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Roma, Italia: Ti ricordi del 15 Ottobre?!

Perché, nel frattempo, la prima sezione penale della Corte di Appello di Roma ha (quasi) raggiunto il verdetto sui fatti relativi al terzo filone di indagini, il cd. “processone” (ma anche “maxiprocesso”, come da udienza di ieri) su quel lontano 15 Ottobre 2011.

15-ottobre

La storia dovrebbe essere nota; in ogni caso, 15 compagne e compagni, già condannati in 1° grado con pene da 4 mesi fino a 9 anni più il pagamento di ingenti risarcimenti a beneficio di Ministeri (Ministero degli Interni, Ministero della Difesa, Ministero dell’Economia), banche (Banca Popolare del Lazio), Comune di Roma e aziende municipalizzate (ATAC e AMA), per reati che vanno dalla resistenza pluriaggravata a Pubblico Ufficiale al tentato omicidio (solo per alcuni), oltre e in aggiunta al reato di devastazione e saccheggio, stanno affrontando il 2° grado di giudizio tentando l’impresa: demolire l’impianto accusatorio teso a dimostrare la sussistenza di una pianificazione premeditata dietro all’esplosione di rabbia, collettiva, di quella giornata.

Premeditazione che, sino ad ora, ha blindato le sentenze (anche) in punto di legittimazione al ricorso del reato di devastazione e saccheggio tra i capi di imputazione e quindi condanna.

Reato di devastazione e saccheggio, ossia «capo d’imputazione, che è lo stesso utilizzato contro chi era in strada a Cremona il 24 gennaio 2015, e per cui è stata fissata l’udienza di Cassazione per il 25 settembre prossimo. Lo stesso reato, inoltre, lo troviamo come capo di accusa per la manifestazione contro le frontiere al Brennero, per cui l’inizio del processo si prevede essere il 22 ottobre».[i]

Questo, in estrema sintesi, il quadro giudiziario della vicenda; per un approfondimento più accurato, tanto per il racconto della giornata e del clima politico di quel momento, quanto per le pesanti e diversificate conseguenze processuali culminate con le sentenze di 1° grado, si rinvia a “quel pomeriggio a Roma: 15 Ottobre 2011” e a “Processo 15 ottobre: 15 condanne per un totale di 61 anni di reclusione”.

Al contempo, per una testimonianza diretta (fin troppo lucida e accorata) da parte di uno dei compagni imputati coinvolti, che fornisce una chiara visione d’insieme tanto dell’azione repressiva in corso col protrarsi del processone, quanto e oggettivamente delle azioni contrapposte a livello legale e di solidarietà, il rinvio è all’archivio di Radio OndaRossa.

Ieri, invece, si è svolta l’ennesima, seppur sbandierata come possibile ultima, ravvicinata udienza in Corte d’Appello del processone, anzi maxiprocesso come accennato, con sentenza ancora rinviata.

Aldilà del resoconto giuridico, riassumibile nelle conclusioni da parte di due difese con rinvio per le conclusioni dell’ultima difesa e repliche finali, dunque verdetto, ciò che rileva maggiormente è il contorno, dunque il simbolismo politico da un lato, la tensione nell’aria in rapporto all’asimmetria di potere, dall’altro.

Per il simbolismo politico, valgano d’esempio:

  • a livello generale, seppur d’impatto, la data del rinvio parla da sé: a mezzogiorno del 12 Dicembre, con probabile chiusura straordinaria il 14 di Dicembre;
  • nel particolare, la variegata presenza in aula, alquanto indicativa: al cospetto di una giuria quasi tutta al femminile e piuttosto indispettita (epocale il «Dato che l’aria diventa irrespirabile, io prego chi non sia interessato a questa udienza di uscire» da parte della Presidente di Corte, giustificato in punto di triplice esigenza di natura sia igienico-sanitaria che di necessità di areazione, quanto e soprattutto di ordine pubblico ma nei termini di regolare svolgimento del procedimento), sedevano le difese da un lato e l’accusa e i legali di parte civile dall’altra, finché questi ultimi non hanno abbandonato l’aula per pranzo; in fondo, sparse tra  le persone solidali, Forze dell’Ordine di varia natura, ordine e grado, ingombranti all’inizio, man mano più “discrete” alla vista sebbene sempre e comunque a vista, in ogni caso: un panoptico pret a porter, insomma.

