Sabato 20 giugno a Milano si sono svolti ben tre presidi contemporanei per chiedere il commissariamento della sanità lombarda, reclamare giustizia e protestare contro la pessima gestione del presidente della regione Lombardia Attilio Fontana e del suo assessore alla sanità Giulio Gallera.
In piazza Duomo si sono riunite circa 60 associazioni (da Arci, a Medicina Democratica, a Non una di Meno, a Emergency, etc.). Davanti alla sede della regione, si sono dati, invece, appuntamento le varie brigate volontarie, i centri sociali e i sindacati di base.
In P.za Loreto hanno manifestato gruppi anarchici.
Sotto la regione è stato recitato un testo, redatto dal Collettivo Zam (che ringraziamo), che in modo molto efficace, ripercorre le tappe della diffusione dell’epidemia e mette a nudo in modo impietoso le responsabilità gravissime della giunta Lombarda. Lo ripubblichiamo, perchè avere un quadro esaustivo delle malefatte che il governo lombardo ha compiuto in questi mesi è più che mai necessario per avviare una mobilitazione sociale contro la paura e la pavidità istituzionale (che alberga anche a sinistra) in nome di un nuovo modello di welfare che metta al centro il benessere di tutte e tutti e non i profitti di pochi.
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Da febbraio ad oggi abbiamo assistito al frantumarsi del mito dell’eccellenza sanitaria lombarda.
Quello che, secondo la Corte dei Conti e l’Ocse, doveva essere uno dei sistemi più efficienti in Italia e in Europa: così si diceva, prima che fosse messo alla prova.
Oggi, in soli 3 mesi di emergenza sanitaria, è invece riconosciuto come uno dei sistemi sanitari regionali con il maggior numero di morti al mondo: oltre 16 mila persone accertate. A cui si deve aggiungere un numero imprecisato di persone morte in casa o nelle RSA, che senza tampone non vengono conteggiate tra i numeri ufficiali della Protezione Civile.
Un risultato così nefasto non è stato ottenuto solo grazie al sistema sanitario lombardo, ma anche grazie all’incapacità e all’approccio aziendalistico portato avanti in questi mesi dalla giunta regionale e, qui a Milano, anche dal sindaco Sala.
Quando si tratta di fare soldi, non importa il colore del partito a cui appartieni.
Siamo qui per contestare la malagestione della giunta Fontana, elencandone gli errori, le mancanze, i ritardi, l’incapacità, i danni commessi (per cui non sono state mai avanzate scuse). La responsabilità è soprattutto dell’attuale governo regionale, come mostreremo, e per questo motivo, come giustizia richiede, ne chiediamo le dimissioni.
Le dimissioni sono solo il primo passo, il minimo che si può richiedere a chi con le sue scelte sbagliate ha causato la morte di più di 16000 persone: amici, madri, padri, figli, nonni.
Fine Gennaio: in Italia si comincia a rendersi conto che il virus di Wuhan, diventato pubblico qualche settimana prima, può arrivare anche da noi: a Fiumicino si controllano i passeggeri provenienti dalla Cina, lo Spallanzani di Roma effettua verifiche su un caso sospetto proveniente da Bari.
Un mese dopo, a Milano, come se nulla fosse:
19/2/2020 Atalanta – Valencia a San Siro: una settimana prima dello scoppio del contagio in Lombardia, abbiamo il mega evento sportivo a cui non si poteva rinunciare…e che oggi è ritenuto il primo vero momento di contagio che porterà poi al disastro nella bergamasca.
21/2/2020: primo caso a Codogno, Gallera rassicura ma è subito zona rossa: “Abbiamo subito da ieri notte individuato i suoi contatti. A partire da infermieri, medici, familiari, colleghi di lavoro e amici. Queste persone saranno collocate in isolamento”
Ma subito dopo Codogno, Castiglione d’Adda e Casalpusterlengo vengono messi in isolamento, in base alle indicazioni del Ministero della Sanità.
Siamo a 6 casi positivi, tutti in Lombardia.
22/2/2020: primo morto per Covid 19, in Veneto: l’anziano era ricoverato da 10 giorni! il virus circola nel nord Italia già da tempo…ma nessuno se n’è accorto.
