La sparatoria è avvenuta dopo un crescendo di tensioni che si sono gradualmente intensificate per tutta la notte di sabato mentre una carovana di auto pro-Trump si spostava lentamente attraverso la città.
I video pubblicati online mostrano persone su auto e suv adornati di bandiere che attraversano gruppi di manifestanti antifascisti e BLM cercando di investirli, aggredivano il corteo con utilizzo di pistole paintball verso la folla e usano spray al pepe. Molti di loro invece brandivano armi da fuoco.
Reinoehl, 48 anni, con due figli ed ex snowboarder professionista, aveva aderito da tempo alle proteste contro gli abusi di polizia e il razzismo strutturale negli Stati Uniti, partecipando alla sicurezza nelle manifestazioni. Aveva denunciato in passato la violenza della polizia nei confronti dei manifestanti e le provocazioni dei suprematisti bianchi che più volte hanno attaccato le proteste.
L’uomo si trovava a Lacey, nello Stato di Washington, dove è stato ucciso dai federali, per partecipare ad un’intervista con Vice News su quanto accaduto quella notte a Portland. Durante l’intervista Reinoehl ha implicitamente ammesso di aver sparato, ma ha sottolineato che si è trattato di un atto di autodifesa: “Sai, molti avvocati suggeriscono che non dovrei nemmeno dire nulla, ma sento che è importante che il mondo sappia almeno un po’ di ciò che sta realmente accadendo, perché è stata fatta un sacco di propaganda”. “Non avevo scelta. Voglio dire, io, avevo una scelta. Avrei potuto sedermi lì e guardarli uccidere un mio amico di colore. Ma non l’avrei permesso“.
“Questa è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.” continua Reinoehl nell’intervista. “Non ero nemmeno a conoscenza di cosa stesse succedendo. Ero fuori con mio figlio, stavamo guidando attraverso la città e ci è capitato di vedere centinaia di furgoni con delle bandiere e così ho informato i miei amici di quello che avevo visto e una volta finito quello che stavo facendo con mio figlio sono tornato a casa. Poi ha ricevuto una telefonata che diceva che avrebbe potuto essere una buona idea andare lì e che la sicurezza poteva essere necessaria.
Non sapendo cosa ciò avrebbe comportato.
Non avevo idea di quale fosse la situazione in cui stavo andando. Un tempo amavo davvero questo paese e rispettavo la bandiera e tutto ciò che rappresentava, ma a causa di tutto questo ogni volta che vedo un grosso camion specialmente con la bandiera, penso immediatamente che sono fuori a prendermi. C’erano 600 veicoli. Chissà che molti stessero solo passando per il centro ma come ho detto quando mi sono presentato ho visto un numero maggiore dei loro veicoli rispetto a quelli dei veri cittadini. Sembrava l’inizio di una guerra. Era un libera tutti e la polizia lo stava permettendo.
“Ho capito cosa era successo, ero sicuro di non aver colpito nessuno innocente. […] Stanno cercando di farci sembrare tutti terroristi e stanno cercando di farmi sembrare un assassino. Ho notato che continuano a dire che non è chiaro che ciò se è successo sia collegato alle proteste. È una bugia, loro sanno che lo è.
Per non parlare del fatto che dicono di non sapere chi fosse. È una bugia. In un’ora su facebook e twitter, tutti che hanno la mia faccia e il mio nome etichettati come il tiratore. Vogliono dipingere un quadro in cui antifa ha un grande coinvolgimento. Molte persone non capiscono cosa rappresenti l’antifa e se guardi alla sua definizione di base è solo antifascista e io sono antifascista al 100%. Non sono un membro dell’antifa, non sono un membro di niente. Onestamente, odio dirlo, ma vedo una guerra civile dietro l’angolo.“
Gli US Marshal hanno giustificato l’omicidio di Reinoehl dichiarando che una task force stava tentando di arrestarlo nello stato di Washington, ricercato con l’accusa di omicidio dal tribunale della contea di Multnomah, dichiarando poi: “I rapporti iniziali indicano che il sospetto ha estratto un’arma da fuoco, minacciando la vita degli agenti delle forze dell’ordine. I membri della task force hanno risposto alla minaccia e hanno colpito il sospetto che è stato dichiarato morto sulla scena”, mentre nessuno dei membri della task force è rimasto ferito. La dinamica dell’omicidio di Reinoehl però per il momento non è confermata da altre fonti, e appare piuttosto particolare, visto anche quanto l’attivista ha dichiarato nell’intervista. Che si sia trattato di una trappola o di una esecuzione in piena regola? Per il momento è difficile fare ipotesi.
Alleghiamo qui sotto il video integrale dell’intervista di Vice News a Reinoehl:
da InfoAut
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Michael Reinhol, maestro di snowboard di 48 anni, è stato ucciso in un parcheggio di Lacey, vicino a Olympia (nello stato di Washington), dalle forze dell’ordine che lo stavano cercando con l’accusa di aver sparato e a sua volta ucciso, sabato scorso, l’estremista di destra Jay Danielson, 39 anni, a margine di una protesta a Portland, Oregon.
