Campagna intimidatoria di Israele contro Amnesty per il rapporto sull’apartheid
Amnesty International, ha pubblicato ieri primo febbraio, un importantissimo e dettagliato rapporto, sulla situazione dei diritti dei palestinesi sotto l’occupazione israeliana, e nello stesso Israele. Attacchi del governo israeliano e sui social al documento che accusa lo Stato ebraico di Apartheid
di
Un rapporto onesto e coraggioso, in quanto tanti governi e istituzioni internazionale, continuano a mantenere un silenzio assordante, sulle pratiche malvagi dei governanti e dell’esercito d’Israele, e dei loro coloni, nei confronti del popolo palestinese.
Il rapporto ha suscitato forti reazione israeliane, ovvie, al punto di accusare ingiustamente Amnesty di antisemitismo. Il ministero degli Affari esteri israeliano ha lanciato un attacco ad Amnesty International, sullo sfondo di un rapporto pubblicato, martedì 1 febbraio, che si conclude con la dichiarazione che Israele è uno “Stato di apartheid”.
Le dichiarazioni del ministro degli Esteri israeliano Yair Lapid contro Amnesty International descrivono il rapporto vergognoso e previo di credibilità e giustizia. Il ministero degli Esteri israeliano ha affermato che le conclusioni di Amnesty International sono “falsi, di parte e antisemiti” mentre il ministro degli Esteri israeliano l’ha attaccata dicendo: “In passato, Amnesty International era un’organizzazione rispettata, che tutti rispettavamo, e oggi è la esatto opposto”.
Queste dichiarazione si collocano nel contesto di un approccio israeliano basato sull’intimidazione di individui ed istituzioni attive nella difesa di diritti umani, e mettere in discussione la loro credibilità, cosa che in precedenza sono state oggetto molte organizzazioni per i diritti umani e di coloro che ne sono responsabili. Invece di rivedere la sua politica discriminatoria e le gravi violazioni dei diritti umani, Israele ha scelto di attaccare l’organizzazione e descrivere il rapporto come un accumulo e riciclaggio di bugie provenienti da ben note organizzazioni di odio anti-israeliano.
La campagna israeliana di incitamento contro Amnesty è collegata al suo rapporto del titolo “Il regime dell’apartheid israeliano contro i palestinesi: un regime crudele basato sul dominio e un crimine contro l’umanità”, che ne svela oggi i dettagli, e conclude che Israele è uno stato di apartheid, sulla base della sua continua occupazione delle terre palestinesi e delle sue pratiche discriminatorie contro i palestinesi.
Il rapporto di Amnesty ha documentato violazioni che includono la confisca di terre e proprietà palestinesi su larga scala, uccisioni illegali, sfollamenti forzati, severe restrizioni ai movimenti e negazione dei diritti di nazionalità e cittadinanza palestinese, poiché queste violazioni costituiscono componenti di un regime razzista e discriminatorio ciò equivale a un crimine contro l’umanità ai sensi del diritto internazionale, conclude il rapporto “Amnesty”.
“Il nostro rapporto espone la reale portata del sistema dell’apartheid in Israele”, ha affermato la segretaria generale di Amnesty International, Agnes Callamard, “Sia che i palestinesi vivano a Gaza, Gerusalemme est, Hebron o lo stesso Israele, sono trattati come un gruppo etnico inferiore e sproporzionatamente negati loro diritti in modo Sistematico. Ci è diventato chiaro che le dure politiche di discriminazione, espropriazione ed esclusione perseguite in tutti i territori sotto il controllo di Israele equivalgono chiaramente all’apartheid. È dovere della comunità internazionale agire”.
Ed ha aggiunto: “Non c’è alcuna giustificazione possibile, per un sistema costruito sull’oppressione razzista istituzionalizzata e prolungata, di milioni di persone. L’apartheid non ha posto nel nostro mondo e i paesi che decideranno di accettare gli eccessi di Israele si troveranno dalla parte sbagliata della storia. Governi che continuano a fornire armi a Israele e a proteggerlo dalla responsabilità davanti alle ONU, sostengono un regime di apartheid, minano il sistema legale internazionale ed esacerbano le sofferenze del popolo palestinese. La comunità internazionale dovrebbe confrontarsi con la realtà dell’apartheid in Israele e perseguire le numerose vie della giustizia, che vergognosamente non sono ancora esplorate”.
Gran parte degli israeliani, o almeno la maggioranza ebraica della popolazione, condivide la netta condanna di Amnesty inclusa l’accusa di «antisemitismo». Quasi tutti i commenti apparsi sui siti d’informazione e sui social vanno in quella direzione. Non mancano però voci diverse che chiedono di riflettere su quanto scrive l’Ong per i diritti umani, tra cui l’israeliana B’Tselem che lo scorso anno accusò ugualmente Israele di Apartheid e fu seguita dopo qualche mese anche da Human Rights Watch. Un editoriale sul giornale Haaretz definisce «isterica» la reazione del governo israeliano e critica l’accusa di «antisemitismo» rivolta a una organizzazione per i diritti umani che ha costruito la sua credibilità nel corso di vari decenni.
In casa palestinese la soddisfazione è enorme. I social sono pieni di post e tweet che approvano i contenuti del rapporto. Mustafa Barghouti, segretario del Partito per l’Iniziativa Nazionale, ha elogiato Amnesty per il suo «coraggio» e ha chiesto agli arabi di non stabilire rapporti amichevoli e alleanze con Israele. «È vergognoso che alcuni Stati arabi normalizzino le relazioni con il regime dell’Apartheid», ha affermato. Diana Buttu, esperta di diritto internazionale, diceva ieri al manifesto che il fatto che «una organizzazione come Amnesty si sia unita all’accusa di Apartheid lanciata a Israele aumenta nettamente le possibilità che la Corte penale internazionale prosegua l’iter per un’indagine (contro Israele) per crimini contro l’umanità e di guerra», anche se l’Autorità nazionale palestinese, come vorrebbero alcune voci, dovesse in futuro per ragioni politiche rallentare o fermare la sua azione. L’Anp comunque conferma la sua iniziativa alla Cpi. Un comunicato del ministero degli esteri palestinese ieri esortava il procuratore internazionale «a indagare senza indugio sul crimine contro l’umanità dell’Apartheid commesso da Israele».
Il rapporto di Amnesty è giunto nel pieno delle proteste per il comportamento di due ufficiali dell’esercito israeliano accusati di aver provocato la morte di un anziano palestinese tre settimane fa in Cisgiordania. Abdel Majid Assad, 78 anni, durante un raid notturno nel suo villaggio fu bendato, ammanettato e abbandonato in un edificio in costruzione malgrado la temperatura fosse molto bassa. L’uomo dopo qualche ora è morto di infarto. I due ufficiali ha detto il capo di stato maggiore Aviv Kochavi, hanno dato prova di «fallimento etico». I palestinesi replicano che l’accaduto non è un’eccezione ma il modus operandi abituale dei soldati durante le incursioni nei centri abitati in Cisgiordania.
Forse, come tanti pensano, il rapporto di Amnesty cadrà nel nulla, come tanti altri rapporti e risoluzioni dell’ONU, ma questo non esclude l’importanza del rapporto, che i palestinesi possono utilizzare davanti alla Corte Penale Internazionale. E che le associazioni, i comitati di solidarietà con la Palestina, possono utilizzare il rapporto per smascherare il regime di apartheid israeliano, e chiedere, e pretendere che i governi europei, adottino nuove politiche nei confronti di questo regime di apartheid.