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Aggressione razzista a Verona, Tredicenne srilankese preso a sprangate

I carabinieri la liquidano come una “goliardata”. Ma la storia di Verona la pone in continuità con molte altre, alcune mortali. Una città con un cuore nero inquietante e consolidato nel tempo. Una cappa reazionaria che incombe e che tutela i suoi “ragazzi”, anche quando sono criminali. Un libro svela le coperture ai neonazisti del gruppo “Ludwig”

Ieri a Verona, si è saputo pubblicamente dell’aggressione a un ragazzino di 13 anni cingalese avvenuta il tre giorni prima. Il ragazzino è stato preso a sprangate, umiliato in strada, insultato per il colore della pelle. Il tutto nel pomeriggio alla periferia della città. Il ragazzo è stato avvcinato da un gruppo di giovani in motorino che , a quanto pare, lo tenevano d’occhio da giorni. Prima gli insulti: «Che cazzo hai da guardare, negro di merda?». Poi, ventiquattro ore più tardi, le botte, mentre il ragazzo era con i compagni di scuola in via IV Novembre. Tutto è successo in un attimo. Gli amici del giovane hanno chiamato i carabinieri, ma gli aggressori sono riusciti a scappare. Il tredicenne è stato ricoverato, guarirà in cinque giorni. I carabinieri- come di consueto non escludono una «goliardata» sfociata in un atto di violenza- ma hanno già identificato una persona che sarebbe stata in compagnia di chi ha colpito al volto il ragazzino e stanno stringendo il cerchio delle indagini per arrivare all’identificazione dei protagonisti di un episodio i cui contorni non sono del tutto chiari. In mano ai militari ci sarebbero anche le riprese delle telecamere.
Secondo alcune fonti le indagini guarderebbero anche nella direzione dei gruppi dell’estremismo neofascista particolarmente attivo nella città.
Nel 2008, Nicola Tommasoli, un ragazzo colpevole di avere i capelli rasta fu pestato a morte da un gruppo di noefascisti veronesi. Un anno dopo un gruppo di “ragazzi” pestò addirittura il Procuratore della Repubblica Schinaia che indagava sulle aggressioni dei gruppi neofascisti. L’elenco, purtroppo, potrebbe continuare. Il sindaco Tosi, leghista con simpatie estese nei gruppi di destra, è stato recentemente accusato proprio da Bossi di “aver portato i fascisti dentro la Lega”con un consiglio comunale che voleva mettere un leader dei naziskin alla presidenza dell’Istituto per la Resistenza. Insomma Verona si conferma “cuore nero” del paese.
Un recente libro svela infine gli appoggi di cui ha usufruito uno dei due condannati del gruppo neonazista “Ludwig” responsabile di crimini efferati contro gay, rom, immigrati, sacerdoti. Fuggito all’estero grazie ad una rete di sostegni. Lo scrive oggi Giampolo Chavan, sul giornale locale – L’Arena di Verona – secondo cui: “C’era Una organizzazione dietro alla fuga a Creta di Marco Furlan, condannato a 27 anni in via definitiva per i fatti di Ludwig. Fuggì nei primi giorni di febbraio del 1991 prima che la Cassazione apponesse il timbro definitivo alla sentenza per la decina di omicidi di Ludwig. Un’ipotesi già emersa più volte ma mai arrivata ad un approdo giudiziario significativo nonostante le indagini dell’allora pm Aldo Celentano, oggi sostituto procuratore alla corte d’appello di Brescia. Ora, però, sull’acceleratore di questa verità sulla latitanza di Furlan ha schiacciato Wolfgang Abel, a tutt’oggi in libertà vigilata dopo aver scontato più di vent’anni di carcere. L’ha spiegato nel libro della giornalista scrittrice trevigiana Monica Zornetta dal titolo «Ludwig». Si tratta di un testo di 303 pagine, edito da «Dalai editore» che ripercorre tutta le tappe dell’organizzazione nazifascista dagli omicidi commessi tra Verona, Vicenza e Venezia fino ai tre gradi di giudizio del processo con relativi periodi di detenzione con la condanna a 27 anni di carcere. Il libro contiene anche un’intervista a Wolfgang Abel nella quale riprospetta l’ipotesi di una latitanza organizzata del suo oramai ex amico Marco Furlan, scarcerato senza obblighi da poco più di un anno, alla luce di quanto dichiara proprio in questo libro e in alcune dichiarazioni, rilasciate al nostro giornale lo scorso anno. «In quanto alla fuga di Creta», è la tesi di Abel riportata nel libro, «penso sia avvenuta grazie ad alcuni individui che presumo essere veronesi e che lui continua a coprire». Il dottore in matematica, ora impiegato in un agriturismo di proprietà di un noto esponente politico della Valpolicella, poi va ancora di più nei dettagli: «Secondo me, c’entra la politica, c’entrano persone facoltose, legate all’estrema destra». Wolfgang Abel non dice da chi ha saputo queste cose ma ne appare convinto. «Tutto quel danaro che gli è stato trovato a Creta (51 milioni delle vecchie lire secondo gli investigatori oggi 26mila euro, ndr)», prosegue Abel nell’intervista concessa a Monica Zornetta, «ritengo che gli stato dato da qualcuno che gli ha detto: “Tienili, rifatti una vita, stai fuori, basta che non tiri in mezzo nessuno». Per il dottore in matematica la fuga dell’amico di sempre ha rappresentato un duro colpo da digerire. «Mi ha tradito tutta la vita. Lì ho capito che aveva un’esistenza parallela ed è quello che penso anche adesso. Lui sta con loro e io sto qua». E con queste dichiarazioni sembra proprio che Abel metta una pietra tombale sulla sua amicizia con l’amico di gioventù.
Per il resto, Abel mantiene inalterata, come già fatto anche più volte su queste colonne, la sua proclamazione d’innocenza. Afferma che dietro a Ludwig, «c’è tanta frustrazione sessuale, non c’è una mente intelligente come la mia». Per lui, Ludwig, «è un ambiente» dove «si gioca a carte e fanno anche altro», e «possono esserci anche medici tra loro, di sicuro in mezzo c’è anche qualche criminale e anche qualche sempliciotto». Fa capire di sapere molto ma ancora una volta non sembra dire tutto su quegli episodi, verificatisi tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80. Il libro spiega quei delitti con ritmo, racconta, entra nei dettagli per far emergere anche i retroscena di quella serie di omicidi.
Restano dei misteri, però, anche perché a 30 anni di distanza, ci sono ancora alcuni delitti irrisolti. Un libro da leggere, soprattutto, per capire in quali oscuri anfratti è finita la storia della nostra città di quegli anni. Un testo per non dimenticare, perché quegli anni bui non tornino mai più in riva all’Adige”.

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