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Lello Valitutti, l’anarchico che non si piega mai e che i giudici arrestano

Gli hanno proibito di uscire di casa, vive da solo in un terreno agricolo. Il Tribunale di Torino l’ha messo ai domiciliari per l’accusa di concorso in devastazione, resistenza a pubblico ufficiale e istigazione a delinquere. Ha 77 anni, è in sedia a rotelle, è malato e non è in grado di devastare un bel nulla purtroppo

di Angela Nocioni da l’Unità

Si vergognavano un po’ gli agenti che l’altra mattina sono andati a notificare a Lello Valitutti, anarchico 77enne in sedia a rotelle, gli arresti domiciliari come misura cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Torino Valentina Giuditta Soria – che ha firmato questa richiesta e poi è passata al Tribunale civile – per l’accusa di concorso in devastazione, resistenza a pubblico ufficiale e istigazione a delinquere.

Lello Valitutti non può camminare, è molto malato, ha un rene soltanto, la sua situazione clinica è precipitata ultimamente. Non è in condizione di concorrere nel devastare un bel nulla, purtroppo.

L’accusa si presume sia non per azioni da lui compiute, ma per interviste da lui rilasciate nel periodo delle manifestazioni contro il 41bis l’anno scorso durante lo sciopero della fame in carcere dell’anarchico Alfredo Cospito, condannato a 23 anni di carcere senza aver mai ferito o sparato a nessuno (condanna confermata il 24 aprile in Cassazione).

Gli agenti per notificare a questo vecchio anarchico milanese il suo stato d’arresto per denunce emesse dalla Digos della Questura di Torino, sono dovuti arrivare alla periferia di Roma in un terreno agricolo, non esattamente una dimora rurale, della Questura di Torino, dove Lello Valitutti vive da solo con due cani.

Non sono permesse uscite. Non potrà muoversi di casa. Impossibile, a meno di volerlo far morire. Dovrà pur procurarsi qualcosa da mangiare. Dovrà fare delle visite mediche, delle nuove analisi.

Se volete farvi un’idea della pericolosità sociale di questo signore che impegna a tal punto vari poteri inquirenti della nostra Repubblica, tanto che a cadenza quasi fissa nei decenni zacchete-qualcuno-arresta-Valitutti, potete leggere questa chiacchierata fatta sul Lungotevere una mattina di sole di un paio di inverni fa.

Eccola qua la minaccia alle istituzioni dello Stato. Avanza a stento tra le auto e in mezzo alle buche. Berretto di lana, lenti spesse e sciarpa rossa. Punta diretto alla fermata dell’Atac.

Valitutti, l’uscita sul pagherete tutto non se la poteva tenere?
“Ho detto: attenti state commettendo un crimine orribile, la storia ci insegna che può accadere che chi commette crimini orribili poi li paga.
I toni si sono inaspriti quando erano più di tre mesi che Alfredo Cospito era in sciopero della fame. Giorgia Meloni avrebbe dovuto aspettare la Corte di Cassazione. Avrebbe dovuto aspettare in silenzio, senza influenzare la decisione dei giudici su Alfredo. Invece ha parlato per prima. Una persona sta morendo nelle mani dello Stato in condizioni di detenzione incostituzionali, illegali, nelle quali non dovrebbe stare. Non ci si può chiedere di avere pazienza, è troppo, no? Ho detto una frase ovvia”.

Utilissima a Giorgia Meloni, a Ignazio La Russa e a esponenti di governo di Fratelli d’Italia a evocare in serie un attacco anarchico alle istituzioni…
“Ma quale attacco? Ma dove? Se avessi minacciato io qualcosa, sarei risibile. Loro hanno paura di mostrare che l’ordine non lo sanno garantire e sono stati eletti per quello. Perché si sono agitati per le parole di un disgraziato in carrozzina? C’è una parte del mondo che sta guardando quel che stanno facendo in Italia a un detenuto rinchiuso al 41 bis per aver messo dei petardi di notte. Gli hanno dato “strage”: la strage prevede che l’azione debba avere il fine di uccidere, se qualcuno ha il fine di uccidere fa scoppiare qualcosa di notte in un posto vuoto? Alfredo, quando l’hanno messo al 41 bis, non lo conosceva nessuno, ora lo conosce tutta Italia. Le prime volte che andavamo in piazza eravamo in 40, ora siamo duemila. Loro lo sanno che gli anarchici sono singole persone, che non esiste un’organizzazione, che nessuno può dare la linea a nessuno perché nessuno ascolterebbe, sennò non sarebbero anarchici. Con queste sparate il governo è come se dicesse: guardate, non sognatevi di fare qualcosa per cambiare il 41 bis anche se è incostituzionale. Sono loro dal governo ad esporre me a rischi. Mi indicano come un nemico, io sono vecchio, vivo da solo, vado in giro da solo, sono riconoscibile. Basta un matto che gli crede e mi dà una botta in testa. Capisco che alla Meloni non interessi la Costituzione, non viene dalla sua storia, non hanno lottato i suoi per farla, è nostra. La difenderemo noi anarchici se non c’è nessun altro. Io sono solo disperato per Alfredo, chiedo solo: non fatelo morire, io non voglio un martire, non è una minaccia, è una speranza. Non lo potevano togliere di lì due mesi fa quando ancora non se ne era accorto nessuno?”.

