Secondo fine settimana di proteste in Russia contro la detenzione di Aleksej Navalny, oppositore politico al governo di Putin, incarcerato per avere violato la libertà condizionale imposta a seguito di una condanna per frode.
Secondo l’ong Ovd-info sono5.021 persone i fermati di cui 1.650 solamente a Mosca . Dure le reazioni da parte degli Stati Uniti, con il segretario di Stato Blinken, che ha parlato di “tattiche brutali” da parte del Cremlino, e dall’UE con l’alto rappresentante Josep Borrel che ha condannato “gli arresti di massa e l’uso sproporzionato della forza”.
Di tutt’altra opinione l’esecutivo russo. Secondo il vice presidente del Consiglio di sicurezza Dmitry Medvedev, Navalny è una “canaglia politica”, i cui tentativi di arrivare al potere stanno diventando sempre più “cinici e spregiudicati”. Il profilo di Navalny, effettivamente, è dei più foschi.
Ultranazionalista, più volte ha sfilato in marcia con l’estrema destra, ad esempio in occasione della “Marcia Russa”, e ha espresso posizioni xenofobe contro gli immigrati. Di orientamento liberista, è stato leader di Democrazia Alternativa, che ha ricevuto finanziamenti dall’agenzia statunitense National Endowment for Democracy, da sempre attiva a sostenere economicamente le forze di opposizione ai governi invisi agli interessi statunitensi. Oltre alla già ricordata condanna per frode di 30 milioni di rubli a due società, nel 2013 Navalny fu condannato anche per appropriazione indebita.
Abbiamo inquadrato il profilo politico di Navalny con Fulvio Scaglione, esperto di geopolitica, in passato corrispondente da Mosca, dove ha seguito la transizione della Russia e delle ex repubbliche sovietiche, ex vice-direttore di Famiglia Cristiana.
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Alexei Navalny e il suo movimento “Russia del futuro”: c’è poco da santificare
L’arresto di un dissidente è un crimine, sempre. E non ci sono ma e non ci sono forse.
Detto questo, occhio a santificare Alexei Navalny e il suo movimento “Russia del futuro”, perché c’è poco da santificare. Quello che viene definito dai più il “leader dell’opposizione”, in verità, non rappresenta nessuna alternativa a quello scempio di Russia governata da Putin.
Unione Europea e Stati Uniti si battono come paladini dei diritti e della libertà di dissenso che se facessero altrettanto – per esempio – in Turchia ci sarebbe davvero da applaudire.
Il fatto è che Navalny è diventato un caso mediatico, politico e internazionale. E adesso l’esigenza di semplificare, tifare, prendere posizione a qualunque costo, rischia – come sempre – di accecarci. La necessita di schierarsi, da una parte o dall’altra, finirà per imprigionarci – come sempre – dalla stessa parte.
Il movimento di Navalny è un movimento nazionalista nato (e cresciuto) sull’onda dell’anti-corruzione. Quali siano le loro proposte in materia di politica economica, interna, estera, è – e rimane – un mistero. E la storia ci insegna che chi vuol “aprire la scatoletta”, poi, una volta che l’ha aperta, in quella scatoletta ci mette poco ad ambientarsi, e ci prende posto comodo comodo.
Insomma, quasi certamente, se non ci fosse zar Putin a perseguitarlo, ”liquideremmo” il caso come quello di un populista, con qualche simpatia per la destra nazionalista e qualche sfumatura xenofoba. Xenofobia sì, perché quello che oggi incoroniamo come un eroe ha un passato (che nella migliore delle ipotesi, è passato) nazionalista e xenofobo. Non farete fatica a trovare su internet le “tirate xenofobe” di Navilny contro i ceceni.
Non solo. Le immagini di questi giorni, ci vengono raccontate come una specie di “miracolo russo” e di questo miracolo viene reso grazie al martire (purificato per l’occasione) Navalny. E le migliaia di arresti e la solita persecuzione dei manifestanti vengono raccontati come un fatto “nuovo”. Ma nuovo non è. Già nell’estate e nell’autunno del 2019, per esempio, oltre 40.000 persone erano scese in piazza e per averlo fatto hanno pagato a caro prezzo. E quei manifestanti sono in piazza, a sfidare il regime, tuttora. Sono quelli che vediamo alla tv in queste ore.
Attenzione, perciò, anche alla “retorica del risveglio”. Perché se è vero che da 21 anni Putin ha assediato il Paese, è anche vero che da 21 anni migliaia di persone hanno pagato (e pagano) a caro prezzo il loro dissenso.
La mano di Putin si è sì abbattuta su Navalny, ma non ha mai smesso di abbattersi anche sulle migliaia di manifestanti in piazza. I detenuti politici nella Russia di Putin non sono una novità: liberali e comunisti, anarchici e femministe, ecologisti, movimenti contro la corruzione. E le nuove generazione, quelle nate sotto il dominio di Putin, arci-stanchi di lui e del suo apparato di potere. Attivisti e dissidenti che hanno raggiunto secoli di anni di reclusione e che da tempo protestano contro la repressione.
Non facciamoci fregare. Conoscere, pensare, criticare. È la nostra unica arma.
Tiziana Barillà
da Ultima Voce