«Violati i diritti umani» il rapporto di Amnesty sulla piazza pro-Palestina del 5 ottobre
- novembre 29, 2024
- in lotte sociali
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Amnesty International Italia ha denunciato il verificarsi di quelle che ritiene essere gravi violazioni dei diritti umani durante la manifestazione in solidarietà con la Palestina dello scorso 5 ottobre a Roma. L’uso eccessivo della forza da parte delle forze dell’ordine e i fogli di via. Si chiede «un’indagine indipendente» sulle forze dell’ordine. L’affondo sul Viminale: «Non riconosce l’uso illegale della forza»
di Mario Di Vito da il manifesto
Una violazione dei diritti umani. Così, secondo Amnesty International, bisogna definire il comportamento delle autorità rispetto alla manifestazione pro Palestina andata in scena il 5 ottobre scorso a Roma, quando diecimila persone sono scese in strada per esprimere il proprio sdegno verso il massacro in atto a Gaza e in Libano. Nei giorni precedenti la questura aveva vietato la piazza, con il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi che aveva addirittura dato il suo personale niet: troppo vicino nel tempo il primo anniversario della strage del 7 ottobre compiuta da Hamas in Israele, troppo estremi i proclami social dei Giovani palestinesi che esaltavano quella data come un fondamentale momento rivoluzionario, senza considerare i 1.200 morti, i 250 sequestrati e i 200 scomparsi nel nulla.
E poi i soliti allarmi sull’arrivo di orde di violenti pronti a devastare la Capitale. Una versione dei fatti che, malgrado le numerose smentite fattuali e documentali prodotte e diffuse, è stata portata avanti anche dopo il 5 ottobre, quando i brevi tafferugli avvenuti a manifestazione conclusa in piazzale Ostiense sono stati bollati come opera di «infiltrati violenti»: un grande classico della mitologia poliziesca che, almeno dal G8 di Genova del 2001, viene cucito addosso a ogni momento di tensione sulla pubblica via. Sostiene Amnesty che «l’insistenza del ministero sul fatto che un divieto preventivo fosse una risposta appropriata a un rischio identificato di violenza da parte di un manipolo di individui, nonostante il fatto che la stragrande maggioranza delle persone che manifestavano sia rimasta del tutto pacifica, è in contrasto con il diritto internazionale».
Nelle tredici dense pagine del rapporto diffuso ieri si circostanzia come sono avvenute queste «violazioni dei diritti umani, compresi i diritti alla libertà di espressione e di riunione pacifica»: un elenco di «controlli e misure preventive illegali», con corollario di «uso non necessario della forza contro manifestanti pacifici, colpiti anche mentre cercavano di allontanarsi dalla zona». I dettagli raccolti dagli osservatori presenti quel giorno in piazza – riconoscibili dalle loro pettorine – sono stati già condivisi con la questura di Roma, con i vertici della polizia e con il Viminale, che dal canto loro non hanno fatto pervenire alcuna replica. L’auspicio di Amnesty dunque è che venga aperta «un’indagine indipendente, approfondita e imparziale».
Da qui il racconto: erano le 13 e 15 del giorno della manifestazione quando un agente della Digos «ha comunicato verbalmente a uno degli organizzatori che avrebbero potuto tenere la manifestazione, ma in forma statica», cioè senza muoversi in corteo. «L’imposizione iniziale di un divieto, unita alla tardiva decisione di revocarlo ha compromesso e limitato significativamente il diritto alla protesta pacifica», annota l’ong. Non solo, in mattinata, «si sono moltiplicati i controlli preventivi e le verifiche dell’identità su numerose vie d’accesso a Roma, anche lungo le autostrade e nelle stazioni ferroviarie». Gruppi di persone, non solo manifestanti, sono in effetti stati fermati e perquisiti per diverse ore e alcuni sono stati addirittura portati nelle caserme e nei commissariati solo per il controllo dei documenti, ricevendo spesso in cambio un foglio di via, cioè l’obbligo di allontanamento da Roma: una misura che non necessita di passaggi giudiziari e che può essere adottata dai questori sulla base della «pericolosità sociale» dei soggetti in questione. A questo proposito nel rapporto si legge che «Amnesty ha parlato con cinque persone la cui pericolosità sociale era stata desunta da precedenti provvedimenti amministrativi o, in alcuni casi, solo da rapporti di polizia e identificazioni basate su comportamenti e azioni strettamente legati all’esercizio del diritto di protesta pacifica».
Note critiche, infine, anche sul comportamento degli agenti che avrebbero impedito a molti presenti di andare via dalla piazza e sugli effetti degli scontri: «Amnesty desidera notare che la sua squadra di osservatori ha visto almeno 10 manifestanti che hanno riportato ferite. I media parlano anche di tre manifestanti e un giornalista feriti». Una trentina, invece, i contusi dichiarati tra le forze dell’ordine. Conclude l’ong: «Il ministro degli Interni non ha riconosciuto l’uso illegale della forza da parte della polizia contro manifestanti pacifici».
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