Giovedi 11 marzo, sono cadute davanti al Tribunale di Torino le accuse di devastazione e saccheggio a carico dei maggiorenni arrestati per l’assalto alle vetrine dei negozi del centro.
Il giudice Agostino Pasquariello non ha convalidato gli arresti, differenziato le posizioni degli indagati: per sette ha disposto la custodia in carcere, per otto i domiciliari e per gli altri l’obbligo di dimora.
Interessanti le motivazioni.
Secondo il giudice il fermo non può essere convalidato perché “eseguito a oltre quattro mesi di distanza dai fatti“, un lasso di tempo che “rende difficile ipotizzare l’attualità di un pericolo di fuga“.
Per quanto riguarda invece la richiesta del reato di “saccheggio e devastazione”, riqualificata da Pasquariello, “non si condivide la qualificazione giuridica dei fatti operati dal pubblico ministero. E’ fatto notorio che il 26 ottobre si siano verificati episodi di violenza e di scontro con le forze dell’ordine ad opera di una frazione di partecipanti. Trattasi di singoli episodi di aggressione perpetuati da singoli individui in danno di singoli negozi. Nessun altro fatto è allegato e investigato dagli inquirenti“.
In pratica: l’”indagine” si è limitata all’identificazione dei ragazzi ripresi nel video e ad elevare contro di loro una fattispecie di reato più grave rispetto ai fatti. Nella evidente convinzione che contro di loro, privi di qualsiasi “copertura” sociale o politica, si possa far di tutto.
Una convinzione che dice molto sugli “inquirenti”, la loro “cultura”, ecc.
Federico Rucco
da Contropiano