Omissione di atti d’ufficio per Marco Pirani, ispettore di polizia giudiziaria, e l’aggiunta di favoreggiamento per Marcello Bulgarelli.
«Ora chi sa dica tutto!», torna a chiedere Patrizia, la madre di Federico Aldrovandi pochi minuti dopo la sentenza d’appello del cosiddetto Aldrovandi bis, l’inchiesta sui depistaggi immediatamente dopo la morte del diciottenne ferrarese, all’alba del 25 settembre 2005. Perché nella questura estense sono in molti a sapere cosa accadde davvero quella notte. A quindici giorni dalla sentenza definitiva per i quattro agenti condannati per l’eccesso colposo nell’omicidio colposo, giunge la conferma della condanna in secondo grado per Marcello Bulgarelli e Marco Pirani.
Il primo era il centralinista di turno quella mattina in Centrale e l’altro l’ispettore di polizia giudiziaria in procura. L’uno è stato condannato a dieci mesi per omissione di atti d’ufficio e favoreggiamento, l’altro a 8 mesi solo per l’omissione degli atti d’ufficio. Per il primo, il sostituto procuratore generale Longo aveva chiesto la conferma della condanna di primo grado mentre per il secondo aveva chiesto la derubricazione del reato da omissione di atti d’ufficio a omessa denuncia, con una riduzione di pena da 8 a 3 mesi.
Secondo l’accusa, Bulgarelli avrebbe interrotto, su richiesta del collega Luca Casoni (quello che pronunciò l’ordine «stacca!» alle 6.32 di quella mattina e poi assolto in primo grado) la registrazione di una telefonata compromettente per i quattro agenti coinvolti nella morte di Federico Aldrovandi. Pirani, invece, non avrebbe inserito nel fascicolo del pm il registro delle telefonate arrivate tra polizia e carabinieri. Bulgarelli, nel processo-madre negherà di aver manomesso la registrazione e non dirà cosa gli avessero riferito dall’Ippodromo.
La copia del registro delle chiamate tra polizia e carabinieri. Un terzo poliziotto, Paolo Marino, all’epoca dirigente della sezione volanti della questura di Ferrara è stato condannato nel marzo 2010 in primo grado a un anno per omissione. Non informò dettagliatamente il pm di turno di quanto accaduto in via Ippodromo. La sentenza d’appello è attesa in autunno.
«L’omissione e il favoreggiamento sono reati “odiosi” per un pubblico ufficiale, a maggior ragione per un funzionario di polizia», ricorda a un sito locale – estense.com – Fabio Anselmo, uno dei legali di parte civile nel primo processo Aldrovandi. «Ormai è chiaro anche nelle sentenze che la questura di allora non ha funzionato a dovere – dice ancora Patrizia Moretti – è evidente che se qualcuno ha depistato le indagini era al corrente di quello che successe in quel vuoto, in quel periodo buio, che nemmeno il processo è riuscito a illuminare».
Checchino Antonini da Globalist
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