Un rene asportato, una metastasi che sale per la colonna vertebrale. All’ospedale Gemelli di Roma qualche anno fa dopo l’operazione ha chiesto: per favore ditemi quanto vivrò. L’aspettativa di vita in questi casi è di due mesi, la risposta.

“Ho aspettato un anno a letto, muoio o non muoio? Non sono morto. Allora vivo. Mi sono seduto su questa carrozzina ed è cominciata quest’ultima parte della mia vita”. Pasquale Valitutti parla con quell’accento milanese lieve e bellissimo che hanno soltanto i milanesi lontani da Milano da una vita.

Era tra gli anarchici della Ghisolfa a fine Sessanta. E’ stato per decenni in fuga per il mondo, con documenti falsi, con moglie e due bambini piccoli. Condanna a 14 anni per Azione rivoluzionaria (“devastazione di un carcere in costruzione, poi mi hanno dato come facevano allora tutti i reati disponibili”).

“Mi fanno girare tante carceri della Toscana, faccio lo sciopero della fame, due mesi forse, poi sciopero della sete. Chiedevo soltanto che mi visitasse uno specialista in carcere perché avevo già una patologia renale grave. Poco prima che io entri in coma mi danno la libertà provvisoria. Mi salva il professor Maschieri, mi dice: ti stavano ammazzando”.

Esita, lo sguardo si fa interamente triste: “E’ quello che temo facciano ad Alfredo, che lo allontanino solo per non farselo morire addosso. Ho paura che l’opinione pubblica si stia abituando a digerire come un fatto tollerabile la sua morte”

Da quella convalescenza lontana, allora, Valitutti appena può, scappa: all’inizio India, Nepal. Poi in cerca di un luogo protetto, arriva all’Avana. Lì è durata pochissimo. Fidel Castro non amava gli anarchici.

“Sono stati molto gentili ed accoglienti i cubani, poi come fanno loro quando ti vogliono dire una cosa senza dirla – ‘domani, domani, domani- m’hanno chiesto di andarmene. Siamo andati a Managua, rivoluzione sandinista. Pure lì non era semplice, comandavano in nove. Sono entrato nel Battaglione del mio quartiere e sono andato a lottare contro i contras sei mesi.
Era un sollievo arrivare allora a Managua dopo l’Italia, dopo Milano. Era tutto chiaro: da una parte i torturatori, gli assassini, dall’altra il giusto”.

Non era esattamente così e infatti scappa pure da lì. “C’era un’involuzione, si capiva che stava diventando altro e me ne sono andato”. Cominciano le estati a Nizza come ambulante abusivo, poi Ecuador, Messico.

Una galera a Los Angeles perché durante uno scalo inciampa in un controllo. A sorpresa il giudice americano rifiuta l’estradizione in Italia. Però restava l’essere stato in transito con passaporto falso. e dal carcere federale passa allo statale.

“Alla fine mi mandano in Italia con accordo a scontare 4 anni di pena. Finisco a Rebibbia, nel braccio degli irriducibili Br. Non so se c’è qualcuno che sta ancora lì. Erano celle singole, ma ci facevano incontrare nelle ore d’aria, parlavamo molto. Esco con una amnistia, me ne vado in Brasile per non scontare il resto. Lì mi riprendono. In cella mi ammalo. Aspetto l’estinzione della pena. I miei figli, ormai cresciuti, volevano tornare in Italia. Torno finalmente con un documento vero con il mio nome sopra. Fino ad allora avevo potuto dire chi ero solo quando entravo in carcere. La mia vita normale è durata poco. Subito dopo il ritorno, il cancro che c’era già evidentemente, si è aggravato”.

Della mamma dei suoi figli dice: “Siamo divorziati. La sedia a rotelle cambia tutto. Lei non aveva scelto un uomo in sedia a rotelle. Io non avevo con lei il rapporto di un uomo in sedia a rotelle. Ci abbiamo messo tempo. Ora sto da solo con un cane grande e un trovatello che non ha voluto sapere d’andarsene”. Dei suoi due figli: “Sono bravi, sono belli. Andreas e Ulriche li abbiamo chiamati, per ricordare i suicidati della Baader Meinhof”.

