Carabiniere ammazza Davide Bifolco, ma a processo vanno suo padre e suo fratello
- maggio 26, 2015
- in malagiustizia, malapolizia
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I Carabinieri sostengono che il colpo di pistola partì per caso, ma la versione della famiglia del 17enne è diversa. È la storia di una notte balorda, e di un ragazzo di 17 anni morto sparato. La notte tra il 4 e il 5 settembre del 2014, intorno alle 2 e 30, in via Cinthia, nel quartiere Traiano, un motorino Honda Sh con a bordo tre persone non si ferma all’alt dei carabinieri.
Ne nasce un inseguimento, che va avanti fino a Fuorigrotta, quando dalla pistola di servizio di un agente parte un colpo. Il motorino cade: uno de tre a bordo riesce a scappare, un altro viene ammanettato, il terzo rimane a terra in una pozza di sangue.
Si chiamava Davide Bifolco, il 29 settembre sarebbe diventato maggiorenne. Dalle foto sembrava un ragazzo come decine di migliaia di altri: lo sguardo sveglio, i capelli rasati di lato, gli occhiali da sole. La classica espressione di chi non è ancora un adulto ma non è più nemmeno un bambino. Alla diffusione della notizia della sua morte seguono manifestazioni e rabbia generica contro le forze dell’ordine. La politica, va da sé, si divide tra chi dice che “bisogna fermarsi all’alt” e chi chiede giustizia per un ragazzo morto ammazzato.
In mezzo, il solito circo di pregiudizi antimeridionalisti, cattiverie assortite verso Napoli e i napoletani, un clima di generico sospetto che si risolve nella domanda “perché tre ragazzi erano a spasso alle tre di notte?”. Come se la risposta a questa domanda potesse essere un colpo di pistola e un ragazzino ammazzato.
Si potrà dire qualsiasi cosa sulle regole e sul loro rispetto, ma chiunque a 17 anni ha combinato qualche guaio, chiunque sarebbe potuto stare su quel motorino. Quello che stupisce, di tutta questa storia, è infatti la mancanza della benché minima pietà della vittima, almeno da parte di parecchi osservatori interessati.
Tutto il resto – dalla Legge Reale che consente parecchie cose agli uomini in divisa in caso di violazione di un posto di blocco fino a tutte le considerazioni e ai sociologismi -, tutto il resto viene dopo. Quando si parla di Davide Bifolco bisogna sempre ricordarsi che si sta parlando della morte di un ragazzino: in pochi, per quanto assurdo possa sembrare, riescono a fare questo distinguo, ma nessuno sarà mai in grado di giustificare davvero l’esplosione di un proiettile contro un 17enne. Comunque, sui fatti della notte tra il 4 e il 5 settembre, ci sono due versioni, divergenti nei punti fondamentali, laddove la storia della morte di Davide può assumere un peso o un altro, nella narrazione della mala polizia.
Questa la versione dei carabinieri: quella notte il Nucleo Radiomobile aveva segnalato a tutte le unità la presenza di un latitante a bordo di un motorino, che si aggirava per le strade di Napoli. Quando una pattuglia ha fatto cenno ai tre ragazzi di fermarsi, questi non hanno obbedito e sono scappati. Nella fuga, però, avrebbero urtato un’aiuola e sono caduti.
Uno dei carabinieri, a questo punto, avrebbe preso a inseguire il presunto latitante, che però si sarebbe come volatilizzato nel nulla. Un altro carabiniere, con l’arma di ordinanza senza sicura nella sua mano destra, sarebbe invece sceso dall’auto di servizio per bloccare gli altri due passeggeri dello scooter. Così, nel tentativo di fermarne uno – Salvatore Triunfo, 18 anni, piccoli precedenti, l’agente sarebbe inciampato e dalla sua pistola sarebbe partito, per puro caso, un colpo che si è andato a conficcare nel torace di Bifolco che si stava alzando da terra. La traiettoria del proiettile, dunque, è andata dall’alto verso il basso. Perché la pistola era senza sicura? Perché lo consente il regolamento, dice il suo avvocato difensore.
La famiglia Bifolco, assistita da un veterano dei casi di mala polizia come l’avvocato Fabio Anselmo, ha però una versione diversa dell’accaduto. Una storia alternativa costruita grazie a delle indagini condotte per conto proprio, con sei testimoni a confermarla. In sostanza, sarebbe stata l’auto dei carabinieri a speronare il motorino, e poi l’agente avrebbe sparato volontariamente ad altezza d’uomo, trafiggendo in pieno il cuore di Davide. Il mistero che nei primi giorni ha tenuto banco riguardava l’identità della terza persona sul motorino: per i carabinieri si trattava del latitante Arturo Equabile, in realtà poi venne fuori che era Enzo Ambrosino, un ragazzo che qualche giorno dopo i fatti arrivò a dichiarare spontaneamente di trovarsi insieme a Bifolco e a Triunfo, quella notte.
