L’obiettivo del governo era quello di annientare l’aggregazione ultras introducendo limitazioni di movimento e delle libertà di assistere alle partite con un meccanismo di schedatura poliziesca di chiunque si avvicinasse al tifo organizzato. Furono adottati dispositivi di controllo e disciplinamento dei comportamenti cosiddetti devianti: trasferte vietate a chi non fosse munito della tessera, tornelli, telecamere e biglietti nominativi; divieto di introduzione di megafoni, torce e striscioni (questi solo se autorizzati ed approvati dalle questure).
La battaglia principale del movimento ultras è stata soprattutto contro l’art.9 che vieta l’accesso agli stadi per gli ultras che hanno ricevuto un Daspo fino anche a cinque anni dalla fine della “diffida”. L’art. 9 della legge n.41/2007 venne introdotto a tempo di record pochi giorni dopo la morte dell’ispettore di polizia Filippo Raciti allo stadio Cibali di Catania.
Società di calcio e questure iniziarono così la loro battaglia politica contro i “violenti” delle curve, tentando, di fatto, di stroncare un fenomeno popolare con radici ben salde e che dalla fine degli anni ’70 è stato sulla scena del tifo in centinaia di città italiane.
Lo Stato aveva introdotto questo dispositivo per eliminare gli ultras dagli stadi e per “far ritornare le famiglie sugli spalti”. Tentativo fallito per diversi aspetti: il primo è che anche se inizialmente le tifoserie organizzate non si erano da subito tesserate e alcune hanno poi ceduto adeguandosi al decreto, hanno creato un cortocircuito del dispositivo stesso. Gli scontri tra ultras e tra ultras e polizia si sono sì ridotti, ma mai del tutto placati. Una frangia integralista dei gruppi ultras ha scelto di non tesserarsi mai, cercando di resistere sabotando tutti i dispositivi di contenimento, mentre molte tra le tifoserie che si sono tesserate hanno ripreso ad andare in trasferta senza rinunciare ad aggirare la polizia e a cercare il contatto con le tifoserie rivali.
La questione dell’ordine pubblico, insomma, non è mai stata risolta e anzi ha comportato un aumento della presenza poliziesca negli stadi che ha trasformato questi inevitabilmente in grandi gabbie scoraggiando la partecipazione del tifoso/consumatore tipo: le “famiglie”, dicevano i vertici della Lega. La Tdt ha creato non pochi disagi anche a quelle famiglie che Maroni voleva riportare negli stadi. Le operazioni di prefiltraggio per accedere alle partite hanno, non poco, dissuaso anche i tifosi più temerari: bottiglie di acqua, ombrelli, accendini ed altri oggetti ritenuti “pericolosi” sono stati sequestrati dalla polizia ai tornelli. Addirittura sono stati sequestrati dei palloni che i bambini volevano far entrare per giocare all’interno del settore. Chi negli ultimi dieci anni ha messo piede anche in poche occasioni in qualche stadio sa di cosa stiamo parlando. La Tessera fallisce anche per lo spopolamento degli stadi: i costi elevatissimi dei biglietti e gli abbonamenti pay-tv hanno scoraggiato migliaia di persone di assistere fisicamente alle partite. Effetto visibile e sotto gli occhi di tutti sono gli spalti semi-deserti durante anche partite di richiamo nazionale.
Adesso sembra che il governo stia facendo un passo indietro sulla Tessera del tifoso.
Inaspettatamente dopo una riunione avvenuta ad inizio agosto tra ministro dell’Interno, capo della Polizia, responsabile dell’Osservatorio sulle manifestazioni sportive e ministro dello sport è stata diffusa la notizia che la Tessera sarà dismessa gradualmente nel giro di tre anni. Quello che già dalle prime partite dei massimi campionati professionistici si è potuto verificare è che gli ultras non tesserati, finalmente, dopo anni dall’introduzione della legge, hanno potuto acquistare i biglietti per le trasferte accedendovi senza particolari problemi.
Quello che tecnicamente dovrebbe cambiare è la possibilità di acquistare il biglietto anche pochi minuti prima dell’inizio del match, mentre fino ad ora i circuiti di acquisto telematici e in contatto con le questure, negavano questa possibilità. Si tornerà ai botteghini di una volta? Per quanto riguarda l’introduzione di megafoni e tamburi varrà il regolamento sulle autorizzazioni delle questure come per gli striscioni, laddove a valere è sempre il rapporto di forza che ogni tifoseria riesce a imporre ai controllori di turno, nella capacità di aggirarli o meno, che permette di introdurre il materiale per il tifo in curva. Per quanto riguarda le partite a “rischio”, ovvero quelle tra tifoserie con particolare rivalità, la Tdt potrà però essere richiesta, negando quindi l’accesso a chi non l’aveva sottoscritta. Il destino dell’articolo 9 invece non è chiaro.
Inoltre le società di calcio si dovranno fare garanti del comportamento dei propri tifosi che, in caso di “cattiva condotta” si potranno vedere revocato l’abbonamento già pagato (sic!) e vietare l’accesso allo stadio. Sembra che aumenterà dunque in maniera spropositata la discrezionalità delle società nella gestione del “pubblico” calcistico. È un mercato e la clientela va addomesticata. Se insomma a ricattarti è la società della tua squadra invece del questurino varieranno le geometrie del confronto con il tifo organizzato: dalle società sono graditi i clienti, non i tifosi e tanto meno gli ultras. Con la trasformazione degli stadi in grandi multisala dove il calcio è solo fenomeno di contorno – modello Juventus Stadium – un nuovo probabile campo di battaglia sarà rappresentato dall’aumento dei prezzi dei biglietti nei settori (che furono) popolari nell’ottica di arginare la presenza del tifo organizzato.
Insomma ci sono molte perplessità su questa vicenda e alcuni dettagli non sono del tutto chiari, quello che però possiamo decretare è il fallimento dello Stato che ha provato a normalizzare un fenomeno di massa, reso parzialmente residuale, ma che ancora vive. In queste settimane di inizio campionato sì può affermare che l’ostinazione dei gruppi non tesserati unitamente Se questa nuova ristrutturazione dei regolamenti e dell’ordine pubblico porterà altre novità lo scopriremo probabilmente nelle prossime settimane.
da InfoAut