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Con un comunicato il Kcdk-e denuncia la situazione del campo per rifugiati di Makhmour

Il campo dei rifugiati curdi di Rustem Cûdî a Makhmour, finora autogestito, viene posto sotto assedio da parte dell’esercito iracheno con la complicità del PDK. Proteste da parte dei residenti e del KCDK-E

di Gianni Sartori

Sulla questione campo per rifugiati Rustem Cûdî à Makhmour, circondato da giorni daisoldati iracheni, è ora intervenuto il Congresso delle società democratiche del Kurdistan in Europa (KCDK-E). Chiedendo apertamente la mobilitazione internazionale a sostegno dei rifugiati curdi.

Fondato nel 1998, Makhmour ospita attualmente oltre 12mila persone e sorge a una sessantina di chilometri a sud-ovest di Hewlêr (Erbil), la capitale del Kurdistan del Sud (Bashur, in territorio iracheno).

Per la maggior parte si tratta di curdi costretti nell’ultimo decennio del secolo scorso ad abbandonare i loro villaggi del Bakur (Kurdistan del Nord, entro i confini turchi) per sfuggire alla repressione di Ankara.

Gestito finora in maniera autonoma (sulla base dei principi del Confederalismo democratico) costituisce probabilmente la più consistente comunità di rifugiati curdi al mondo.

 Nel comunicato del KCDK-E si denuncia che mentre “lo Stato turco continua a rappresentare una minaccia per i territori del Kurdistan” contemporaneamente “Makhmour viene posto sotto assedio”. In un contesto già preoccupante di suo, con le elezioni in Turchia che saranno determinanti per il futuro dell’intera regione. Così, da un lato “il governo fascista dell’AKP-MHP, in collaborazione con gli Stati reazionari, continua nei suoi attacchi genocidi contro il popolo curdo”. Dall’altro l campo di Makhmour, teoricamente sotto la protezione dell’HCR delle Nazioni Unite (e – ripeto – finora autogestito) “subisce ora l’assedio del PDK e del governo iracheno”. In realtà è dal 2014 – a causa degli attacchi dello Stato islamico – che la presenza dell’ONU qui è soltanto nominale.

Il timore espresso dal KCDK-E è che anche da parte irachena si intenda procedere con metodi definiti “genocidi”. Il campo starebbe per essere isolato, circondato con recinzioni metalliche e si fa insistente la voce di un imminente attacco militare vero e proprio. Nella mattinata del 20 maggio, senza preavviso, alcuni rappresentanti del ministero degli Interni e della Difesa iracheni (supportati da personale militare, forze speciali e unità di polizia) si erano recati a Makhmour per imporre manu militari (con una sfilata di veicoli blindati) l’istallazione delle recinzioni metalliche. Con la chiara intenzione di chiudere tutte le via di accesso al campo, tranne quella principale, con barriere in cemento sulla strada e torrette di guardia. Se i rifugiati curdi non sono rimasti a guardare, protestando vigorosamente, da parte dei soldati iracheni si è risposto sparando in aria (un ferito accertato tra i rifugiati). Già in altre occasioni si era cercato di circondarlo con il filo spinato, ma la resistenza dei residenti aveva costretto le autorità a desistere.

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