23/2/2020: la prima risposta: la militarizzazione del territorio.
Mentre si scopre che il paziente zero di Codogno in realtà non è mai stato positivo al Covid (e per fortuna che Gallera aveva assicurato di aver tracciato tutti i contatti del paziente 1…), 500 uomini e donne delle forze armate vengono inviate per isolare i paesi in quarantena. Si manda l’esercito per isolare, ma di medici e infermieri per curare e studiare non ne parla nessuno.
23/2/2020: seconda risposta. Secondo l’ordinanza della regione il virus non si diffonde prima delle 18 e nei centri commerciali.
Esce la prima delirante ordinanza regionale.
Vale la pena soffermarsi un attimo:
come prima cosa, si decide di vietare manifestazioni e cortei di qualsiasi sorta, ma ce lo si poteva aspettare: il diritto a manifestare è sempre quello più facile da rimuovere.
Poi si decide di chiudere i luoghi di produzione di cultura: musei, teatri, cinema, scuole. Tutto chiuso.
I centri commerciali rimangono aperti: rimangono aperti non solo i supermercati, ma anche i negozi al loro interno, e dovranno chiudere solo nel weekend.
La logica è evidente: non si chiudono i musei perchè più affollati dei centri commerciali, ma si chiudono perchè “con la cultura non si mangia”, come diceva tempo orsono un amico di partito di Fontana. La Lombardia deve pensare a produrre ricchezza.
E sempre secondo la stessa logica, i bar, i ristoranti ed i locali notturni possono rimanere aperti fino alle 18. Ci si chiede: prima delle 18 è impossibile essere contagiati? che razza di provvedimento è? Serve a tutelare la salute o il guadagno?
23/2/2020: IL disastro della Val Seriana e della Provincia di Bergamo.
Mentre sorge repentina la zona rossa a Codogno e la regione promulga la sua delirante ordinanza, si hanno i primi casi ad Alzano Lombardo (pochi km da Bergamo).
Entrambi si trovano già dentro un ospedale. Eh sì, perchè per tutta la fase di emergenza acuta la regione decide di ospedalizzare l’epidemia, permettendone di fatto una più facile diffusione. Questo perchè la rete dei medici di base era stata distrutta negli anni, ma ci torneremo.
A Codogno, in soli 2 giorni l’esercito aveva circondato il paese insieme ad altri 11 comuni imponendo una severa quarantena (zona rossa) seguita minuto per minuto da tutti i mezzi di informazione nazionali. Ad Alzano si era deciso di agire diversamente.
Il presidente della sezione locale di Confindustria aveva detto che era fondamentale non dare all’estero il messaggio che la regione fosse «chiusa per coronavirus». Pochi giorni dopo la sua associazione aveva diffuso un video intitolato “Bergamo is running/Bergamo non si ferma”. Ci torneremo.
24/2/2020: la settimana della moda no si può fermare: come se niente fosse, mentre i militari isolano tre paesi ed i positivi superano il centinaio, la settimana della moda va avanti con il beneplacito di Sala e Fontana (è troppo tardi per fermare la macchina del guadagno), concludendosi quando i casi SOLO in Lombardia sono diventati già 172.
24/2/2020: inizia il rimpallo di responsabilità con il Premier Conte:
“Irricevibile e, per certi versi,offensiva”. Così il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, giudica l’ipotesi del premier Giuseppe Conte di contrarre le prerogative dei governatori in materia di sanità. Idea che invece, unificando le procedure emergenziali sull’intero territorio nazionale, avrebbe potuto aiutare a monitorare e limitare l’espansione del virus. Lo scaricabarile regione-governo nasce dalla mala gestione (secondo il governo) dell’ospedale di governo, e andrà avanti per settimane: ogni volta che qualcosa in Lombardia non funziona, la colpa verrà addossata al governo. La giunta non si assumerà mai nessuna responsabilità.
