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Aldo Bianzino, ucciso in carcere

Chi ha ammazzato Bianzino non voleva lasciare segni sul corpo. Arrestato per marijuana, l’uomo è morto in una cella d’isolamento del carcere di Perugia. La procura indaga per omicidio volontario.

Aldo Bianzino, trovato morto dieci giorni fa nella cella di un carcere di Perugia, è stato ucciso. Ed è stato ucciso senza lasciar tracce esterne sul corpo. L’ipotesi a cui sta dunque lavorando la procura di Perugia è quella dell’omicidio, mentre sta vagliando la possibilità che le lesioni interne riscontrate dagli esami autoptici possano essere dovute all’atto volontario di persone al momento non identificate. Ignoti, che colpirono in modo da non lasciare segni esterni. In due parole: omicidio volontario. Particolari sempre più inquietanti emergono nel caso del quarataquattrenne piemontese che da anni viveva pacificamente nel suo casale della campagna umbra con la famiglia e che venerdì 12 ottobre fu arrestato con la compagna per possesso di piante di canapa. E dopo oltre dieci giorni dalla sua morte, rimasta confinata in prima lettura nella casistica delle «morti naturali» e approdata soltanto nelle cronache delle edizioni locali, la vicenda sta diventando un caso nazionale già oggetto di due interrogazioni parlamentari, dell’interessamento diretto del sottosegretario alla giustizia Manconi e dell’osservatorio sulla repressione del Prc che fa capo a Haidi Giuliani.Tra gli amici di Aldo, che fin dal primo momento avevano avanzato più di un sospetto sulla morte di un ragazzo che non aveva niente a che fare con giri di mala e spaccio e che tutt’al più si fumava qualche spinello, la sensazione che finalmente la procura abbia imboccato la via giusta è rafforzata dalle assicurazioni che il sostituto procuratore Giuseppe Petrazzini, che si occupa dal caso, ha dato personalmente alla famiglia: «Sarebbe mostruoso pensare che io possa coprire qualcuno», ha detto alla compagna di Aldo, Roberta Radici, e al figlio Rudra, accompagnati ieri dall’avvocato Massimo Zaganelli in procura. «La giustizia farà il suo corso». A questo punto non potrebbe fare altrimenti dopo che i risultati di una prolungata autopsia, che ancora non si è conclusa, avrebbero evidenziato lesioni profonde nella regione cerebrale che però non corrispondono a nessun segno sul corpo di Aldo. A sorpresa ieri mattina, Zaganelli ha fatto assistere alle prove autoptiche anche una consulente legale di parte, la dottoressa Laura Paglicci Reattelli, una donna di lunga esperienza (che si occupò del riconoscimento del corpo dell’estremista di destra Nardi). E il responso, non ancora definitivo, conduce a due ipotesi scartandone ampiamente una. Quella scartata riguarda la possibilità che le lesioni interne siano dovute e una caduta accidentale (dal lettino della cella ad esempio): ci sarebbe infatti un ematoma che però non c’è. Le due ipotesi possibili, entrambe riconducibili a un atto violento contro il corpo di Aldo, potrebbero invece ricondurre o a un violento sbatacchiamento del collo che ha prodotto emorragie interne o a lesioni alla materia cerebrale causate con un’arma impropria, utilizzata in modo da non far percepire i colpi (spranghe ricoperte da stracci bagnati ad esempio). Una sorta di «codice rosso» utilizzato per punire Aldo cercando poi di avvalorare la tesi del decesso per cause cardiache, come infatti era emerso in un primo tempo. Ipotesi inquietanti e che rimandano a responsabilità, individuali o collettive, che la magistratura dovrà chiarire. Come che sia, l’ombra che grava sulla prigione perugina di Capanne, anche solo per omessa sorveglianza, si allunga a vista d’occhio. Resa più oscura da almeno due elementi. Il primo è che, come ancora ieri ha confermato la magistratura umbra, Aldo in cella era solo, come richiede il regolamento. Il secondo è che Aldo fu visto in buona salute, non solo dall’avvocato d’ufficio che lo incontrò nel primo pomeriggio di sabato, il giorno prima del decesso, ma anche da altri funzionari dei servizi sociali carcerari, come ieri si è saputo. Il dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria per ora mantiene il silenzio assoluto sulla vicenda ma una risposta è attesa dal ministero della giustizia dopo le due interrogazioni depositate in Senato: quella del senatore Mauro Bulgarelli e quella presentata dai parlamentari Giovanni Russo Spena, Haidi Giuliani ed Erminia Emprin Gilardini nella quale, oltre a ben quattro commozioni cerebrali, si citano lesioni al fegato e due costole rotte. I senatori chiedono a Mastella quali «procedure urgenti» il ministro intenda avviare per «fare completa chiarezza sulla vicenda». Una vicenda dai contorni ancora tutti da chiarire e che richiederà tempo. Ciò significa inoltre che il corpo di Aldo non potrà essere restituito agli amici e soprattutto a Roberta e ai tre figli, dei quali Rudra è il minore. Un ragazzo solo quattordicenne dai «tratti nobili e belli e di una grande compostezza e serenità», come lo ha definito ieri l’avvocato di famiglia dopo l’incontro in procura col magistrato.
Emanuele Giordana
Lettera22

Comments ( 1 )

  • marcodiaz

    Questo è il mondo che hanno voluto i padri dei nostri padri…
    Personalmente sto cercando di cambiare me stesso, da tempo…ma se questo non viene fatto dalla comunita’ intera, ci ritroveremo sempre piu’ dei casi del genere.
    Il problema è nel nostro doppio fondo, nel nostro essere falsamente umani, nella nostra compiacenza intima/quotidiana.
    La colpa è nostra, del nostro menefreghismo…ed è inutile che diamo la colpa allla classe politica.
    Siamo falsi e bugiardi…e il mondo non vogliamo cambiarlo.
    L’ingistizia è di casa.
    Diaz selvaggiamente PORKODIAZ