappresentano il 27,87%, una presenza maggiore anche rispetto al picco post applicazione della Fini-Giovanardi (27,57% nel 2007). Si conferma un trend in aumento delle misure alternative che, fatto positivo in sé, nasconde anche «una tendenza all’allargamento dell’area del controllo» più che essere una alternativa alla detenzione.

Sono 217.855 le persone con procedimenti pendenti al 31/12/2019, l’80% per spaccio (art. 73). Illuminante il dato portato da una ricerca di Massimo Urzi contenuta negli approfondimenti di questa edizione: mentre quasi 1 procedimento su 2 per droghe termina con una condanna, questo rapporto diventa 1 su 10 per i reati contro la persona o il patrimonio. Il sistema è quindi piuttosto efficiente a condannare e portare in carcere gli spacciatori, nonostante quello che dicono Salvini e Lamorgese.

DRAMMATICO IL DATO delle segnalazioni ai Prefetti per i consumatori.In continuo aumento dal 2015, nel 2019 sono state oggetto di segnalazione 41.744 persone. Più di 4.000 sono minorenni. In un terzo dei casi vengono comminate sanzioni che, ricordiamolo, sono pesantissime: la sospensione della patente di guida (anche se al momento della perquisizione non si era alla guida), del passaporto (o della Carta Identità valida per l’espatrio), del porto d’armi o del permesso di soggiorno per motivi di turismo (se cittadino extracomunitario).

Risulta irrilevante la vocazione «terapeutica» della segnalazione: solo 202 richieste di programma di trattamento socio-sanitario, nel 2007 erano 3.008. La repressione colpisce principalmente persone che usano cannabis (77,95%), seguono a distanza cocaina (15,63%) e eroina (4,62%), irrilevanti le altre sostanze. Dal 1990 1.312.180 persone sono state segnalate per uso di sostanze: di queste quasi un milione (73,28%) per cannabis.

Questa del resto è la sostanza al centro dell’azione repressiva sia per numero di operazioni, che per sequestri e persone segnalate all’attività giudiziaria. Lo si nota anche da una analisi retrospettiva dei dati della Direzione Centrale per i Servizi Antidroga che mette in luce anche come, nel periodo in cui era vigente la Fini-Giovanardi, che equiparava tutte le sostanze, si sia divaricata la forbice fra operazioni con oggetto cannabis (in continuo aumento) e operazioni contro cocaina e eroina, in diminuzione. Per quest’ultima il calo del numero delle operazioni continua anche negli ultimi anni.

Restano significativi, pur se disomogenei e di difficile interpretazione (anche secondo l’Istat), i dati rispetto alla guida in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti. Ad esempio durante i controlli nelle notti dei week end, le violazioni accertate dai Carabinieri rappresentano solo lo 0,27% dei controllati. Rispetto alle positività accertate a seguito di incidente questa percentuale sale al 3,20% nel corso dei primi 10 mesi del 2019 (Carabinieri e Polizia Stradale). Ricordando che spesso la positività al test non è prova di guida in stato alterato (in particolare per la cannabis), possiamo affermare che l’uso di droghe non è certamente la causa principale di incidenti in Italia.

IL RAPPORTO PRESENTA poi un focus sulle conseguenze della crisi Covid-19 su carcere e consumi. Inoltre, come ogni edizione del passato, contiene riflessioni e approfondimenti sul sistema dei servizi, sulla riduzione del danno e sulle prospettive di riforma delle politiche sulle droghe a livello nazionale ed internazionale.

Leonardo Fiorentini

da il manifesto