(Andreas Baader e Ulrike Mainhof. erano i due capi della Raf, l’organizzazione della lotta armata tedesca. Finirono in carcere e nel 1976 furono trovati morti. Suicidi, dissero le autorità, ma quasi nessuno ci credette. Li avevano probabilmente giustiziati n.d.r.).

Quando Lello Valitutti parla dei suoi due figli c’è una corda che vibra nella voce di solito bassa, setosa, una precipitazione che porta a galla emozioni taciute: “Non è facile avere un padre vecchio che va in giro in sedia a rotelle a protestare. Io penso a loro e penso: povere gioie. Sono grandi, vivono a Roma, ho cinque nipotini, io odio avere potere sulle persone, ho detestato avere quel potere sui figli che inevitabilmente hai. Gli ho detto sempre: cercate di essere felici come pare a voi ma cercate di essere felici come meglio riuscite, non importa come”.

Vengono alle manifestazioni con lei? “No, mi dicono: papà attento a non farti male. Fanno con me come io ho fatto con loro”. Da qualche anno Pasquale Valitutti lo trovi , di nuovo, ai presìdi contro gli sfratti, alle proteste contro i centri di detenzione degli immigrati, era alle manifestazioni del 2015 contro l’Expo.

Degli anarchici milanesi di allora chi è rimasto? “Non so se ancora ce n’è qualcuno vivo”. Senta Valitutti, se un passante ascolta gli slogan gridati alle manifestazioni da ragazzi ventenni, li ascolta parlare e pensa: ma questi qui li hanno congelati nel ’72 e scongelati ora? Lei questo lo percepisce? “Un ragazzo che dice ‘fuori Alfredo dal 41’ bis sta dicendo: basta con gli abusi del potere, con le prepotenze della polizia, non obbligateci a fare quello che volete voi. I giovani sentono l’ingiustizia. Gli anarchici ci sono sempre stati, non hanno smesso mai di lottare contro le carceri, contro le varie gabbie per immigrati, contro gli sfratti delle famiglie povere”.

Ride, poi chiede: “Si riferisce alla messa in ridicolo? Guardi che sono meravigliosi i ragazzi che vengono a protestare contro il 41 Bis. Rischiano le botte, la galera. Mi dispiace solo che mi ritrovo anche adesso, da vecchio, ad essere il ribelle, vorrei essere scavalcato, vorrei dire: ‘ragazzi calmi’; perché la mia età porta alla prudenza e alla saggezza”.

O alla disperazione, dipende… “Macché disperazione, la vecchiaia ha un suo fascino. Questi ragazzi dipinti come sfigati o violenti lottano per gli ultimi ora che tutte le condizioni sono avverse, per i poveri che sono l’unica cosa decente in giro adesso, che mantiene ancora un’umanità”.

Valitutti è anche il super testimone del caso Pinelli. Un testimone fantasma, mai ascoltato per decenni. Il caso Pinelli è il solo argomento per cui si irrigidisce. Le mani si afferrano al tavolino.

“I fatti sono importanti, so che la verità è noiosa, sempre quella è, ma io non la posso cambiare. Sono cinquant’anni che mi rispondono ai fatti con le opinioni. Io avevo davanti ai miei occhi la porta di Allegra (capo dell’ufficio politico della Questura di Milano quando Pinelli morì volando giù dalla finestra n.d.r ) e il commissario Calabresi lì non è entrato, se fosse entrato non avrei potuto non vederlo. Lui, il commissario Calabresi, quella sera appena successo il fatto mi disse: ‘Stavamo parlando tranquillamente quando si è buttato, non ho capito perché’ Era appena successo, se non ci fosse stato non l’avrebbe detto”.

Valitutti, c’erano anche altri piani, altri uffici… “I poliziotti che erano lì quella sera non mi hanno mai smentito. La storia degli altri uffici, degli altri piani, l’hanno messa in giro nel mondo anarchico quelli che volevano tirare in ballo i servizi segreti. Io non farei mai una falsa testimonianza contro nessuno. Mi farebbe schifo testimoniare il falso contro una persona. Contro chiunque”.

Con il figlio di Calabresi ha mai parlato? “No, non mi ha mai cercato, ma lo capisco benissimo, era il suo papà, immagino il suo dolore immenso, ne ho grande rispetto”.

L’anarchico Valitutti ha due condanne definitive. “Una a due anni per il processo Scripta manent in cui ero accusato insieme a Alfredo Cospito per articoli scritti sulla rivista anarchica. Libertà di pensiero, libertà di parola, no comment. E un anno e mezzo per una manifestazione a Campo de’ fiori di una decina d’anni fa, dicono testualmente che con la carrozzina ostacolavo il movimento della polizia. quindi m’hanno condannato per concorso morale in resistenza aggravata. E non è una barzelletta”.

 

 

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