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Argentina: duramente repressa la protesta dei pensionati

Con ampio uso di uno spray al peperoncino (yapa), più costoso di una pensione minima,  la polizia argentina ha represso la protesta dei pensionati. Così va l’Argentina dell’ ultraliberista Javier Milei

di Gianni Sartori

Non dovrebbe essere passato del tutto inosservato il fatto che Javier Milei e il suo ministro Patricia Bullrich hanno avviato una sistematica repressione delle proteste sociali. Contro chi si oppone in generale e contro i piqueteros (giovani e disoccupati organizzati dei quartieri popolari) in particolare.
Lanciando del tutto a sproposito accuse di “sedizione” (se non addirittura di “terrorismo”) contro chi si oppone alla svendita del Paese al grande capitale finanziario.

E alla fine nelle braci repressive son caduti pure i pensionati, solitamente risparmiati in quanto innocui (si presume) vecchietti. Così è accaduto il 18 settembre, quando erano trascorse poche ore dalla grigliata (“asado”) nella residenza presidenziale dove Milei aveva festeggiato il veto per la Ley de movilidad jubilatoria (legge sulla mobilità delle pensioni, di fatto bloccate per decreto presidenziale). Le forze di Sicurezza (nella fattispecie il corpo di Infantería y de Detención de la Policía Federal) intervenivano per reprimere una manifestazione indetta nella Plaza de los Dos Congresos davanti al Parlamento. Dove (come ogni mercoledì) un migliaio circa di anziani autoconvocati chiedevano sia un – per quanto modesto – aumento della pensione che la restituzione della copertura del PAMI (assistenza sanitaria pubblica per rimborso spese mediche, ricoveri, interventi d’urgenza etc.). Dato che chi percepisce la pensione minima (anche con l’integrazione del “bonus straordinario”) di fatto viene a trovarsi sotto la soglia di povertà, i miseri aumenti richiesti servirebbero a comprare cibo e medicine, non certo beni voluttuari.

Ufficialmente i feriti tra chi protestava sarebbero stati “solo” una decina (ma è lecito sospettare che in molti abbiano preferito curarsi in casa), sia a causa dei gas lacrimogeni che delle manganellate o dei proiettili di plastica.

Tra loro anche la deputata di sinistra Vanina Biasi. Le prime cariche e lanci di lacrimogeni si registravano mentre il corteo percorreva l’avenida Entre Rios, coinvolgendo anche persone estranee alla manifestazione che semplicemente stavano transitando.

Niente di nuovo naturalmente. Negli ultimi cinque-sei mesi solo a Buenos Aires oltre 660 persone sono rimaste ferite nel corso di manifestazioni e sit-in (si parla di quelle verificate, quindi per difetto). Un’ottantina ha subito detenzioni arbitrarie e 47 giornalisti sono rimasti feriti tra Buenos Aires, Rosario e Cordoba, sempre nel corso di manifestazioni.

Senza dimenticare le ripetute irruzioni delle forze di sicurezza in mense e centri comunitari e nei luoghi di lavoro (v. la sospensione manu militari delle assemblee sindacali dei lavoratori).

Continuando con le innumerevoli perquisizioni (in molti casi l’arresto) nelle abitazioni di aderenti a Polo Obrero e altree organizzazioni di sinistra.

Da qui la denuncia alla Corte interamericana dei diritti umani, sostenuta da gran parte delle forze di opposizione.

Recentemente anche Amnesty International ha espresso preoccupazione per il “deterioramento delle libertà democratiche in Argentina”.

 

 

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