Un Grande fratello europeo per spiare i no-global. Piano del Consiglio d’Europa per contrastare i movimenti
Uno «strumento» per mettere sotto osservazione in tutta l’Unione europea le persone considerate «radicali». Lo ha adottato il 26 aprile scorso il Consiglio per gli affari generali del Consiglio dell’Unione europea che, senza dibattito, ha dato il suo consenso alle conclusioni «sull’uso di uno strumento standardizzato, multidimensionale e semistrutturato per la raccolta di dati e informazioni sui processi di radicalizzazione nell’Ue». La decisione è passata praticamente inosservata. Eppure inciderà pesantemente sulla vita di milioni di persone. Perché lo «strumento» di cui parla il piano non servirà per mettere sotto osservazione chi ha intenzione di attuare azioni terroristiche – d’altronde, contro di loro, esiste già lo strumento penale. Al contrario nel documento dettagliato (e segreto) si dice esplicitamente che sotto mira finiranno anche persone che esprimono opinioni collocabili in un’area ideologica «di estrema destra /sinistra, islamista, nazionalista, antiglobalizzazione ecc…».
Lo «strumento» dovrebbe evitare che le persone si avvicinino al terrorismo attraverso la «radicalizzazione». Come? In primo luogo, analizzando i «diversi ambienti» in cui avviene la «radicalizzazione» e, in secondo luogo, attraverso l’introduzione di «modi sistematici» per lo scambio delle informazioni sugli individui o i gruppi che usano il linguaggio dell’odio (hate speech) o incitano al terrorismo.Verranno scambiate informazioni sui leader radicali che promuovono il terrorismo e verranno seguiti i loro movimenti con lo scopo di «interrompere i processi di radicalizzazione o per notificare uno stato di allarme nei loro confronti» L’allarme potrebbero poi innescare delle azioni, come un interrogatorio, mettere una persona sotto sorveglianza, o addirittura in detenzione e così via.
Nel frattempo, viene chiesto a Europol di «creare delle liste di coloro che sono coinvolti nel radicalizzare/reclutare o nel trasmettere messaggi radicalizzanti, e di prendere delle misure adeguate». A prima vista, questi piani per contrastare il terrorismo sembrano un passo logico. Però, questa impressione dura solo fino a quando si esamina il documento segreto che è all’origine delle conclusioni. E’ chiaro infatti che l’obiettivo non sono le persone o i gruppi che hanno commesso o hanno piani per commettere degli atti terroristici, né quelli che incitano all’uso del terrorismo, in quanto entrambi possono essere contrastati attraverso l’uso del diritto penale (arresto, imputazione, sentenza, ecc.). Piuttosto, l’obiettivo sono le persone e i gruppi che sostengono delle idee radicali che sono descritte come quelle che diffondono gli «rm» (messaggi radicali). Come fare a definire chi si trova nell’«estrema sinistra»o chi è «islamista» o «antiglobalizzazione»? Chi sarà incaricato di individuare l’area di appartenenza politica dei «radicali»? Ma non solo. Chi userà questo «strumento» che metterebbe sotto sorveglianza un arco ampio di persone e di gruppi? E infine, come verrà usata l’informazione raccolta?
Il documento fornisce solo parziali risposte a questi interrogativi. Ma, degne di nota, sono le 70 domande che gli utilizzatori dello «strumento» dovranno compilare. Presumibilmente, le 70 domande si baseranno sulla raccolta di intelligence dai dati personali e dalla sorveglianza . Alcune sono davvero bizzarre, altre che dimostrano quanto sarà intrusiva questa attività per coloro che cascano nella «ragnatela del sospetto» dello Stato. Qualche esempio: «Situazione economica? Disoccupato, peggioramento della sua posizione economica, ecc.». Oppure. «Caratteristiche psicologiche rilevanti? Disturbi psicologici, personalità carismatica, personalità debole, ecc.». Ci sono milioni di persone nell’Ue con delle idee «radicali» che potrebbero facilmente, secondo la loro terminologia, usare delle tesi che sono anche adoperate dai cosiddetti «rm», senza avere alcuna intenzione di usare o di incoraggiare l’uso della violenza. Qualsiasi persona «radicale» potrebbe essere presa di mira, e la vita politica quotidiana potrà essere contaminata da dei sospetti fabbricati dalle agenzie degli Stati senza che questi siano visibili e senza che nessuno ne debba rendere conto. Il dibattito e l’attività politica legittimi svolti all’aperto potrebbero diventare l’ennesima vittima della «guerra al terrorismo».