25/2/2020: tamponi solo ai casi gravi
Gallera spiega in TV che i tamponi “scarseggiano, ma ci sono” (siamo solo al 25 febbraio!!) e per questo, verranno effettuati solo ai casi che presentano già tutti i sintomi. Questa è una delle decisioni che rallenterà la lotta alla diffusione del virus. I tamponi saranno fatti solo negli ospedali e solo ai casi gravi, quindi chi si ammalerà e rimarrà a casa (perchè a breve finiranno i posti negli ospedali) difficilmente otterrà un tampone o qualsiasi intervento sanitario; ma senza tampone, non si potrà prescrivere la quarantena ai parenti, che continueranno a uscire portando il virus sui luoghi di lavoro.
Inoltre, senza tamponi non si possono avere i numeri reali dei contagiati e affrontare il virus prima che sia troppo tardi.
26/2/2020: bar e ristoranti riaprono
Dopo la lettera dei gestori dei locali al sindaco Sala, appare una nota sul sito della regione: I bar e i pub possono rimanere aperti come i ristoranti, a condizione che sia rispettato il vincolo del numero massimo di coperti previsto dall’esercizio.
Nel mentre la Lombardia raggiunge e supera i 400 casi positivi.
27/2/2020 #MILANONONSIFERMA: esce sulle pagine fb del comune e di Sala il video elogio della Milano che continua a lavorare nonostante il virus ed i morti, perchè Milano è la città che “fa miracoli”, “dai ritmi impensabili”, che “non ha paura”: come dirà il sindaco in futuro “a Milano si LA-VO-RA”. Ed il guadagno viene prima della salute: questo è il filo rosso che lega tutti i successivi eventi.
27/2/2020: no DPI negli ospedali
A pochi giorni dalla scoperta del primo caso, e la sanità lombarda già vacilla: “Mancanza dei dispositivi di sicurezza anche per i lavoratori e lavoratrici degli ospedali (eroi ed eroine evidentemente sacrificabili), carenza di personale e di risorse; il sistema sanitario pubblico che sta contrastando il nuovo coronavirus è in difficoltà per i pesanti tagli dei finanziamenti a favore della sanità privata”
Da qui in poi, sarà sempre peggio.
27/02/20 : continuare a produrre
imprese e sindacati scrivono che “dopo i primi giorni di emergenza, è ora importante valutare con equilibrio la situazione per procedere a una rapida normalizzazione, consentendo di riavviare tutte le attività ora bloccate” evitando di “diffondere sui mezzi di informazione un’immagine e una percezione, soprattutto nei confronti dei partner internazionali, che rischia di danneggiare durevolmente il nostro made in Italy e il turismo”.
A Bergamo la Confindustria pubblica il video “Bergamo is running/Bergamo non si ferma”, sulla falsariga di quello pubblicato dal sindaco Sala a Milano.
La regione Lombardia difende sindaci e imprenditori, annunciando che non intende intervenire su Alzano Lombardo (una delle zona con la maggior densità produttiva del Paese) come era stato fatto invece per Codogno.
Pochi giorni dopo, a Roma si scopre un paziente positivo che proviene da Alzano.
Giulio Gallera però ripete che anche se Alzano ha «un numero importante di casi» la regione non ha «nessuna idea di costruire nuove zone rosse». Confindustria ringrazia.
02/03/2020: in Val Seriana aumentano i casi
I primi di marzo arrivano i risultati dei test in Val Seriana: 508 casi (contro i 621 della zona rossa di codogno). L’Istituto Superiore della Sanità raccomanda l’istituzione di una zona rossa nella valle, ma il giorno dopo in conferenza stampa Gallera dice che è stato richiesto un parere all’ISS: non sapeva che il parere era già stato fornito il giorno prima?? Gallera non risponderà mai a questa domanda.
05/03/2020: Confindustria non vuole zone rosse
Mentre l’ISS torna a richiedere l’istituzione della zona rossa in Val Seriana perchè i casi aumentano esponenzialmente, il 6 marzo Confindustria Bergamo manda ai giornali locali un elenco delle aziende che rischierebbero la chiusura in caso di approvazione di nuove misure restrittive: è il tipico ricatto del capitale, che in italia conosciamo bene. Bisogna scegliere tra il lavoro e la salute, ed ancora una volta la linea guida appare evidente: il guadagno viene prima della salute.
5/3/2020: stanno finendo i posti in terapia intensiva
I posti letto di terapia intensiva a disposizione a febbraio 2020 erano circa 8,5 su 100.000 abitanti. Un numero che si è subito dimostrato inadeguato alla crisi di malati.
