La risposta popolare non si fa attendere: fin dalle prime ore del mattino vengono bloccati gli ingressi del quartiere con barricate di pneumatici, vecchi mobili e altri oggetti. La polizia spara centinaia di lacrimogeni, ma è costretta a ritirarsi e a sospendere gli sfratti.
Sabato, dopo che una delegazione si è recata in pretura e allo IACP per cercare una mediazione, la polizia cerca di riprendere gli sgomberi. Questa volta oltre agli occupanti e agli attivisti dei Comitati ci sono a resistere anche centinaia di manifestanti, tra i quali numerosi membri dei consigli di fabbrica.
A fine giornata, dopo un susseguirsi di “tregue” per tentare quella che si rivelerà una trattativa-farsa, si raggiunge un accordo di sospensione degli sfratti fino al lunedì mattina.
Domenica 8, però, la polizia irrompe di nuovo nelle case occupate abbandonandosi ad atti di vandalismo. Gli scontri riprendono immediatamente.
Alle 18, l’assemblea popolare, organizzata dal Comitato di Lotta per la casa di San Basilio nella piazza centrale della borgata, viene caricata con lacrimogeni sparati ad altezza uomo.
Fabrizio Ceruso, militante di 19 anni dei Comitati Autonomi Operai, viene colpito in pieno petto da una pallottola.
I compagni lo caricheranno su un taxi per portarlo in ospedale, ma vi giungerà ormai senza vita.
La rabbia popolare esplode violentemente, tutto il quartiere scende in strada. I pali della luce vengono abbattuti, migliaia di manifestanti si aggregano agli abitanti del quartiere, assediando la polizia, che si rifugia nel campo di calcio della parrocchia.
Ma tanto sferragliare di truppe non è servito a niente,
il sole rosso è rimasto nei tuoi occhi,
la rabbia proletaria già l’ha detto,
« Compagno Fabrizio noi ti vendicheremo »,
assassini di stato, la pagherete
e pagherete tutto
Ma tanto sferragliare di truppe non è servito a niente,
il fiore rosso rimasto sul tuo petto
il pianto amaro di tuo padre,
il rumore prodotto nella coscienza di tanti,
anche l’odio è prezioso quando il popolo prepara la riscossa.
“A Fabrizio Ceruso”