«Una promessa mantenuta». Migranti in catene. La tremenda immagine scelta dalla Casa Bianca: una fila di immigrati sale sul cargo militare. Il razzismo come nuovo fondamento
di Marina Cantucci e Alessandro Portelli da il manifesto
La Casa Bianca ha pubblicato sui suoi canali social la foto di una fila di migranti ammanettati e in catene mentre vengono imbarcati su un volo cargo militare, con il messaggio:“I voli di espulsione sono iniziati. Promessa fatta, promessa mantenuta”. Il volo è poi partito per il Guatemala.
La foto sarebbe stata scattata alla Biggs Army Airfield, la base militare di Fort Bliss, a El Paso, in Texas, dopo che l’Immigration and Customs Enforcement (Ice) ha effettuato in tutti gli Usa 308 arresti di «criminali immigrati illegali» che sono stati deportati dagli Stati Uniti nel corso di un’operazione di massa. Diffusa dall’addetta stampa della Casa Bianca Karoline Leavitt, l’immagine è stata pubblicata dopo che il Pentagono ha confermato il primo dispiegamento di 1.500 militari sul confine – ma l’obiettivo di Donald Trump è quello di arrivare a diecimila. «Le espulsioni stanno andando bene», ha detto il tycoon al suo arrivo in North Carolina, dove era in visita ufficiale nelle zone alluvionate, e ha sottolineato che le autorità americane «stanno mandando via tutti i peggiori criminali».
IN REALTÀ non si sa bene chi siano le persone arrestate ed espulse. Il sindaco democratico di Newark, in New Jersey, Ras Baraka, ha dichiarato che gli agenti dell’Ice «hanno fatto irruzione in un locale arrestando residenti e cittadini senza documenti, senza esibire un mandato», e che uno degli arrestati durante il raid era un veterano dell’esercito statunitense che «ha subito l’umiliazione di vedere messa in discussione la legittimità della sua documentazione militare». Il senatore del New Jersey ed ex sindaco di Newark (dove ancora vive) Cory Booker ha detto di essersi già «rivolto al Dipartimento della sicurezza interna per avere delle risposte» e avere notizie delle persone arrestate nel raid.
LE ESPULSIONI sono prevedibilmente iniziate a partire dalle città-santuario che proteggono i migranti. e che sono invise a Trump. Dalla vittoria di Trump al suo insediamento, queste città hanno cercato di organizzarsi: Chicago e Denver hanno raddoppiato gli sforzi per proteggere i migranti e il sindaco di Denver Mike Johnston ha suggerito che cittadini e polizia locale potrebbero collaborare per impedire fisicamente gli arresti da parte dell’Ice. A New York lo stesso corpo di polizia ha dichiarato che i loro agenti non collaboreranno con l’Ice, e le associazioni dei diritti dei migranti hanno distribuito nei quartieri con maggiore presenza di stranieri, opuscoli in più lingue per illustrare i loro diritti.
MA GLI EFFETTI di queste espulsioni nelle comunità sono già visibili a tutti i livelli. LittleWanders, un’associazione di New York che si occupa delle colonie feline, ha postato sul suo canale Instagram la foto di un divano con un gatto accovacciato, spiegando che una famiglia di illegali nel Bronx era dovuta scappare in fretta e furia abbandonando il micio. «Questa è un’istantanea di ciò che ci aspetta – ha scritto l’associazione – Come specie umana dovremmo fare meglio». «Ci saranno sempre più casi come questo – dice Sally, volontaria per il recupero degli animali abbandonati – persone che scappano nella notte, come in guerra, riempendo sacchi della spazzatura di abiti e oggetti, come è accaduto a quella famiglia del Bronx».
Ma i timori non sono solo degli illegali. Secondo una nota interna del Dipartimento per la sicurezza interna ottenuta dal New York Times, l’amministrazione Trump ha emanato una nuova serie di misure per espellere anche gli immigrati entrati negli Usa attraverso i canali legali istituiti dal presidente Joe Biden. La direttiva, firmata dal Segretario ad interim per la sicurezza interna Benjamin Huffman, concede ai funzionari dell’Ice un livello di autorità che non avevano mai avuto, in modo da accelerare le espulsioni, e includere anche immigrati entrati grazie ad una app gestita dal governo, o con uno status legale temporaneo valido fino a due anni chiamato “libertà vigilata”.
La nuova direttiva ordina ai funzionari di eliminare gradualmente le politiche dell’amministrazione Biden come la “libertà vigilata”, cosa che consentiva ai funzionari di ammettere rapidamente gli immigrati per motivi umanitari. La app, invece, è stata semplicemente chiusa subito dopo l’insediamento di Trump. Lasciando fuori migliaia di persone che – magari dopo anni – avevano già una pratica di ingresso aperta e approvata.
