Benevenuti nel Far West, approvata la legge sulla legittima difesa
- marzo 29, 2019
- in misure repressive
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Giustizia fai da te. Ok definitivo del Senato con 201 sì. Ma la maggioranza si ferma a 142 voti. Mancano quelli di 16 senatori grillini, 6 «ingiustificati»
Sulla legittima difesa si potrebbe scrivere un manuale di comunicazione politica. E nel d- day consumato ieri al Senato non è stato certo il Movimento cinquestelle a offrire un modello di marketing esemplare. La legge tanto cara alla Lega è approvata in via definitiva, con larghissima maggioranza d’aula ( 201 sì, 38 contrari e 6 astenuti, tra i quali Mario Monti), ma gli uomini di Luigi Di Maio vanno in dissolvenza. Peggio: lasciano il proscenio alla celebrazione dell’alleanza di centrodestra, proprio com’è avvenuto con le ultime disastrose prove elettorali. Nel mare di voti favorevoli, infatti, alla Lega si uniscono sia gli azzurri berlusconiani che i senatori di Fratelli d’Italia. Proprio il Cavaliere dice che «il testo è migliorativo» e che però «ci impegniamo a completare questa riforma quando il centrodestra tornerà al governo».
Giorgia Meloni e il suo luogotenente per la giustizia a Palazzo Madama, Alberto Balboni, si lamentano perché «con l’alleato grillino il risultato è sempre deludente». Dulcis in fundo, i ministri- senatori dei cinquestelle scelgono di non esserci: tra i banchi dove si consumano gli abbracci tra il “vincitore” Matteo Salvini e i suoi fedelissimni, dal titolare delle Politiche agricole Gian Marco Centinaio al relatore della legittima difesa Andrea Ostellari, debba anche attraversare un calvario giudiziario», ammette il guardasigilli. «Era un punto del contratto di governo e l’abbiamo realizzato». Da manuale, in chiave positiva, sembrerebbe invece la lettura che il vincitore di tappa ( e “maglia rosa” indiscussa dei sondaggi) Matteo Salvini offre sulle modifiche agli articoli 52 e 55 del codice penale. Prima di tutto dice «grazie» agli «amici dei cinquestelle», oltre che a Forza Italia e Fd’I, e già in questo si potrebbe leggere un’impietosa doppiezza di significato: la gratitudine per i grillini che «hanno sostenuto questa battaglia di civiltà», come dice il vicepremier, ma anche per il modo, non c’è traccia né di Danilo Toninelli, né di Barbara Lezzi e neppure del sottosegretario Vito Crimi. Tutti formalmente “in missione”, con l’ulteriore aggravio di 6 senatori grillini assenti ingiustificati, tra i quali Elena Fattori e Paola Nungnes.
Risultato: passa il messaggio secondo cui la vecchia alleanza di centrodestra funziona, vive e lotta insieme a Salvini. Di più: grazie alle riflessioni di Fi e Fratelli d’Italia intrise di rammarico per l’occasione parzialmente perduta, si veicola pure l’ulteriore idea per cui se la Lega avesse definito la nuova legittima difesa solo con i vecchi buoni amici anziché con i cinquestelle, ne sarebbe venuta fuori una riforma assai più efficace. Come Berlusconi e Meloni, per esempio, anche l’abile Gasparri insinua che «la Lega ha frenato per colpa dell’alleato indeciso».
Con loro autodissolvenza involontaria, insomma, i grillini speravano di rovinare la festa dell’alleato di governo: ne favoriscono invece l’ancora migliore riuscita. L’unico a rendersi conto che in certi casi è meglio incassare con eleganza anziché fare gli sdegnosi è proprio il ministro più direttamente interessato dalla faccenda, Alfonso Bonafede: «Non ci sarà alcun far west, evitiamo semplicemente, d’ora in poi, che chi si difende legittimamente in cui gli hanno lasciato campo libero nel giorno del trionfo. Sopratttto, il leader del Carroccio ben si guarda dall’accreditare effetti non affatto consentiti dalle norme appena approvate: evita per esempio di promettere che chi spara per difendersi da un’aggressione, anche in casa propria, possa sfuggire all’inevitabile indagine del pubblico ministero.
