Lo scorso febbraio, Alì era stato catturato e la polizia croata, dopo vari maltrattamenti, lo aveva respinto in Bosnia, tra la neve il gelo, levandogli vestiti e scarpe. Decine di chilometri a piedi, tra la neve, vagando per ore. I suoi piedi si erano congelati ed erano andati in necrosi. Dopo mesi di sofferenze, Alì è morto pochi giorni fa. Accade a pochi chilometri da Trieste, ma nessuno parla della rotta invisibile dei migranti, quella che lega i Balcani al Friuli. Un appello
Lo scorso febbraio, Alì era stato catturato e la polizia croata, dopo vari maltrattamenti, dalla Croazia lo aveva respinto in Bosnia, tra la neve il gelo, levandogli vestiti e scarpe. Alì era ritornato a Velika Kladusa a piedi, tra la neve, vagando per ore. I suoi piedi si erano congelati ed erano andati in necrosi. Dopo mesi di sofferenze, Alì è morto sabato 21 settembre a causa della disumanità a cui era stato destinato dalla polizia.
Mercoledì 25 settembre ho incrociato Adnan lungo la strada che scende dal confine di Velika Kladusa in Bosnia Erzegovina, dopo che era stato catturato, seviziato e respinto dalla polizia croata. Gli avevano tolto le scarpe e lo avevano torturato con una sbarra incandescente scorticandogli la gamba.
Poco tempo fa, un minore di quindici anni catturato nei boschi è stato seviziato con scariche elettriche.
Questi crimini si chiamano tortura.
La Croazia, che ha ricevuto milioni e milioni di euro per “contenere” i flussi migratori, è stata dotata di strumenti tecnici sofisticati per la cattura di esseri umani. Sono già state denunciate le sevizie che utilizza in maniera indiscriminata su uomini, donne, bambini. Ora è giunta a perpetrare anche la tortura.
Chiedo alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di condannare con forza le violenze perpetrate dalle forze di polizia croata contro persone inermi. In particolare, chiedo sia preso in esame il trattamento inumano e degradante, l’uso della tortura fisica e l’applicazione della tortura psicologica tramite minacce di morte.
Lorena Fornasir, di ritorno da un viaggio solidale nei campi profughi della Bosnia (promosso insieme a un piccolo gruppo di volontari indipendenti), dopo aver incrociato un ragazzo migrante torturato al quale la polizia croata aveva tolto anche le scarpe, ha deciso di denunciare i crimini di cui è stata testimone con una petizione rivolta alla Corte europea dei diritti dell’uomo e al Tribunale permanente dei popoli. Qui il link per firmare subito la petizione.
da Comune-Info