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21 Aprile 1977: lo sgombero della Sapienza e l’uccisione dell’agente Passamonti

E’ passato poco più di un mese dalla morte di Francesco Lorusso, il Movimento è iperattivo, creativo, militante. Sono giorni di intense assemblee e mobilitazioni all’interno delle Università italiane, a Torino, Bologna e Napoli si è già deciso di occupare le facoltà bloccando la didattica.

A Roma la polizia ha presidiato la Sapienza per tutta la giornata del 20, fino a notte inoltrata, in occasione di un’assemblea con i liceali contro la riforma Malfatti.

Il vero obiettivo, però, è l’occupazione, che avviene la mattina del 21 in ben quattro facoltà della Sapienza. Nel primo pomeriggio il Rettore Ruberti chiede l’intervento della polizia, che esegue lo sgombero senza reazioni da parte degli occupanti.

Ma la forza di volontà degli studenti è quella di proseguire con la mobilitazione, e ben presto si creano cortei spontanei in tutta la zona adiacente l’Università e in particolare nel quartiere di San Lorenzo, dove i manifestanti decidono di rispondere alle cariche della Celere. Esplode la guerriglia urbana, le barricate bloccano ogni strada e per ogni lacrimogeno sparato c’è una bottiglia molotov pronta a rispondere.

Ne nasce un violento scontro a fuoco tra polizia e studenti, l’agente Settimio Passamonti viene mortalmente colpito alla testa da due proiettili e altri sei agenti rimangono feriti, di cui uno gravemente, mentre la giornalista americana Patrizia Bermier è colpita alle gambe. Le testimonianze parlano di un uomo vestito di nero comparso all’improvviso durante gli scontri e immediatamente svanito dopo aver sparato. Manca meno di un mese alle foto che rivelano la presenza di agenti in borghese armati infiltrati nei cortei.

L’Università viene nuovamente chiusa dal Senato accademico. Riaprirà il 2 maggio. A Roma, nella notte, polizia e carabinieri, armi alla mano, con giubbotti antiproiettili e mitra, entrano nella sede dei Comitati autonomi operai di via dei Volsci, fermando 25 militanti, poi rilasciati.

Kossiga non perde tempo per ripetere il solito, stanco, teorema secondo cui gli scontri di Roma non sono altro che il frutto di una regia più alta, e promette di reagire “con tutti i mezzi” in modo che “Non sarà più consentito che i figli dei contadini meridionali siano uccisi dai figli della borghesia romana”.

Tutte le manifestazioni vengono così vietate a Roma fino al 31 maggio (una deroga al divieto viene concessa alle organizzazioni sindacali confederali per la celebrazione della Festa del Lavoro), provocando ancora una volta l’ira del Movimento, che deciderà di manifestare ugualmente nei giorni successivi, incontrando una ferma risposta nei metodi repressivi dello Stato.

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da Info Aut