Il 30% delle terapie intensive è risultata di proprietà di strutture della sanità privata convenzionata. Negli ospedali lombardi troppo spesso sono arrivati malati in condizioni già piuttosto gravi.
07/03/20 Chiusure selettive
Nella bergamasca si continua a morire quando il governo centrale stabilisce la strategia delle zone arancioni in tutto il Nord Italia.
Ma nelle industrie della bergamasca si continuerà a lavorare fino al 23 marzo, quando sarà il governo a imporre la chiusura…ma non di tutti. Parleremo dopo della corsa alla modifica dei codici ATECO.
I decessi in provincia di Bergamo sono aumentati a marzo del 568% rispetto agli anni precedenti, ed il virus ha raggiunto una mortalità dell’1% dei contagiati, più alto che a Wuhan e del resto del mondo colpito. Ma nessuno sa ancora quanti morti ci sono stati nella provincia di bergamo, perché come abbiamo detto non esistono dati completi!
08/3/2020 Il didsastro delle RSA
E’ il giorno della delibera della Giunta regionale che individua le RSA come strutture adatte ad accogliere i pazienti COVID post acuti per cure extra ospedaliere e “assistenza a bassa intensità”, solo se hanno padiglioni e strutture organizzative (personale) separate dal resto della Residenza. Caratteristiche praticamente impossibili da trovare all’interno di strutture che sono già fortemente sotto stress in condizioni normali con un rapporto operatore/paziente già molto al di sotto del fabbisogno.
In Lombardia, la mappa dei contagi nelle RSA ci dice che un ospite su tre è positivo.
Tra marzo e aprile, il virus ha trovato nelle strutture socio-sanitarie che assistono gli anziani, terreno fertile per prosperare e diffondersi.
E fare vittime: i decessi per Covid-19 nelle sole RSA lombarde a fine aprile erano 2 219.
Di questi, solo 871 erano stati sottoposti al tampone. Agli altri, invece, non sono state fatte le analisi: ma sono ritenuti “presumibilmente positivi”, dati i sintomi manifestati prima della morte. In pratica, appena quattro morti su dieci non sono riconducibili al Covid-19 nelle residenze.
C’è stato un raddoppio della mortalità rispetto allo stesso periodo del 2019: allora il tasso di decessi tra gli ospiti delle case di riposo era tra il 10 e il 12 per cento. Quest’anno, nello stesso periodo, è salito al 27: una generazione di anziani spazzata via dall’avanzata del Covid-19 a Milano e in Lombardia.
Fontana dichiara che aspetta CON ESTREMA SERENITA’ l’esito dell’inchiesta sulle morti nelle RSA, un curioso modo di esprimersi davanti a così tanti morti da parte del responsabile della delibera che da un lato ha chiuso le porte ai parenti degli anziani il 4 marzo, dall’altro ha aperto le porte ai malati di covid 4 giorni dopo.
Ancora oggi, oltre un quarto degli 8285 operatori che lavorano nelle case di riposo tra Milano, provincia e Lodi, risulta in malattia.
Tra le indagini, clamorosa quella sul Pio Albergo Trivulzio, il cui direttore generale Giuseppe Calicchio ha smesso di fornire i dati e risulta indagato per omicidio colposo ed epidemia colposa. Una gestione, questa dei positivi nelle case di riposo, che non ha funzionato, anche a causa di scarsa disponibilità di protezioni per gli operatori e le operatrici sanitarie, lasciati letteralmente da soli a combattere il virus.
08/03/20: gli ospedali privati stanno a guardare
Gli ospedali pubblici lombardi sono già prossimi al collasso: non mancano solo i posti di terapia intensiva, ma vi è una sistemica carenza di personale sanitario.
Gallera dice di aver chiesto al governo di poter assumere infermieri e medici pensionati.
E i privati?
Dopo quasi due settimane e con più di 1500 casi positivi nella sola Lombardia, dalla regione iniziano ad arrivare richieste timide verso gli ospedali privati (quelli che sono stati favoriti con tanta solerzia negli scorsi anni di giunte CL e Lega): si chiede di mettere a disposizione personale, posti letto e terapie intensive.
