Chiapas: muore Ramona, storica comandanta dell’Ezln
“Un metro e 45 di altezza per 40 chili di peso, sofferente e consumata da una malattia incurabile”: così il manifesto, il 13 ottobre 1996, descriveva la comandanta Ramona, figura di primissimo piano dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, giunta a Città del Messico per partecipare alla chiusura del Congresso nazionale indigeno come unica rappresentante dell’Ezln.
Quella mujer dulce y discreta con la fuerza de una bomba (la definizione è dello storico inviato del quotidiano La Jornada nel Chiapas zapatista, Hermann Bellinghausen) sarebbe vissuta altri dieci anni per spegnersi il 6 gennaio 2006 a causa di un incurabile cancro ai reni che aveva cercato di combattere tramite un trapianto a seguito di un’ampia campagna di raccolta fondi. La prima volta che Ramona si fece conoscere pubblicamente come membro del Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno, fu dopo circa un mese dal levantamiento zapatista del 1 gennaio 1994, insieme ad altri comandanti storici dell’Ezln, tra cui David e Moisés. Quando intervenne al Congresso indigeno, a Città del Messico, Ramona parlò prima nella sua lingua, quella degli indigeni tzotziles e poi in spagnolo. Questo fu il suo messaggio: “Resistiamo al malgoverno perché vogliamo la democrazia, la libertà e la giustizia per tutti i messicani”. Lungo la strada che la conduceva dall’aeroporto del Distrito Federal, così i messicani chiamano Città del Messico, al luogo del Congresso, migliaia di persone avevano salutato la comandanta, vestita con il tradizionale huipil bianco e rosso, il passamontagna nero, giunta per ricordare che l’Ezln lottava affinché “i popoli potessero continuare a vivere come esseri umani e non come animali”. Ramona ha vissuto in prima fila la discussione interna alle comunità indigene, e durata per tutto il 1993, in merito alla scelta della lotta armata: “è stato il popolo stesso”, spiegò, “ a dirci di cominciare. Non possiamo più sopportare di morire di fame”. Alla domanda sulle motivazioni che avevano spinto anche donne e bambini ad aderire alla lotta zapatista, la comandanta rispose: “Anche le donne stanno vivendo in una situazione difficile, perché siamo fortemente ancora più sfruttate e oppresse. Le donne da cinquecento anni non hanno diritto di parlare, di partecipare ad un’assemblea, di avere qualche carica nel loro villaggio”. È in questo contesto che nascono le “Dieci leggi rivoluzionarie delle donne”, nella cui estensione Ramona aveva svolto un ruolo fondamentale, una sorta di tavola delle donne zapatiste, tra cui si riconosceva il “diritto di lavorare, di percepire il giusto salario”, ma anche il “diritto di partecipare alla lotta armata rivoluzionaria nel posto e grado che la propria volontà e capacità determinano”. E ancora: “Le donne avranno incarichi direttivi nell’organizzazione e gradi militari nelle forze armate rivoluzionarie”, esigono il “diritto alla salute, all’alimentazione e all’istruzione”. Più di una volta la comandanta invitò le “compagne donne che si sentono sfruttate a decidersi nel mostrare le armi, come zapatiste”. Ramona fu sempre a fianco del subcomandante Marcos, tanto che il sup, quando ricevette la notizia della sua morte, interruppe l’“Altra Campagna” poiché il mondo aveva perso “una di quelle donne che partoriscono nuovi mondi e che a noi hanno strappato un pezzo di cuore”. L’ultima volta che la comandanta Ramona apparve in pubblico fu in occasione di una delle riunioni preparatorie dell’ “Altra Campagna”, il 16 settembre 2005, nel caracol de La Garrucha. Eppure, anche il 6 gennaio 2006, debilitata dalla malattia, non si era tirata indietro e aveva deciso di recarsi da Oventic a San Cristóbal de las Casas per promuovere una volta di più l’”Altra Campagna”, ma morirà durante il viaggio. In Ramona si rispecchiò quel Messico che, nonostante le avversità ed un sistema di potere incancrenito, ma al tempo stesso feroce ed escludente (come del resto oggi), agognava ad un cambio sociale ancora purtroppo ben lontano da arrivare e in cui fosse riconosciuta la dignità per tutti gli esseri umani. È stata lei a pronunciare la celebre frase nunca más un México sin nosotros: del resto, Ramona aveva scommesso fin dall’inizio sulla lotta zapatista. Il governo messicano la temeva e si era pentito, nell’ottobre 1996, di averle concesso il permesso di partecipare al Congresso nazionale indigeno a Città del Messico: per questo, nel 1997, dal palazzo presidenziale di Los Pinos, Ernesto Zedillo e i suoi sgherri sparsero in giro la voce che la comandanta era morta e che le sue apparizioni fossero invece quelle di una sosia militante anch’essa dell’Ezln.
Ramona è stata la prima dirigente del Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno a morire dal levantamiento del 1 gennaio 1994, ma la sue figura resta ancora oggi molto amata nel Chiapas zapatista. In occasione del suo arrivo al Distrito Federal nel 1996 il manifesto scrisse di lei: “La comandanta Ramona si è stagliata gigantesca come le figure indios di Diego Rivera e dei grandi muralisti messicani, mentre scendeva dalla scaletta dell’aereo che venerdì notte l’ha portata dal Chiapas a Città del Messico”. (da InfoAut)