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Un anno dal 7 ottobre, la guerra infinita di Netanyahu

Un anno fa, il 7 ottobre del 2023, l’attacco di Hamas in territorio israeliano e l’inizio del genocidio del popolo palestinese per mano israeliana.

di Eliana Riva da Pagine Esteri

Esattamente un anno dopo il 7 ottobre 2023, alle 6.22 del 7 ottobre 2024, l’esercito israeliano ha rilasciato una dichiarazione in cui comunica di aver identificato postazioni di Hamas pronte al lancio di missili e infrastrutture sotterranee del movimento lungo “tutta la Striscia di Gaza”. Dopo un anno di bombardamenti e combattimenti, più di 41.000 morti e 91.000 feriti palestinesi, circa 400 soldati israeliani uccisi sul terreno, il 90% della popolazione di Gaza sfollata, la fame, le malattie e la distruzione “lunare” operata dalle bombe, le forze armate hanno candidamente confessato di aver fallito l’obiettivo dichiarato di distruggere Hamas. E in effetti, l’ala armata del movimento islamico ha dichiarato, la mattina di lunedì 7, di aver colpito Tel Aviv con un lancio di razzi. Israele conferma 2 feriti lievi.

Nonostante ciò, la strada percorsa a Gaza viene riproposta per il “fronte nord”. L’esercito israeliano ha fatto sapere che il 6 ottobre anche la 91esima divisione ha invaso il Libano meridionale, mentre nella notte tra sabato e domenica sono continuati senza sosta e con crescente violenza i bombardamenti sull’area a sud di Beirut. Le scene dei palestinesi di Sabra e Chatila, profughi in Libano da 4 generazioni e sopravvissuti alla terribile strage del 1982, che fuggono chissà dove nel buio della notte, rivelano tutto il dolore che accompagna la storia di un intero popolo. Nella notte Hezbollah ha lanciato un razzo che ha colpito Haifa, nel nord di Israele, causando circa 10 feriti. Almeno 12 persone sono state uccise in Libano nelle ultime 24 ore. 2.071 dal 7 ottobre 2023.

Intanto, il mondo attende con ansia la risposta che Tel Aviv deciderà di dare all’attacco iraniano del 1° ottobre, che rappresentava a sua volta una risposta alle esecuzioni dei più importanti leader di Hamas, Hezbollah e della Guardia Rivoluzionaria. La Casa Bianca e la macchina statunitense della diplomazia sono all’opera da giorni per guidare la mano di Netanyahu verso obiettivi che evitino l’inizio della guerra senza quartiere tra Tel Aviv e Teheran, tirandovi inevitabilmente dentro anche gli USA. Il canale israeliano Kan 11 ha diffuso domenica la notizia, proveniente da fonti militari americane, secondo cui Washington ha offerto al governo Netanyahu un “pacchetto di compensazione” se evita di attaccare determinati obiettivi in Iran. Il Jerusalem Post riprende la notizia spiegando che il pacchetto includerebbe “una garanzia totale di protezione diplomatica completa e una fornitura d’armi”. Ciò che Israele deve evitare di colpire sono chiaramente gli impianti nucleari, le aree civili e le infrastrutture particolarmente importanti per Teheran. Pare che sia accettabile, invece, un attacco agli impianti petroliferi del Paese ma non a tutti insieme. In queste ore il capo del CENTCOM, il Comando centrale degli Stati Uniti, si trova in Israele proprio per trattare con  Tel Aviv una compensazione idonea alla richiesta.

Ci si chiede cosa comporti precisamente la “garanzia totale di protezione diplomatica completa”. Cosa di cui Israele pareva già godere. Basti pensare agli attacchi USA alla Corte Penale Internazionale e al suo procuratore capo Karim Khan in seguito alla richiesta di emissione di mandati di arresto anche per Netanyahu e Gallant oltre che per i leader di Hamas. O alle pressioni che la stessa Corte ha denunciato di subire, motivo, probabilmente, del ritardo nella pronuncia sui mandati stessi. Ancora, delle decine di conferenze stampa in cui, a domanda su specifici crimini commessi nella Striscia di Gaza, il portavoce statunitense di turno ha sempre risposto riponendo la totale fiducia degli Stati Uniti nella volontà israeliana di indagare se stesso.

Il pacchetto di protezione, quindi, potrebbe contenere una malcelata minaccia: gli Stati Uniti continueranno a garantire a Israele protezione e copertura diplomatica se eviterà di attaccare in Iran obiettivi tali da scatenare una guerra senza esclusione di colpi. Ma Tel Aviv sa che il potente alleato oltreoceano la sosterrebbe in ogni caso in uno scontro reale con Teheran. E se la guerra totale è il suo obiettivo, sa anche che questa potrebbe essere la sua ultima occasione, perché qualcosa potrebbe cambiare dopo le elezioni americane di novembre. I commenti dei lettori del Jerusalem Post attaccano quasi tutti Washington, colpevole, a loro dire, di tentare di trattenere Israele solo per salvaguardare i propri interessi in Medio Oriente. Qualcuno se la prende con i Democratici e con Biden, che non farebbero abbastanza per contrastare l’Iran. Secondo qualcun altro, addirittura Washington vorrebbe sventare una guerra con Teheran perché fornirebbe a Netanyahu un supporto politico pressoché illimitato. A molti israeliani non importa quanto gli Stati Uniti abbiano fatto per il proprio Paese, perché non è abbastanza e dovrebbero fare molto di più.

Fatto sta che la diplomazia internazionale pare essersi completamente dimenticata della Striscia di Gaza, dove intanto si continua a morire, con massacri che coinvolgono intere famiglie, tantissimi bambini. In meno di 24 ore i morti sono stati decine, a Jabalia, al Shadi, a Deir al Balah. Sono stati colpiti campi profughi, una moschea, luoghi dove le famiglie in fuga si sono rifugiate. E ancora una volta, tra le vittime si contano numerosi bambini. Sono 41.870 i palestinesi uccisi a Gaza dal 7 ottobre 2023, secondo il Ministero della Salute, 97.166 i feriti. I bambini assassinati sono 16.891. I numeri non tengono conto dei dispersi, dei corpi rimasti intrappolati sotto le macerie.

L’esercito israeliano ha dichiarato che a Gaza in un anno sono morti 346 militari. 1.139 israeliani sono stati uccisi dai miliziani di Hamas il 7 ottobre 2023, tra di essi civili e soldati. 250 le persone catturate e portate nella Striscia quel giorno. L’attacco senza precedenti del movimento islamico all’interno del territorio israeliano è stato accompagnato dal lancio di centinaia di razzi.

Dopo poche ore Tel Aviv ha richiamato i riservisti, tagliato la fornitura di elettricità a Gaza e cominciato i bombardamenti sulla Striscia.

Le voci ai microfoni di Radio Onda d’Urto di giornalisti, analisti e attivisti (in aggiornamento):

  • Mjriam Abu Samra ricercatrice italo-palestinese che studia da anni il movimento studentesco palestinese, oggi alle università di Ca Foscari di Venezia e Davis in California. Ascolta o scarica

 

 

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