Dice casomai che «si eliminano anni e anni di giri per i tribunali e di spese legali». E questi infatti sono effetti plausibili della “nuova” legittima difesa. All’articolo 52 si stabilisce che la difesa domiciliare ( cioè in casa ma anche nel proprio negozio o ufficio) è «sempre» legittima a condizione che l’aggressore si sia introdotto con «violenza» ( circostanza che in effetti può legittimamente indurre a temere il peggio, nei pochi istanti in cui l’aggredito deve valutare come reagire) o minacci di usare armi. Elementi che già oggi inducono i magistrati ad assolvere le persone indagate per «eccesso colposo». Così come già la giurisprudenza aveva sancito il principio della “legittima difesa putativa”: ora il secondo comma aggiunto all’articolo 55 ciorcostanzia puntigliosamente quel principio. Esclude la «punibilità» di chi, nel difendersi in casa o nel negozio ( ma non per strada), eccede i limiti previsti al sopra ricordato articolo 52, ma sempre ad alcune precise condizioni: prima di tutto, che il pericolo “sopravvalutato” dall’aggredito riguardi non i beni ma «la propria o altrui incolumità» ; e inoltre, che si trovi o in condizioni di minorata difesa, per esempio per le circostanze di tempo in cui ha subito l’intrusione, o nell’ormai famigerato «stato di grave turbamento», sempre che quest’ultimo derivi da una oggettiva «situazione di pericolo».
Maglie più larghe ma non troppo, insomma. Salvini, ci si muove con abilità, tranne che per una cosa: dice che è «una giornata bellissima». E dimentica così che si sta pur sempre parlando di casi in cui, spesso, qualcuno muore, e cioè di una tragedia. Sia per chi è morto, sia per chi si è difeso.
Enrico Novi
da il dubbio
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Il magistrato: legittima difesa senza limiti, incostituzionale
Massimo Michelozzi, sostituto procuratore di Venezia: per come è formulato il nuovo comma, anche un passante che assiste all’intrusione nella casa di un altro potrebbe sparare
«Cambia tutto. Non c’è più alcun limite alla reazione contro le intrusioni, la si presume legittima a prescindere da chi la metta in atto e da dove questo accada». Massimo Michelozzi è sostituto procuratore a Venezia e segretario di Magistratura democratica Veneto.
Qual è la novità principale a suo giudizio?
La norma più dirompente è il nuovo quarto comma dell’articolo 52 del codice penale che amplia in maniera illimitata il diritto di autodifesa. Si riferisce a «colui che compie un atto per respingere». Dunque non c’è più un limite soggettivo: può reagire non solo chi si trova nel domicilio, ma può sparare anche un passante che non è aggredito e assiste all’intrusione. E non c’è più un limite di luogo: si può intervenire anche sparando dalla strada o da lontano con un’arma di precisione.
L’intrusione però deve avvenire «con violenza o minaccia di uso di armi».
Ma violenza nei confronti di chi o cosa? Non è specificato. Se è contro le cose, l’effrazione è sempre violenta. Nemmeno minaccia è chiaro cosa voglia dire. Bisogna brandire necessariamente l’arma, o basta minacciare appunto di essere armati?
In tutti questi casi, chi reagisce sparando non sarà nemmeno indagato?
È stato sostenuto, anche in parlamento, ma è pura propaganda. È chiaro che il procedimento andrà aperto comunque per accertare i fatti. Il controllo giudiziario però sarà assai limitato. Se l’unico presupposto per giustificare la reazione armata all’intrusione è l’intrusione stessa, anche davanti a una reazione sproporzionata o non necessaria il giudice dovrà chiedere l’archiviazione. O sollevare la questione di incostituzionalità.