Il 13 marzo vengono messi a disposizione poco più di duemila posti letto in tutta la lombardia.
I ricoveri nella sola giornata del 9 marzo sono già più di quattromila, e saliranno fino ai 29000 del 24 aprile. Quello delle cliniche private è uno sforzo irrisorio, visto che i privati assorbono addirittura il 40% del totale dei rimborsi di Regione Lombardia per le proprie prestazioni.
Ma qui si parla di emergenza, e sull’emergenza non si guadagna. Che la sanità privata si sia messa a disposizione poco e male è un dato ormai accertato. Fontana e Gallera glielo hanno permesso.
22/3/2020: autocertificazione della temperatura in ospedale
In piena emergenza, la giunta lombarda nella sua ordinanza consente ai dipendenti degli ospedali di autocertificare la propria temperatura per poter entrare in ospedale.
23/3/2020: la modifica dei codici ATECO
L’ennesimo provvedimento del governo prevede che possano rimanere aperte solo quelle che chiamano “attività essenziali”, individuate dal codice ATECO. Ma moltissime imprese che avrebbero dovuto chiudere, rimangono aperte con un semplice escamotage: fanno richiesta di deroga al Prefetto e la fabbrica resta aperta. Non è nemmeno necessaria la deroga stessa, perché mentre il Prefetto valuta, intanto la fabbrica resta aperta. E la richiesta è stata quasi sempre accettata: 32.000 deroghe in Lombardia.
31/3/2020: l’ospedale in Fiera
E’ il giorno della grande inaugurazione, l’ennesima grande opera inutile è stata realizzata. 21 milioni di donazioni spesi per un ospedale che, dopo aver ospitato solo 21 pazienti, chiuderà ai primi di giugno.
Uno spreco di denaro giustificato solo dalla necessità della giunta Fontana di pavoneggiarsi e distrarre l’opinione pubblica dai suoi fallimenti. Gli è andata male, perchè la grande opera è divenuta invece il simbolo del fallimento conclamato non solo della gestione dell’emergenza ma del modello d’eccellenza della sanità lombarda.
Quei 21 milioni sarebbe stato più utile ed efficace spenderli negli ospedali pubblici, dove la mancanza di DPI e personale è cronica.
3/4/2020: la Lega propone uno scudo sanitario per i dirigenti sanitari
Nel mentre, Salvini rivede una proposta del PD (emendamento firmato da Boldrini), cercando di estendere lo scudo legale previsto per medici e infermieri anche a dirigenti e gestori sanitari, pubblici e privati. Indicativo che proprio la Lega abbia presentato un emendamento ancora più garantista di quello presentato dal PD, ben consapevole del fallimento e delle potenziali colpe dei sistemi sanitari delle regioni amministrate e, in particolar modo della Lombardia nella quale il numero dei morti (a inizio aprile si superano già gli 8000) certifica che il sistema regionale ha fallito.
5/4/2020 laa lettera dei medici lombardi
Viene resa pubblica una lettera dalla Federazione Regionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Lombardia, diretta a Gallera, che riporta gli errori commessi durante la prima fase della pandemia:
– La mancanza di dati sull’esatta diffusione dell’epidemia, legata all’ esecuzione di tamponi solo ai pazienti ricoverati e alla diagnosi di morte attribuita solo ai deceduti in ospedale. I dati sono sempre stati presentati come “numero degli infetti” e come “numero dei deceduti” e la mortalità calcolata è quella relativa ai SOLI pazienti ricoverati.
– La mancata fornitura di protezioni individuali ai medici del territorio (MMG, PLS, CA e medici delle RSA) e al restante personale sanitario. Questo ha determinato la morte di numerosi colleghi, la malattia di numerosissimi di essi e la probabile e involontaria diffusione del contagio, specie nelle prime fasi dell’epidemia.
(Negli ultimi giorni l’Espresso ha rivelato che l’insufficienza di scorte nei laboratori degli ospedali è il risultato di una delibera votata un anno fa da tutta la giunta regionale, compresi il governatore leghista Attilio Fontana, il vicepresidente Fabrizio Sala e l’assessore al Welfare, Giulio Gallera, per aumentare gli incentivi economici ai direttori generali, generalmente di nomina politica.)