Lo «strumento» dovrebbe evitare che le persone si avvicinino al terrorismo attraverso la «radicalizzazione». Come? In primo luogo, analizzando i «diversi ambienti» in cui avviene la «radicalizzazione» e, in secondo luogo, attraverso l’introduzione di «modi sistematici» per lo scambio delle informazioni sugli individui o i gruppi che usano il linguaggio dell’odio (hate speech) o incitano al terrorismo.Verranno scambiate informazioni sui leader radicali che promuovono il terrorismo e verranno seguiti i loro movimenti con lo scopo di «interrompere i processi di radicalizzazione o per notificare uno stato di allarme nei loro confronti» L’allarme potrebbero poi innescare delle azioni, come un interrogatorio, mettere una persona sotto sorveglianza, o addirittura in detenzione e così via.
Nel frattempo, viene chiesto a Europol di «creare delle liste di coloro che sono coinvolti nel radicalizzare/reclutare o nel trasmettere messaggi radicalizzanti, e di prendere delle misure adeguate». A prima vista, questi piani per contrastare il terrorismo sembrano un passo logico. Però, questa impressione dura solo fino a quando si esamina il documento segreto che è all’origine delle conclusioni. E’ chiaro infatti che l’obiettivo non sono le persone o i gruppi che hanno commesso o hanno piani per commettere degli atti terroristici, né quelli che incitano all’uso del terrorismo, in quanto entrambi possono essere contrastati attraverso l’uso del diritto penale (arresto, imputazione, sentenza, ecc.). Piuttosto, l’obiettivo sono le persone e i gruppi che sostengono delle idee radicali che sono descritte come quelle che diffondono gli «rm» (messaggi radicali). Come fare a definire chi si trova nell’«estrema sinistra»o chi è «islamista» o «antiglobalizzazione»? Chi sarà incaricato di individuare l’area di appartenenza politica dei «radicali»? Ma non solo. Chi userà questo «strumento» che metterebbe sotto sorveglianza un arco ampio di persone e di gruppi? E infine, come verrà usata l’informazione raccolta?
Il documento fornisce solo parziali risposte a questi interrogativi. Ma, degne di nota, sono le 70 domande che gli utilizzatori dello «strumento» dovranno compilare. Presumibilmente, le 70 domande si baseranno sulla raccolta di intelligence dai dati personali e dalla sorveglianza . Alcune sono davvero bizzarre, altre che dimostrano quanto sarà intrusiva questa attività per coloro che cascano nella «ragnatela del sospetto» dello Stato. Qualche esempio: «Situazione economica? Disoccupato, peggioramento della sua posizione economica, ecc.». Oppure. «Caratteristiche psicologiche rilevanti? Disturbi psicologici, personalità carismatica, personalità debole, ecc.». Ci sono milioni di persone nell’Ue con delle idee «radicali» che potrebbero facilmente, secondo la loro terminologia, usare delle tesi che sono anche adoperate dai cosiddetti «rm», senza avere alcuna intenzione di usare o di incoraggiare l’uso della violenza. Qualsiasi persona «radicale» potrebbe essere presa di mira, e la vita politica quotidiana potrà essere contaminata da dei sospetti fabbricati dalle agenzie degli Stati senza che questi siano visibili e senza che nessuno ne debba rendere conto. Il dibattito e l’attività politica legittimi svolti all’aperto potrebbero diventare l’ennesima vittima della «guerra al terrorismo».
Tony Bunyan da il manifesto
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