I due tribunali di Sorveglianza che hanno rigettato l’istanza di Alfredo Cospito hanno sentenziato che può morire tranquillamente in carcere.
di Carmelo Musumeci
Ben due Tribunali di Sorveglianza hanno rigettato l’istanza di Alfredo Cospito con la motivazione: “Le attuali condizioni di salute di Cospito sono oggettivamente incompatibili con la carcerazione, in regime di 41 bis o meno“, ma considerando che “lo stato di malattia è esclusiva conseguenza della determinazione dello stesso detenuto” può morire tranquillamente in carcere.
I giudici della Cassazione però si sono superati con questa strana motivazione: l’anarchico “non ha in alcun modo manifestato segni di dissociazione”. Ma a me sembra che lo scopo del 41 bis sia quello di “impedire i collegamenti” tra i detenuti e le associazioni criminali di appartenenza e non certo quello di obbligare i detenuti a dissociarsi. Inoltre i magistrati dovrebbero sapere che gli anarchici non hanno una organizzazione, per loro non ci sono poteri buoni, e che non danno e non ricevono ordini da nessuno. Essi sono contro qualsiasi organizzazione lecita o illecita, quindi: Alfredo Cospito dal carcere a chi dovrebbe dare ordini se un anarchico che si definisce tale non ha nessun apparato organizzativo? I giudici dovrebbero aver dovuto studiare che nel sistema giuridico italiano la motivazione che accompagna ogni provvedimento giurisdizionale deve essere obbligatoriamente logica e non contraddittoria, come nel caso di Alfredo.
Credo che uno Stato di diritto dovrebbe salvare qualsiasi vita umana, anche, e soprattutto, quella di chi sta morendo di fame per poter vivere una vita che valga la pena di essere vissuta. Io credo che il regime di tortura democratico del 41 bis sia un’istituzione criminogena, perché oltre a farti perdere la libertà, la gestione della tua vita e spesso anche dei tuoi pensieri, ti spoglia della tua identità e ti disinsegna a vivere. L’imposizione di norme burocratiche ottuse e spesso stupide e infantili, per anni e anni, creano dei morti viventi. Il 41 bis rappresenta uno strumento di straordinaria ingiustizia, un luogo di esclusione e di annullamento della persona umana. Mi ricordo che quando camminavo nei cortili dei passeggi delle carceri del 41 bis queste assomigliavano a delle tombe allargate. Passeggiavamo avanti e indietro con il cielo coperto da una fitta rete metallica. Ed in questo modo quei fazzoletti di cemento assomigliavano a delle voliere per uccelli.
Noi ergastolani passeggiavamo in modo diverso da tutti gli altri prigionieri, perché facevamo su e giù come morti in vita. E ci muovevamo come spettri, guardando il tempo che andava via, facendo una decina di passi avanti e una decina di passi indietro. Perduti per sempre in un modo perduto, senza avere nulla neppure il nulla per cui attendere, sperare e vivere. La nostra sembrava una passeggiata della morte con la morte, per la morte e marciavamo da un muro all’altro, privi di sogni e di ogni speranza. Da una parte all’altra senza sapere cosa fare. Indecisi a volte se morire o vivere. Per questo capisco Alfredo, perché si sta facendo morire di fame, ma non capisco i giudici che si sono occupati del suo caso, perché non stanno facendo nulla per salvarlo.
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