– La pressoché totale assenza delle attività di igiene pubblica (isolamenti dei contatti, tamponi sul territorio a malati e contatti e non solo ai malati gravi, ecc…)
– La mancata esecuzione dei tamponi agli operatori sanitari del territorio e in alcune realtà delle strutture ospedaliere pubbliche e private, con ulteriore rischio di diffusione del contagio.
– Il mancato governo del territorio ha determinato la saturazione dei posti letto ospedalieri con la necessità di trattenere sul territorio pazienti che, in altre circostanze, avrebbero dovuto essere messi in sicurezza mediante ricovero.
Aprile 2020: tamponi a pagamento privati, camici Dama SpA e test sierologici
Nel pieno dell’emergenza sanitaria la regione lombardia fa pochissimi tamponi. Fin dall’inizio quindi è impossibile avere il numero reale dei contagiati e di conseguenza circoscrivere l’epidemia.
Come mai? A detta di Fontana e Gallera mancano i reagenti! Peccato che nello stesso periodo strutture private facciano i tamponi a pagamento. Il più grande polo sanitario lombardo, il gruppo San Donato effettua tamponi a pagamento per ben 280 euro l’uno. Il San Raffaele si giustifica dicendo che c’è stato un disguido amministrativo. Fontana ovviamente non ne sapeva nulla! Oltre ai tamponi, nei mesi più acuti dell’emergenza, anche le mascherine e i camici erano introvabili. Dama spa, azienda del cognato del presidente Fontana senza fare nessuna gara d’appalto ma attraverso una procedura negoziata, si aggiudica il 16 aprile la fornitura di 75mila camici e 7000 tra cappellini e calzari per l’ammontare di 513 mila euro. Secondo Dini, il cognato di Fontana e proprietario della Dama spa, c’è stato un malinteso perchè doveva essere una donazione. Per questo motivo ha fatto annullare il pagamento, al momento restituendone solo una parte. Peccato che in una carta ufficiale venga fuori chiaramente che solo il 20 maggio l’azienda abbia richiesto ad ARIA SPA, azienda regionale degli acquisti, di trasformare il contratto di fornitura di aprile in una donazione. Fontana ovviamente non ne sapeva nulla!
Test sierologici: a Gallera viene fatta una proposta di 20mila kit di test rapidi gratuiti, a provarlo c’è un messaggio mandato direttamente all’assessore. Gallera non risponderà mai, rifiutando così l’aiuto.
La motivazione pare essere che questi test non venivano considerati affidabili dall’ospedale S.Matteo di Pavia, ovvero la struttura che ha fatto un accordo con la società farmaceutica DIASORIN. Questa azienda privata senza partecipare a nessun concorso pubblico ha usufruito di strutture e risorse pubbliche (l’ospedale S.Matteo di Pavia, appunto) per la creazione di un altro tipo di test sierologici. Le sue azioni in borsa durante la pandemia si sono alzate del triplo, fatturando milioni di euro. Dei 500 mila test sierologici comprati da DIASORIN oltre 400mila rimangono nel cassetto, inutilizzati.
Ad oggi il TAR Lombardia ha annullato il contratto tra il Policlinico San Matteo e Diasorin. L’intesa siglata ha di fatto creato un indebito vantaggio competitivo e ha messo beni pubblici a disposizione di un interesse privato.
6/5/2020: test sierologici a pagamento
La notizia è che le analisi per la ricerca degli anticorpi potranno essere effettuate solo a pagamento e presso strutture private, accreditate e riconosciute dalla Regione.
Inoltre, ad alimentare il caso c’è la mancata regolamentazione dei prezzi: nessuno, a livello istituzionale, ha infatti pensato di stabilire un limite al prezzo dei test.
Ancora una volta, la delibera della regione sembra essere fatta per tutelare il guadagno di pochi (privati), e non la salute di tutti.
Ma la situazione è ancora più grave: si vuole permettere ai privati di lucrare senza ritegno sull’emergenza, anziché garantire il diritto alla salute ai cittadini. Siamo al limite.
