Una famiglia, un lavoro a tempo indeterminato, un’abitazione: tutto all’aria perché non italiano, anche se regolare. E’ la storia di Singh Sukdev, un indiano di 46 anni, a cui la Cra – Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura – ha comunicato senza preavviso lo scorso 18 settembre l’interruzione del rapporto di lavoro. «Sono partito dall’India perché povero, vivo in Italia dal 1990», racconta l’operaio. «Nel gennaio ’99 sono stato assunto per sei mesi dall’Istituto sperimentale per la Zootecnia, per lavorare in una tenuta agricola a Monterotondo. Ho continuato il mio lavoro di sempre, il mungitore. Come mio nonno, solo che lui aveva a che fare con due, tre bestie, io con più di 200». A novembre dello stesso anno, la svolta: l’assunzione a tempo indeterminato. «Mi è stato concesso un alloggio, dove insieme a mia moglie ho cresciuto due bambini, che ora hanno 9 e 10 anni. Avevo uno stipendio di 1400 euro e i buoni pasto». Una vita onesta, la sua: «Inizialmente facevo doppi durni, la mattina mi alzavo alle 3 e rientravo alle 9. Il pomeriggio stavo fuori dalle 15 alle 19.30. Poi l’anno scorso è cambiato l’orario, per via di qualche legge. Mi è stato detto che potevo fare solo 6 ore. Tutto ok, fino a settembre: il primo, mi avvertono che qualcosa non andava, ma che non dovevo smettere di lavorare. Il 18, alle 9, mi cadono addosso poche, secche parole: “qui non puoi continuare perché non sei italiano”. Ho timbrato per l’ultima volta il cartellino e ho iniziato a piangere». E ora? Dovrà lasciare casa, cambiare scuola ai figli: «Uno della mia età nessuno è disposto a prenderlo: mi sento come un morto». Dietro a questa vicenda, un intreccio di enti pubblici, tutti vigilati dal Ministero dell’agricoltura. Nel 2004 il Cra, ente attualmente presieduto da Romualdo Coviello (Pd), aveva incorporato diversi istituti sperimentali e i loro dipendenti. Tra cui Singh. Dopo quattro anni si sono accorti che chi «non ha il requisito della nazionalità italiana non può conseguire il diritto all’inquadramento nei ruoli della Cra», di fronte all’intoppo si è scelta la soluzione più semplice. «Una discriminazione bella e buona», commenta Rocco Tritto, segretario dell’Usi-Rdb Ricerca. «Un licenziamento che urta non solo contro principi costituzionalmente sanciti, ma altresì contro norme ordinarie, comunitarie e non, come quelle della Convenzione dei diritti dell’uomo. La legislazione parla chiaro: preclude qualsiasi discriminazione tra gli operatori già assunti». L’uomo, in possesso del permesso di soggiorno, aveva avviato le pratiche per ottenere la cittadinanza italiana nel 2006. «Ora si complicherà, naturalmente», prosegue Tritta. «Singh aveva aspettato due anni perché dall’India gli arrivasse il solo certificato di nascita. Ha ancora un fratello lì, ma ha avuto un brutto incidente. Gli hanno amputato la gamba e Singh gli mandava ogni mese del denaro per curarsi. E’ una situazione assurda, un orribile accanimento della burocrazia italiana nei confronti dei più deboli».
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