Con riguardo al clima di tensione che si respirava nell’aula della prima sezione penale del palazzo della Corte di Appello di Roma, gli spunti provengono da:

  • la nemmeno troppo celata natura politica, più che penale, del procedimento: aldilà della presenza armata in aula, la volontà giudiziaria di optare per l’avallo dell’imputazione per devastazione e saccheggio implica un duplice rischio: da una parte, comporta lo spingersi oltre il giudizio sulla responsabilità penale come da ordinamento, per allargare il campo anche ad una risposta politica sulla vicenda “15 Ottobre”; dall’altra, pone in dubbio le garanzie poste a fondamento del giusto processo da Stato di Diritto, in punto di terzietà, indipendenza e imparzialità della magistratura giudicante, ad esempio laddove non permette l’acquisizione documentale probatoria delle comunicazioni audio intercorse tra i dirigenti di piazza e la sala operativa del comando interforze a capo dell’ordine pubblico col disporne l’ammissibilità dell’istanza.

Di conseguenza, è ancora lecito domandarsi cosa sia successo dalle ore 16.30 alle 18.00, in seguito alla frattura al corteo determinata dalle Forze dell’Ordine all’incrocio tra via Labicana e via Merulana fino a viale Manzoni e Via Emanuele Filiberto.

Oppure, perché la dotazione strumentale massiccia (leggasi, blindati e compagnia motorizzata) fosse utilizzata in modo improprio (leggasi, caroselli e tentativi di collisione documentati) e in spregio alle regole d’ingaggio da parte di chi è professionalmente incaricato di salvaguardare l’ordine pubblico.

Domande lecite (sebbene minime), a fronte dell’ordine giudiziale di verificare le responsabilità oggettive dei membri della forza pubblica impegnati nel corso della manifestazione, emesso in sede processuale ma ancora rimasto inevaso dalla Procura.

  • l’atteggiamento di ostilità reciproca e fin troppo percepibile tra le parti, con la parte istituzionale, generalmente intesa in tal circostanze, a esercitare il potere di disciplina, di controllo e di punizione sulla contro-parte.   ,

Eppure sì, «in un clima generale di “indignazione”, si respirò rabbia» quel 15 di Ottobre del 2011, come «ci fu rabbia sì, ma ci fu anche la gioia del respirarla assieme»: pertanto,

«ecco perché il processo contro i fatti del 15 ottobre non può né deve riguardare solo chi si troverà ancora in prima persona imputata in quelle aule.

La solidarietà è non solo sostegno a chi vive sulla propria pelle la repressione, non lasciandolo/a isolato/a nel silenzio che inevitabilmente sottrae la forza e il senso di reagire rivendicando le proprie azioni. Solidarietà è anche assunzione, in prima persona e collettiva, di responsabilità per la prosecuzione delle stesse lotte, di quegli spazi di agibilità che vadano oltre quei paletti che sempre più le forze reazionarie ci impongono e che, giorno dopo giorno, vorrebbero ridurre i nostri spazi vitali».[ii]

Nuovo appuntamento per portare la solidarietà alle compagne e compagni inguagliat* dai “fatti del 15 Ottobre” dentro e fuori dalle aule della Corte di Appello di Roma, fissato al 12 Dicembre 2019.

Note:

[i]  Sui fatti di Cremona 2015, cfr. anche:

 

[ii]  Cfr. “15 ottobre 2011: Non è finita!!! Un appello rivolto ai compagni e alle compagne”: http://www.osservatoriorepressione.info/15-ottobre-2011-non-finita-un-appello-rivolto-ai-compagni-alle-compagne/