A chiudere il cerchio la decisione del Governo, su pressione di Confindustria, di sospendere l’IRAP per il mese di giugno: si tratta della tassa con cui si finanzia principalmente la sanità pubblica. Per la Lombardia, sul bilancio 2020-2022, avrebbe coperto 1/4 dei quasi 24mld di finanziamenti annuali, destinati appunto al SSL assieme alla partecipazione regionale all’IVA (11mld) e ad altre risorse per un totale di 19 mld di euro (di fronte a cui i 3mld complessivi previsti nell’ultimo DPCM sono poca cosa).
E’ l’ennesimo ricatto che pone in alternativa ripresa produttiva e salute pubblica, imposto anzitutto da #Assolombarda.
APPROFONDIMENTI
“Il medico di base è inutle” si diceva in Lombardia
Agosto 2019: ll sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti (Lega) dichiarava: «Nei prossimi 5 anni mancheranno 45mila medici di base, ma chi va più dal medico di base, senza offesa per i professionisti presenti? Il mondo in cui ci si fidava del medico è finito».
E’ evidente la linea strategica promossa dal partito di Fontana: ancora una volta, la sanità pubblica viene colpita e ciò va a vantaggio di quella privata. La mancanza di medici di base è uno dei motivi della decisione di ospedalizzare l’epidemia, concentrandosi sulla gestione dei malati gravi ricoverati, e rinunciando a interventi mirati per medici di famiglia o operatori sanitari impegnati coi pazienti non critici. E’ così che numerosi pazienti che mostrano i sintomi, restano chiusi in casa, contagiando il resto dei conviventi, e in molti casi non riescono a ricevere assistenza tempestiva, arrivando in ospedale dopo giorni di febbre e ormai troppo compromessi.
Dal New England Journal of Medicine: «il disastro poteva essere evitato soltanto con un massiccio spiegamento di servizi alla comunità, sul territorio».
Inoltre, i medici di base non hanno ricevuto in tempo indicazioni regionali utili per intervenire in modo tempestivo ed efficiente su contagiati o sospetti tali in isolamento nelle abitazioni.
La privatizzazione del sistema sanitario lombardo
In Lombardia la riforma di Formigoni ha sconvolto il sistema sanitario, introducendo una parificazione tra sanità pubblica e privata: gli ospedali statali si sono trovati così ad essere in competizione con le cliniche private per accaparrarsi i pazienti in modo da mantenere il budget e ottenere i fondi pubblici.
Poi nel 2017 arriva Maroni, che taglia i fondi per la medicina territoriale ed elimina di fatto la figura del medico di base sostituendola con quella del gestore.
Su 100 ospedali pubblici, il 60-70% ha un pronto soccorso e un reparto per emergenze. Nel privato non si arriva al 30%.
Eh sì, perchè gli ospedali privati non ragionano come il pubblico. Sono imprese, e come tali il loro obiettivo non è la salute ma il profitto. E gli investimenti del privato in settori poco redditizi (come la rianimazione) sono bassissimi: il peso è tutto sulle spalle del pubblico, a cui al contempo si è scavata la terra da sotto i piedi riducendo gli investimenti e tagliando il numero ed i fondi per la medicina territoriale.
Cos’altro può fare la sanità pubblica, adesso, se non crollare?
Gli eroi dei nostri giorni stremati dai sacrifici e falcidiati dal virus, sono lavoratori dipendenti e devono obbedire a loro: i direttori di nomina politica da oltre 10 mila euro netti al mese. E in Lombardia li comanda la Lega, che da anni controlla 24 delle 40 poltrone di vertice di un sistema sanitario regionale che ai cittadini costa 20 miliardi all’anno.
Citando un testo dei Wu Ming:
“C’era urgenza? Allora che si precettassero le cliniche e gli ospedali privati, quelli che avevano guadagnato dall’aziendalizzazione, privatizzazione e frammentazione del Sistema Sanitario Nazionale (come, tra l’altro, è stato fatto in Spagna fin da subito). Qualcuno non voleva essere precettato? Requisire la struttura. L’esproprio per pubblica utilità lo prevedeva anche la Costituzione, che quando parlava della proprietà privata ne limitava «i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale».”
Collettivo Z.A.M.
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Pubblicato sul sito di Zam – Milano
da Effimera