Fondata, secondo lei?
Sì, e per diversi profili. Il più grave è senz’altro la prevalenza accordata al diritto alla inviolabilità del domicilio rispetto al diritto alla vita. Questa aprioristica scala di valori va contro l’articolo 1 della Costituzione e l’articolo 2 della Cedu che dichiara il diritto alla vita comprimibile solo in caso di aggressione all’incolumità della persona. Non certo per difendere i beni personali o il domicilio.
Come giudica il criterio del «grave turbamento» come causa di non punibilità?
È una norma chiaramente indeterminata, il grave turbamento è difficile da accertare. Ma c’è un problema più di fondo. Dovrebbe valere per tutti i casi di legittima difesa, pensiamo al caso di un anziano rapinato in strada mentre ritira la pensione, una donna assaltata fuori casa, un autista di autobus aggredito sul mezzo dai balordi. Potrebbero ben essere gravemente turbati. Invece la non punibilità è prevista solo per la legittima difesa domiciliare. Una evidente la irragionevolezza. Un altro profilo di incostituzionalità.
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L’avvocato: illegittima propaganda, valuterà comunque il giudice
Gian Domenico Caiazza, presidente dell’Unione camere penali: pericoloso che si diffonda l’idea che all’interno del proprio domicilio si possa reagire impunemente
«Cambierà molto poco. La pretesa è chiara, sottrarre alla discrezionalità del giudice la valutazione di un fatto anche molto grave, come può essere un fatto omicidiario. Ma non andrà così, non può andare così. Si sta diffondendo una fake news». L’avvocato Gian Domenico Caiazza è il presidente dell’Unione camere penali.
Dunque è una piccola riforma, secondo lei?
Ho letto che anche i protagonisti di vecchie vicende, persone processate per casi di autodifesa armata, persone che proprio i sostenitori della riforma porteranno in parlamento, raccontano di essere state alla fine assolte. Oppure hanno l’onestà di dichiarare che anche con le nuove norme sarebbero state comunque condannate. Com’è normale che sia per chi spara alle spalle a un ladro che fugge e per tutti quei casi talmente eclatanti che non possono evidentemente rientrare nella difesa legittima. Dunque anche i testimonial di questa legge dimostrano che non è una legge necessaria.
E allora l’allarme è esagerato?
Un momento, un aspetto negativo c’è senz’altro. Si sta diffondendo l’idea che all’interno del proprio domicilio o del proprio luogo di lavoro si possa reagire comunque e impunemente. Per ragioni di pura propaganda si sta presentando questa legge come un evento epocale, quando la modifica vera è stata quella del 2006 che ha introdotto la legittima difesa domiciliare. Andare oltre quella non si può, se non appunto con gli slogan. Potremmo non preoccuparcene, dal momento che nemmeno questa riforma potrà sottrarre la valutazione del caso alla discrezionalità del giudice. Ma purtroppo dobbiamo preoccuparcene, perché può diffondersi una convinzione di impunità, un invito a farsi giustizia da soli che avrà effetti molto pericolosi. Opposti alla tanto invocata sicurezza dei cittadini.
Come giudica il criterio del «grave turbamento» come causa di non punibilità?
L’intenzione è quella di ridurre l’alea nella valutazione dello stato d’animo di chi spara all’interno del suo domicilio. Ma non ne viene fuori un criterio oggettivo. Come si fa a distinguere il turbamento semplice dal turbamento grave? Siamo davanti all’illusione, per altro non nuova, che con un aggettivo si possa modificare o persino escludere il libero convincimento del giudice. Dal quale invece non si scappa. Anche questa è una falsificazione. Assieme alla creazione artefatta di un allarme che non c’è, come dimostrano i numeri. I casi di legittima difesa sono pochissimi, quattro o cinque l’anno.
Andrea Fabozzi
da il manifesto