Secondo le prime ricostruzioni, poco dopo le 19 l’uomo era uscito da un condominio e si era diretto verso la sua auto, quando gli agenti appostati all’esterno gli hanno intimato l’alt. A quel punto, secondo la polizia, l’uomo avrebbe tirato fuori un’arma e sarebbe stato ucciso.
Diversi testimoni hanno detto di aver sentito 30-50 colpi ed è stato accertato che 4 agenti hanno sparato tra la dozzina impiegata per l’arresto. Non è ancora chiaro se Reinhol abbia sparato neanche un colpo.
Quel che è certo, è che soltanto poche ore prima l’uomo aveva rilasciato un’intervista esclusiva a Vice.com in cui ha potuto raccontare la sua versione dei fatti del 29 agosto. Saranno le sue ultime parole.
«Quella sera a Portland – ha raccontato Reinhol – era tutti contro tutti, la polizia lasciava fare e se non avessi agito sono certo che sarebbe stato ucciso qualche mio amico. Per i miei avvocati dovrei stare zitto – ha proseguito – ma voglio dire a tutti quello che secondo me sta accadendo, vedo una guerra civile dietro l’angolo».
Entrando più nel dettaglio, Reinhol ha detto che «c’erano almeno 600 pickup enormi con le bandiere, li ho visti mentre si avvicinavano al centro. A quel punto ho portato mio figlio a casa e un amico mi ha detto di venire perché ci sarebbero potuti essere problemi».
In altre occasioni, sui social, Reinhol ha fatto intuire di agire come una sorta di «servizio d’ordine» delle manifestazioni, aveva già subito 2 arresti a luglio e ad agosto per scontri con i neofascisti.
La corsa di pickup neofascisti contro manifestanti di sinistra ha già fatto vittime negli Usa (per esempio a Charlottesville, nel 2017).
Non ammette direttamente l’omicidio di Danielson ma fa capire: «Dirò solo che non avevo scelta, temevo per la mia vita e per quella dei miei amici, non avevo altra scelta che fare quello che ho fatto. Ho visto quello che stava accadendo, ero sicuro di non aver colpito nessun innocente e mi sono allontanato».
Di sé dice: «Non sono un assassino, non sono un terrorista. Non sono iscritto a nulla, non sono un membro di antifa ma sono al 100% antifascista».
L’omicidio di Danielson è l’unico attribuito a estremisti di sinistra negli Stati uniti negli ultimi anni. Ma la presenza di armi in tutte le manifestazioni è ormai sempre più diffusa.
A Portland e non solo. Secondo Tess Owen, una giornalista di Vice, nel 2018 diversi neofascisti sono stati arrestati mentre si trovavano appostati su un tetto con i fucili spianati sopra una manifestazione.
E negli ultimi tre mesi sono diversi gli episodi, per fortuna senza vittime, in cui estremisti di destra hanno sparato vicino a cortei di Black Lives matter.
Un’inchiesta del Post ha rivelato come contro Reinhoel si sia scatenata subito una vera «caccia all’uomo» in tutti i social dell’estrema destra. Le sue foto erano ovunque, con slogan osceni, non a caso è stato ucciso nello stato confinante.
Mentre è un punto ancora da chiarire la bandiera di Black lives matter che Danielson portava in una fondina prima di essere ucciso da Reinhoel.
A Portland ci sono manifestazioni da 99 giorni consecutivi. La presenza di armi tra gli «antifa» – secondo la Owen – è un fenomeno in crescita ma molto recente.
A destra non è cosi. Anche il caso di Kenosha, dove un estremista di destra ha ucciso due manifestanti, dimostra la presenza di vere e proprie milizie radunate sotto le bandiere più varie, destra, sinistra, razza, religione.
Ma non si tratta di schegge impazzite.
Il 17enne assassino di Kenosha ha già ricevuto 650.000 dollari in donazioni per pagare i suoi avvocati, ed è stato difeso da pezzi da novanta di Fox News e diversi politici. Non ultimo, abbastanza apertamente, anche dal presidente degli Stati uniti.
È di ieri la foto elettorale di Marjorie Taylor Greene, una candidata repubblicana al Congresso in Georgia devota a QAnon, che impugna un mitra dicendo che eletta deputata andrà «a caccia di the Squad» (l’ala socialista dei democratici, quella di Ocasio-Cortez): «C’è bisogno di guerrieri cristiani super conservatori – scrive – che vadano all’attacco di questi socialisti che vogliono distruggere l’America». Greene sarà eletta.
Congratulations to future Republican Star Marjorie Taylor Greene on a big Congressional primary win in Georgia against a very tough and smart opponent. Marjorie is strong on everything and never gives up – a real WINNER!
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) August 12, 2020
E Trump l’ha già definita una «futura star repubblicana, non molla mai ed è una real WINNER» (maiuscole presidenziali).