Sono passati ormai 33 anni dall’assassinio di Walter Rossi, era il 30 settembre del 1977, e non è facile togliere tutto questo tempo dalla testa di molti di noi, per poter così tornare a parlare di quel ragazzo ventenne, giovane di Lotta Continua, senza cadere nella nostalgia di quegli anni per molti aspetti tragici ma al tempo stesso affollati e pieni di coraggio. Non è facile tradurre in parole semplici da poter trasmettere alla gente di oggi, soprattutto ai più giovani, le coraggiose scelte controcorrente di quelle generazioni che decisero, senza alcun rimborso spese o posti al sole, non solo di sognare una società più giusta ma anche di provare a praticare un modo diverso di fare attività politica e con essa tentare di modificare seriamente “lo stato delle cose presenti”, anche a rischio della loro stessa vita. Come puoi raccontarlo ai ragazzi d’oggi? Come fai oggi a dire a qualcuno che tornati dal Convegno di Bologna, dove si diedero appuntamento buona parte della “meglio gioventù” dell’allora sinistra extraparlamentare e non solo, ti poteva accadere di andare con gli altri compagni e compagne a volantinare per denunciare il ferimento della compagna Elena Pacinelli, avvenuto il giorno prima a piazza Igea ora piazza Walter Rossi, e trovarti di fronte i neofascisti che escono fuori dalla loro sezione del Msi di viale delle Medaglie d’Oro armati di pistole e coperti dai blindati delle forze dell’ordine? Forze dell’ordine che in quello stesso anno si erano già allenate, sempre a Roma, a dare copertura anche ai colleghi delle squadre speciali, quelli che spararono ad altezza d’uomo a Corso Vittorio Emanuele il 12 maggio, durante la manifestazione indetta dai radicali per festeggiare l’anniversario della vittoria del referendum sul divorzio. Ed anche in quel caso fu colpita a morte una giovanissima compagna del liceo Pasteur: Giorgiana Masi. E come per Giorgiana, Francesco, Walter, la storia degli omicidi di compagni nel nostro paese è proseguita con Ivo, Roberto, Ciro, Valerio, Auro, Carlo, Dax, Renato. Così come quella di altri giovani come Federico e Stefano, insieme a quella dei tanti fratelli migranti lasciati sulle strade, nelle carceri, nei Cie o in fondo al mare di Sicilia. Come fai a convincerli che tra questi neofascisti, allora iscritti all’organizzazione giovanile del Msi, il Fronte della Gioventù, c’erano anche molti degli attuali protagonisti della cosiddetta “destra moderna” che governa il paese? Infine, come fai a dire loro che a sparare a Walter Rossi, in quel maledetto pomeriggio del 30 settembre, furono Alibrandi e Fioravanti ma che a distanza di 33 anni dal suo assassinio nessuno ha mai pagato?
Devi comunque avere la forza per trasmettere e raccontare questa storia, continuando a lottare per riuscire ad avere giustizia. Senza giustizia non c’è alcuna pace. E senza memoria non v’è alcun ricordo. Anche se resta “un ricordo senza pace” quello che continua ad attraversare la testa e il cuore di molti di noi che, ancora oggi, continuiamo a portare chiaro e fermo il ricordo di quegli anni. Anche oggi, a 33 anni dal 30 settembre 1977, la lotta continua.
Claudio Ortale
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