Appello dei marocchini residenti all’estero in solidarietà con i prigionieri politici marocchini e il Hirak
Il movimento per la giustizia sociale in Marocco Hirak [1] è ancora dietro le sbarre, perciò condividiamo questo appello dalla diaspora marocchina per la liberazione dei prigionieri politici del movimento (vedi sotto).
La campagna internazionale per la liberazione dei prigionieri dell’Hirak è cominciata a fine maggio 2017, quando lo stato marocchino ha cominciato a reprimere il movimento con diverse ondate di arresti. Secondo un rapporto di Human Rights Watch [2] , i detenuti legati al movimento sono tuttora 216, nonostante la molto pubblicizzata amnistia reale di cui hanno beneficiato 42 prigionieri dell’Hirak. Il 14 giugno, il tribunale di Al Hoceima ha condannato 32 accusati – tra cui il leader più noto Nasser Zefzafi – a pene fino ai 18 mesi di carcere sulla base delle confessioni “ottenute” durante la loro detenzione.
Gli accusati hanno però pubblicamente disconosciuto le confessioni in questione, dichiarando che erano state ottenute con la violenza o con le minacce e che la maggior parte di loro non aveva potuto leggerle. Il 18 luglio, le condanne sono state ridotte in appello a un massimo di sette mesi.
Le associazioni per i diritti umani hanno denunciato diversi casi di tortura in carcere, che ad oggi non sono stati investigati dalle autorità. Lo stato marocchino ha rifiutato di autorizzare la manifestazione del 20 luglio ad Al Hoceima per la liberazione dei detenuti, dispiegando un impressionante apparato securitario per impedire che il corteo avesse luogo. Molti manifestanti sono scesi ad ogni modo in piazza, muovendosi in gruppi separati per rendere più difficili gli attacchi della polizia.
Nel corso della giornata, il venticinquenne Imad Attabi è stato colpito alla testa da una bomboletta di gas lacrimogeno sparata a corto raggio ed è deceduto l’8 agosto in ospedale. Il 29 agosto, nove detenuti sono stati colpiti da dure condanne. Tra questi, il diciannovenne Jamal Oulad Abdennabi è stato condannato a vent’anni di carcere con l’accusa di aver partecipato all’incendio di una caserma della polizia. Il 6 settembre, altri 26 detenuti sono stati condannati a pene fino a tre anni di carcere.
L’11 settembre, alcuni detenuti che aspettano il processo nel famigerato carcere di Oukacha a Casablanca sono entrati in sciopero della fame. Nel frattempo, Al Hoceima è strettamente sorvegliata dalla polizia, mentre diversi cantieri per lo sviluppo dell’infrastruttura locale sono comparsi.
Questi progetti sono una parziale concessione al movimento, anche se il regime li presenta come facenti parte di un preesistente piano per lo sviluppo della regione, che però difficilmente sarebbe stato applicato in assenza delle proteste. Si tratta di concessioni assai parziali appunto perché calate dall’alto, in assenza dei necessari cambiamenti sistemici e di un coinvolgimento della popolazione nel processo decisionale, e soprattutto perché coloro che le hanno rese possibili restano nelle carceri del reame in attesa di nuove condanne.
Nel frattempo le proteste nel Rif, per quanto più sporadiche a causa del giro di vite, non sono terminate e riaffiorano non ad Al Hoceima ma nei piccoli centri urbani della regione, come Imzouren, dove il controllo delle autorità è meno ferreo. Secondo la sociologa militante Souriyya El Kahlaoui: “L’Hirak continua soprattutto nelle località emarginate del Rif orientale. Invece di spegnersi, il movimento lavora ai margini e nei margini affonda radici. Lo stato calcola che il fatto che i leader siano in prigione soffocherà il movimento. Ma finché sussisterà il problema dell’emarginazione sociale, l’Hirak continuerà.
Al momento nessuno è in grado di dire quali saranno gli esiti del braccio di ferro tra l’Hirak e lo stato. Quello che mi preoccupa è in primo luogo il contesto internazionale odierno, nel quale i diritti umani contano sempre meno. Per questo, quando un movimento emerge, è importante sostenerlo per dimostrare che i popoli non sono disposti a rinunciare alle piccole conquiste ottenute negli ultimi trent’anni” [3] .
La società odierna è intrappolata in una dinamica di crescenti sfruttamento e disuguaglianza, con l’incapacità della maggior parte delle organizzazioni politiche e civili a svolgere il loro ruolo nel garantire e difendere i diritti dei cittadini di godere dei diritti fondamentali, ossia: istruzione, salute, lavoro e alloggio.
Attualmente il Marocco conosce diversi avvenimenti legati al movimento Hirak, per rivendicare proprio l’accesso a questi bisogni fondamentali, oltre alla dignità, alla libertà e uno stato di diritto. Questi movimenti ci portano a porci molte domande sulla complessità della realtà politica e la disuguaglianza sociale del paese.
Oggi queste lotte si fanno sempre più intense, in particolare nella regione del Rif che si ritrova da molto tempo in una situazione di abbandono e isolamento: è proprio qui che è nato, nel novembre del 2016, il movimento Hirak.
In risposta alle rivendicazioni del popolo marocchino e di Hirak, lo Stato conduce una politica di repressione, di processi giudiziari corrotti e con pesanti condanne contro dei cittadini che hanno sempre manifestato pacificamente.
In risposta a ciò che sta accadendo in Marocco, sentiamo il dovere come cittadini marocchini residenti in Italia, e altri cittadini solidali, di esprimere la nostra indignazione e il nostro sostegno al Hirak.
ECCO PERCHÉ VI INVITIAMO A PARTECIPARE ALLA GIORNATA DI SOLIDARIETÀ CON HIRAK CHE SI TERRÀ IL 20 SETTEMBRE 2017, ATTRAVERSO LA PUBBLICAZIONE SUI PROPRI SITI, BLOG, PAGINE DI FACEBOOK E ALTRI MEZZI INFORMAZIONE ONLINE QUESTO MESSAGGIO O SIMILI, ACCOMPAGNATO DAL HASHTAG #FREEMOROCCANPRISONERS [4]
[2] https://www.hrw.org/news/2017/09/05/morocco-king-brushes-evidence-police-abuse
[4] https://hirakitalia.wordpress.com/2017/09/04/appellol-freemoroccanprisonners-it-ar-fr/