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Trieste, 27 ottobre 2006: Riccardo Rasman ucciso dalla polizia

Non era la prima volta che il ragazzo aveva dovuto subire le violenze di uomini in divisa.

Classe 1972, Riccardo Rasman nel 1990 durante il servizio militare è vittima di efferate pratiche di nonnismo che oltre a segnarlo nel corpo ne intaccano anche la mente.

Viene congedato e quando torna a casa gli diagnosticano una sindrome da schizofrenia paranoide. Il ragazzo sviluppa, più che comprensibilmente, una paura terribile per le divise che nel 1999 si rafforza quando sporge denuncia per le violenze subite all’interno della sua dimora da parte di due poliziotti, chiamati da un vicino a causa dell’alto volume della musica ascoltata dal ragazzo.

Nell’ottobre del 2006 Riccardo, che è in cura da tempo presso il centro di salute di Domio (fatto noto alle forze dell’ordine), trova lavoro come netturbino. Per festeggiare l’imminente inizio del lavoro il 27, probabilmente in preda ad uno stato di agitazione psicofisica, ascolta di nuovo la musica ad alto volume e lancia due petardi nel cortile di casa. Dopo una segnalazione al 113 arriva la polizia.

Riccardo ha paura e si trincera nella sua camera. I quattro agenti chiamano i vigili del fuoco che sfondano la porta dell’appartamento. Quando i poliziotti entrano in camera di Riccardo inizia una colluttazione che si conclude quando il ragazzo, dopo essere stato picchiato duramente, viene immobilizzato a terra con le caviglie legate col filo di ferro.

Come verrà accertato in sede giudiziaria in ogni grado di giudizio, gli agenti lo tennero prono ed esercitarono pressione salendo sulla sua schiena. Dopo dieci minuti di agonia Riccardo morì per arresto cardiocircolatorio.

Tre agenti furono condannati a sei mesi di reclusione, pena sospesa. La quarta fu assolta con formula dubitativa.

Prima della violenza Rasman aveva scritto un biglietto trovato in cucina: “Per favore per cortesia vi prego non fatemi del male, non ho fatto niente di male.” (da Cronache Ribelli)