Menu

USA: «Malcolm X fu ucciso da un complotto Fbi»

Una lettera postuma di un ex poliziotto di New York incolpa il bureau I familiari del leader afroamericano: «Ora riaprano l’inchiesta »

Negli Stati Uniti vengono chiamati cold case, omicidi avvenuti anni precedenti, rimasti irrisolti, che vengono riesaminati alla luce di nuove prove e con metodologie d’indagine che non erano disponibili. Se uno dei questi casi però riguarda l’omicidio di Malcom X. ucciso il 21 febbraio del 1965, è più solo questione di applicare la legge ma di riaprire una ferita mai sanata nella storia sociale e politica americana.

E’ quel che sta succedendo dopo che nuove e dirompenti rivelazioni potrebbero riattivare l’inchiesta sull’assassinio. Tutto parte da una lettera scritta in punto di morte, ma resa pubblica per volontà del suo autore, solo dopo il decesso, di Raymond Wood, un poliziotto che all’epoca dei fatti fu parte integrante della vicenda.

Nello scritto si accusa apertamente la polizia di New York e l’FBI di aver cospirato e in fin dei conti aver determinato l’omicidio. Una vera e propria bomba tirata in mezzo ad una situazione che, nonostante l’elezione di Biden, vede ancora la comunità afroamericana mobilitata contro l’uso delle leggi e della giustizia nei confronti dei “neri”. Wood, della cui morte non si conosce ancora con precisione la data, dichiara di aver ricevuto istruzioni affinché, all’epoca, si assicurasse che la squadra di sicurezza di Malcolm X fosse arrestata giorni prima che cadesse ucciso a colpi di arma da fuoco mentre teneva una conferenza presso la sala da ballo dell’Audubon di Harlem a New York.

Più precisamente il poliziotto dichiara nella lettera, sembra tenuta nascosta per paura di ritorsioni, che il dipartimento di polizia di New York ( NYPD) e l’FBI ( Federal Bureau of Investigation) hanno nascosto i dettagli fondamentali dell’assassinio e cioè che il leader per i diritti degli afroamericani sarebbe rimasto privo e deliberatamente senza protezione.

Sabato scorso la famiglia di Wood ha tenuto una conferenza stampa per far conoscere la lettera, è stato uno dei nipoti del poliziotto, Reggie, a leggerne un passo particolarmente significativo: «Ho partecipato ad azioni che col senno di poi sono state deplorevoli e dannose per il progresso del mio popolo nero. Le mie azioni per conto del dipartimento di polizia di New York City sono state compiute sotto costrizione e paura». Accuse esplicite che assumono ancora più forza visto il ruolo che aveva Raymond e cioè quello di infiltrato nell’organizzazione di Malcom X.

Immediatamente i parenti del leader afroamericano hanno chiesto che l’indagine sull’omicidio venga riaperta alla luce di queste nuove evidences, le prove. Per Ilyasah Shabazz, una delle figlie, «qualsiasi prova che fornisca una maggiore comprensione della verità dietro quella terribile tragedia dovrebbe essere indagata a fondo». Sia i familiari di Wood che quelli di Malcom X sono assistiti dal noto avvocato per i diritti civili, Ben Crump, quest’ultimo è già partito all’attacco a suon di dichiarazioni pubbliche: «Ray Wood, un agente di polizia sotto copertura all’epoca, ha confessato in una lettera di dichiarazione sul letto di morte che il NYPD e l’FBI hanno cospirato per minare la legittimità del movimento per i diritti civili e dei suoi leader» aggiungendo inoltre che «Senza alcuna formazione, il lavoro di Wood era quello di infiltrarsi nelle organizzazioni e incoraggiare i suoi membri a commettere atti criminali».

Per il momento l’FBI non ha commentato quello che sta succedendo mentre l’ufficio comunicazione del NYPD ha rilasciato una dichiarazione ufficiale: «Diversi mesi fa, il procuratore distrettuale di Manhattan ha avviato una revisione delle indagini e dell’accusa che ha portato a due condanne per l’omicidio di Malcolm X» aggiungendo di restare a disposizione per ogni sviluppo ulteriore dell’inchiesta. Questo in realtà è un punto molto importante perché una possibile riapertura del caso si innesta su un’altra vicenda e cioè quella che vide protagonisti tre appartenenti al movimento politico religioso della Nation of Islam del quale fino a poco prima della sua morte proprio Malcom X ne era stato un importante esponente, distaccandosene per divergenze con il suo leader Elihaja Mohammed. Nel 2020 infatti il procuratore distrettuale di Manhattan ha avviato una revisione delle condanne di Muhammad Abdul Aziz, che oggi ha 81 anni, Khalil Islam, deceduto nel 2009, e Mujahid Abdul Halim.

I tre furono ritenuti colpevoli, nel 1966, dell’assassinio di Malcom X ma fin da subito la sentenza e il comportamento della polizia apparvero macchiati da inefficienza e superficialità. In molti hanno ritenuto durante tutti questi anni che non fossero loro gli autori dell’omicidio. Il caso è stato riaperto dopo che il procuratore Cyrus Vance Jr. ha ascoltato i rappresentanti dell’Innocence Project, un gruppo di avvocati che agiscono senza scopo di lucro. Per i legali nessuna prova fisica ha mai collegato Aziz o Islam al crimine. L’Innocence Project ha raccolto anche altri elementi secondo cui l’avvocato per i diritti civili William Kunstler aveva precedentemente ottenuto documenti dell’FBI, non divulgati, che parlavano di un resoconto dell’omicidio fornito da Halim nel 1978, in cui identificò altri quattro uomini supposti responsabili dell’omicidio, fornì i loro indirizzi e una cronologia dettagliata dell’assassinio.

Tutta la vicenda si è arricchita di nuovi elementi dopo la messa in onda, lo scorso anno, di un documentario Netflix dal titolo Who Killed Malcolm X? incentrato sulla figura di Abdur- Rahman Muhammad, un attivista di Washington mentre indaga sull’omicidio e scopre informazioni che potrebbero suggerire che finire in prigione siano stati gli uomini sbagliati. Ora si aspettano le conclusioni del consulente senior del processo Peter Casolaro che aveva già contribuito a ribaltare le condanne di cinque adolescenti accusati ingiustamente per lo stupro di una donna a Central Park nel 1989. I ragazzi divennero noti come i Central Park Five.

Alessandro Fioroni

da il dubbio