La pena dell’ergastolo avvelena lentamente e inesorabilmente la tua esistenza, facendo attenzione però a non ucciderti. Ma se tenti di resistere è peggio per te, perché poi rischi di diventare matto.
Questa terribile condanna ti porta via i sogni ma incredibilmente ti lascia la vita. Probabilmente per farti soffrire di più, perché aspettare un giorno che non arriverà mai conduce alla follia.
Gli ergastolani vivono in una realtà tutta diversa dagli altri detenuti perché un uomo ombra deve scegliere tra la rassegnazione e la speranza. Io ho continuamente cercato di resistere fra l’una e l’altra, ma il mio cuore ha sempre preferito l’assurdità della speranza. Ed io in tutti questi anni gli ho sempre ricordato che gli ergastolani ostativi ai benefici hanno molte meno possibilità di finire la loro esistenza vicino ai loro cari di quante ne avevano gli internati nei campi di concentramento. Almeno loro avevano la speranza che con la sconfitta della Germania i vincitori li liberassero. Noi invece non abbiamo nessuna speranza, perché nessuno verrà mai a liberare noi. E la cosa più disumana è che non ci ammazzano, ma ci tengono in vita nonostante per un ergastolano ostativo ad ogni beneficio penitenziario non rimanga altro che prepararsi a morire in carcere.
Da pochi giorni invece ho ricevuto la più bella notizia che un ergastolano ostativo possa aspettarsi. Dopo ventiquattro anni di carcere, il Tribunale di Sorveglianza mi ha concesso la cosidetta collaborazione impossibile o irrilevante, perché anche se collaborassi con la giustizia i reati sarebbero prescritti, mentre sono già tutti accertati quelli più gravi.
E questo significa che mentre prima non avevo diritto a nessuno beneficio penitenziario adesso invece ne potrei avere, senza mettere nella mia cella un altro al posto mio.
È un po’ la fine della guerra, ancora non c’è la pace, ma mi sento un soldato stanco di essere belligerante e con la speranza un giorno di poter morire da uomo libero.
Ho passato la prima notte da ergastolano non ostativo senza chiudere occhio. E ho iniziato a ragionare con me stesso su come cercare di realizzare gli ultimi sogni che mi sono rimasti. Ho pensato che adesso mi aspetta la battaglia più difficile della mia vita, perché devo di nuovo imparare a sperare, a vivere e a sognare.
Sto cercando di affrontare i primi giorni da ergastolano resuscitato non pensando più che la mia unica via di fuga e di salvezza dall’Assassino dei Sogni (il carcere, come lo chiamo io) sia solo la morte.
Dopo ventiquattro anni di carcere mi è arrivato il primo permesso premio:
“(…) concede a Musumeci Carmelo, sopra generalizzato, il permesso di recarsi a Padova presso la Casa di Accoglienza “Piccoli Passi” sita in via Po n. 261, accompagnato da un operatore volontario della struttura. Il detenuto uscirà dalla Casa di Reclusione di Padova alle ore 9.00 del 14 marzo 2015 e vi farà rientro alle ore 18.00 dello stesso giorno”.
Con il trascorrere degli anni la mia speranza si era assottigliata, avevo imparato a fare il morto perché non mi aspettavo proprio più nulla dagli esseri umani, ora devo anche rimparare a credere, ad avere fiducia: non sarà facile, ma non sono mai stato così felice di avere paura.
Carmelo Musumeci
Padova, Marzo 2015