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Un indagato per la morte di Aldo Bianzino.

Sarebbe sospettata una guardia carceraria Il legale: «L’ho visto prima di morire, stava bene» Il legale: «L’ho visto prima di morire, stava bene» L’avvocato dell’uomo morto misteriosamente la scorsa settimana nel carcere di Perugia smentisce che il 44enne arrestato per possesso di marijuana possa aver avuto un infarto.
Una guardia carceraria sarebbe tra i sospettati della morte di Aldo Bianzino, e la prossima settimana potrebbero esserci altre novità. È dei giorni scorsi la notizia che gli accertamenti medici potrebbero durare anche due mesi, ma quelli che dovrebbero iniziare lunedì sono di natura particolare, e potrebbero portare a un’accelerazione nell’inchiesta. Si tratta di «accertamenti irripetibili» previsti dall’articolo 360 del codice di procedura penale, preziosi per stabilire un quadro clinico definitivo e che non escludono la possibilità che nei prossimi giorni si inizi a parlare di qualche indagato. E’ forse proprio per l’importanza di questi nuovi test che a Perugia arriverà lunedì anche il medico legale Anna Aprile, docente all’università di Padova. Questo supplemento di indagine clinica non è la sola novità della giornata di ieri, caratterizzata anche dalle prime dichiarazioni ufficiali dall’inizio dell’indagine da parte del procuratore capo di Perugia, Nicola Mariano. Parole che invitano alla prudenza e che gettano acqua sul fuoco: «Allo stato delle indagini – chiarisce la nota diffusa nella mattinata – qualsiasi prospettazione di responsabilità a carico di personale della casa circondariale o di terzi è del tutto ingiustificata e intempestiva».In attesa degli esami di lunedì, gli elementi clinici dei primi accertamenti dipingono un quadro piuttosto inquietante. Rimane in piedi la prima diagnosi – in attesa di un secondo esame di conferma – che avrebbe individuato «lesività di natura traumatica», così come i risultati degli accertamenti autoptici di martedì scorso a cui, su richiesta di Massimo Zaganelli – avvocato della compagna di Aldo, Roberta Radici – aveva assistito come consulente di parte anche la dottoressa Laura Paglicci Reattelli. Responsi pure parziali, ma che – almeno per il momento – escluderebbero la possibilità, vista l’assenza di ematomi, che le lesioni interne siano legate a una caduta accidentale di Aldo, per esempio dal letto della sua cella. Non sarebbero da scartare invece altre due eventualità: uno sbatacchiamento del collo talmente forte da provocare emorragie interne, oppure addirittura la possibilità di lesioni causate da un’arma, usata in modo da non lasciare tracce esterne. Nel frattempo gli inquirenti stanno lavorando anche per ricostruire le ultime ore in vita di Bianzino, di cui non si sa ancora molto. Il quarantaquattrenne di origine piemontese era stato arrestato venerdì 19 ottobre in un paesino vicino a Città di Castello con l’accusa di detenzione di droga e portato, insieme alla sua compagna, nel carcere perugino di Capanne. Sabato mattina aveva incontrato l’avvocato assegnatogli d’ufficio che lo avrebbe trovato in buona salute, come in buona salute era al momento dell’arresto. Lo stesso avvocato, poi diventato testimone chiave per l’inchiesta sulla morte di Bianzino perché l’ultimo civile a vederlo in vita, almeno dalle ricostruzioni attuali. È comunque solo la mattina di domenica – 24 ore prima dell’incontro fissato con il Gip per la convalida dell’arresto – che Aldo viene trovato morto nella sua cella, dove si presume fosse da solo secondo il regolamento. Alle domande sul ritrovamento del cadavere potrebbe rispondere il registro dove i medici del penitenziario dovrebbero segnare qualsiasi visita, il cosiddetto «Modello 99», mentre rimane un mistero come sia trapelata in poche ore la notizia di un presunto infarto di Bianzino, prima ancora che il sostituto procuratore Giuseppe Petrazzini disponesse l’autopsia, poi effettuata dal dottor Lalli. Con il passare dei giorni, comunque, la storia di Aldo, nonostante sia stata quasi esclusivamente relegata alla cronaca locale, ha raccolto l’attenzione di istituzioni e società civile. Così all’interessamento diretto del sottosegretario alla Giustizia Luigi Manconi e dell’Osservatorio sulla Repressione del Prc con Haidi Giuliani, sono seguite due interrogazioni parlamentari. E grazie alla segnalazione dell’associazione Antigone, che si occupa di diritti e garanzie nel sistema penale, nei giorni scorsi anche il Comitato europeo per la prevenzione della tortura del Consiglio d’Europa ha deciso di seguire la vicenda.
Tiziana GuerrisiLettera22