Assolto l’indiano accusato di avere rapito una bimba. Però Alfano lo ha espulso
Quando la politica fa strage dello stato di diritto, delle libertà individuali, della giustizia. Si susseguono espulsioni di stranieri per motivi di sicurezza nazionale e in omaggio al peggior populismo penale. Ad ogni espulsione fondata sul sospetto segue un tweet entusiasta del ministro degli Interni.
Questo il commento nel caso della espulsione del signor Ram Lubhaya. “L’Italia conosce i principi dell’accoglienza per chi fugge da guerre e persecuzioni, ma è soprattutto un Paese che fa rispettare le proprie leggi e le proprie regole e chi non le rispetta o si dimostra ostile ai nostri principi, lo espelliamo. Abbiamo ritenuto, dunque, necessaria questa espulsione perché questo cittadino indiano ha leso la pacifica convivenza della nostra società. Soggetti che si rendono responsabili di simili comportamenti sono arrestati o espulsi dal nostro territorio”.
Ram Lubhaya ieri è stato definitivamente prosciolto dall’accusa infame di avere tentato di rapire una bambina. Il Gip del Tribunale di Ragusa ha deciso di archiviare e di non dare luogo a procedere. Lui non aveva la minima intenzione di fare nulla di grave. Nel frattempo però è stato sbattuto fuori dall’Italia additato al Paese e al mondo come il peggiore dei criminali. Non sappiamo se Ram Labhaya fosse o meno un immigrato regolare. Probabilmente no. Non sappiamo cosa sia stato scritto nel provvedimento di espulsione rivendicato dal ministro. Sta di fatto che quel commento del ministro Angelino Alfano è uno schiaffo al principio di presunzione di innocenza, all’idea di una giustizia fondata sulle prove e non sugli umori popolari. Ram Lubhaya è una vittima della giustizia televisiva e sommaria popolare. E’ ciò è successo nel paese che si è indignato per il processo estenuante, lungo e vessatorio nei confronti dei due marò.
Sono bastate le grida di persone che hanno visto lucciole per lanterne, accecate probabilmente dal pregiudizio verso i forestieri, per rovinare la vita di una persona.
Vorremmo tanto che qualcuno ora chiedesse scusa a Ram Lubhaya e che gli si restituissero dignità e permesso di soggiorno. Così come scusa andrebbe chiesta a tutti quegli immigrati buttati via senza possibilità di difendersi davanti a un giudice dalle accuse terribili di essere un foreign fighter, un terrorista, un presunto kamikaze.
Patrizio Gonnella da l’espresso