SENTENDOSI LEGITTIMATI dal governo i gruppi estremisti stanno facendo il resto. In Kentucky la polizia ha trovato in più città dei volantini razzisti, presumibilmente connessi al Ku Klux Klan, che intimavano agli immigrati di «andarsene subito» per «evitare l’espulsione». I volantini presentano un’immagine caricaturale dello Zio Sam che prende a calci una famiglia di quattro persone, mentre tiene in mano un proclama che dichiara una «espulsione di massa» il 20 gennaio, e afferma: “Monitorate e seguite tutti gli immigrati SEGNALATELI TUTTI”. C’è già un apposito numero verde (1-866-DHS-2-ICE) per denunciare gli illegali agli agenti dell’Ice. Quella dei cittadini-spia è una pratica perfezionata in passato da un’organizzazione tedesca chiamata Staatssicherheit. La conosciamo come Stasi.
Il razzismo come nuovo fondamento
Quando ho visto la foto delle persone in fila per essere deportate ho pensato che doveva essere un falso. Invece è proprio una comunicazione ufficiale della Casa Bianca: non solo non si vergognano delle deportazioni di massa di gente che non ha fatto nulla di male, ma se ne vantano – come tanti nostri governanti da anni si vantano del numero di espulsioni di migranti dalle nostre sacre e incontaminate rive.
Commentando certi episodi di mobilitazioni anti Rom nel mio quartiere, una giovane compagna diceva anni fa: questo non è razzismo, è cattiveria. È cattiveria, nel senso preciso di godere della sofferenza di altri, e invitare a fare di questo perverso godimento il senso comune del nostro tempo.
Al centro di questa rinnovata malvagità egemonica sta il ritorno all’arcaico diritto di sangue: sono veri americani (come, peraltro, sono cittadini italiani) quelli che possono vantare che nelle loro vene scorra il puro sangue della nazione.
A questo punta una promessa-minaccia ancora più radicale della presidenza Trump: l’abolizione dello ius soli, grazie al quale chiunque nasca sul suolo degli Stati uniti è cittadino americano. È qualcosa che sta nelle vene stesse degli Stati uniti, la spina dorsale di quella democrazia inclusiva e molteplice che sono stati e che l’Italia non riesce a diventare (tanto più che adesso potrà contare anche sul modello di un paese da cui scegliamo sempre di imitare il peggio). L’abolizione dello ius soli infatti va anche oltre la minaccia alle famiglie non interamente «autoctone». Si tratta infatti di un principio garantito dal quattordicesimo emendamento alla Costituzione, varato subito dopo la Guerra civile: «Tutte le persone nate o naturalizzate negli Stati uniti e soggette alla loro giurisdizione sono cittadini degli Stati uniti e dello Stato in cui risiedono». Varato prima della grande immigrazione di massa, l’emendamento aveva una funzione ancora più radicale: serviva a dichiarare che erano cittadini degli Usa gli afroamericani, appena usciti dalla schiavitù. Pochi anni prima della Guerra civile una memorabile sentenza della Corte suprema aveva sancito, infatti, che gli afroamericani non erano, e non potevano essere, cittadini degli Stati uniti e non avevano nessun diritto che un bianco fosse tenuto a rispettare. C’era voluta la più grande strage che la storia avesse visto prima di allora per cancellare questo orrore.
Cancellare il principio sancito dal quattordicesimo emendamento significa, in ultima analisi, anche cancellare il fondamento della cittadinanza degli afroamericani – non necessariamente in modo esplicito, non necessariamente in tempi brevi (come stanno subito obiettando quei giudici che ancora ci sono in California e altrove, un ordine esecutivo non può cancellare un diritto costituzionale), ma sul piano dell’ideologia e delle pratiche quotidiane. Diventa, in altre parole, la sanzione ufficiale dì quelle pratiche violente e discriminatorie che il movimento Black Lives Matter e le proteste dopo l’assassinio di George Floyd avevano denunciato ma che continuano indisturbate e, adesso, ancora più protette.
C’è un’altra clausola nella prima sezione del quattordicesimo emendamento, che viene evocata da quella foto: «Nessuno Stato potrà privare nessuna persona di vita, libertà o proprietà, senza giusto processo di legge». Attenzione: non dice «nessun cittadino» ma nessuna persona, cittadino o non cittadino, legale o illegale. Le retate di massa, le deportazioni a tamburo battente violano anche questo principio. Ma niente paura: è tutto in regola, l’emendamento dice «nessuno Stato» e a deportare le persone non sono i singoli Stati, ma il governo federale e il suo autocratico presidente, che da oggi si proclama al disopra della legge e al disopra dell’umanità – e se ne vanta.
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