Perché i tre non si sono fermati all’alt dei carabinieri? Per paura. O meglio, perché il guidatore andava in giro senza patentino, perché erano in tre a bordo e perché il mezzo non era assicurato. Valeva la pena mettersi nei guai per questo? No, probabilmente no. Ma bisogna sempre ricordare che questa è una storia di ragazzini, e comunque la sanzione per il fatto di girare senza documenti non può essere un colpo di pistola.
Un altro particolare: ancora Anselmo, attraverso le sue indagini, è entrato in possesso delle riprese fatte da alcune telecamere poste all’ingresso di una sala giochi vicina al luogo dell’inseguimento. Le immagini sono piuttosto eloquenti. Si vede il carabiniere entrare nel locale con la pistola salda in pugno e intimare a tutti i presenti di rimanere fermi con le mani in alto. Cosa vuol dire questo? “Il video dimostra lo stato psicologico in cui si trovava il carabiniere in quel momento”, la risposta di Anselmo. A nove mesi dai fatti, il 3 giugno prossimo, a Napoli si svolgerà l’udienza preliminare per il carabiniere che sparò a Davide. L’ipotesi di reato è omicidio colposo aggravato dall’aver commesso il fatto con violazione dei doveri inerenti a un pubblico servizio. Con la consapevolezza che, comunque vada, si tratterà di un’odissea giudiziaria, il processo pare destinato almeno a cominciare.
In parallelo a questo processo, però, esiste un’altra inchiesta, le cui indagini sono state chiuse appena qualche giorno fa. L’avviso di chiusura della procura di Napoli ha questi due destinatari: Bifolco Giovanni e Bifolco Tommaso, padre e fratello della vittima. I due sono stati invitati a nominare un avvocato.
Perché? Perché, “in concorso tra loro, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso – recitano gli atti, in un luogo pubblico, più precisamente presso i locali e l’area esterna” dell’ospedale di Napoli, avrebbero offeso “l’onore e il prestigio” di alcuni carabinieri con frasi come “mi avete ammazzato il figlio buono”, ma anche “vieni con me in una stanza e ti faccio vedere come ti ammazzo con le mie mani” e ancora, “siete carabinieri di merda, non siete nessuno, nel Rione Traiano comandiamo noi, vi prendete i soldi dalle piazze di spaccio, vi metto il cazzo in bocca a voi e le vostre famiglie”, e in-
fine: “riuscirò a sapere i vostri nomi e l’indirizzo di casa vostra per venirvi ad ammazzare, i vostri figli faranno la stessa fine di mio fratello che me lo avete ammazzato senza alcun motivo. Se vi vedo nuovamente nel Rione vi sparo in testa” e “so dove venirti a prenderti, ti ho riconosciuto, ti devo sparare in testa”. Frasi pesanti, non c’è dubbio su questo, ma stiamo parlando di due uomini a cui hanno appena portato via quello che per l’uno rappresentava un figlio e per l’altro un fratello. Come si reagisce quando succede una cosa del genere?
Qual è il comportamento da tenere? Come si fa a non cadere preda della rabbia e della disperazione? In più bisogna ricordare come fu la stessa famiglia Bifolco che, quando le proteste contro la polizia stavano salendo di tono, invitarono tutti quanti a non commettere violenze nel nome di Davide. Così, oltre al processo per la morte del ragazzo, bisognerà far fronte anche a quest’altra storia: quando al dolore si aggiunge altro dolore e la via d’uscita non esiste. Quando vuole, solo quando vuole, la giustizia sa essere implacabile.
Intanto, i Bifolco hanno prudentemente nominato un loro portavoce, si tratta di Gianluca Muro, già vicepresidente dell’associazione intitolata a Davide, “Il dolore non si ferma”. Questo il suo commento, raccolto dai giornali locali lo scorso marzo, quando le indagini si chiusero con l’ipotesi dell’omicidio colposo: “La giustizia sta facendo il suo corso, e ci fa piacere che man mano la magistratura stia ricostruendo la dinamica di ciò che accadde quella notte, stabilendo le responsabilità, anche se il percorso è ancora lungo. Vogliamo soltanto che si faccia chiarezza sulla morte di un ragazzo che aveva la sola colpa di essere per strada alle tre del mattino”. E tutto è finito nel lampo di uno sparo, tra le strade di un quartiere di Napoli, in una notte di fine estate.
Mario Di Vito da il Garantista
ho solo una cosa da dire,articolo “di parte” che non tiene conto di nulla se non della propria opinione.
c’è da tenere conto di alcune cose
ORA;LUOGO;RISCHI.
Vorrei rammentare il caro scrittore di questo misero articolo che napoli DI GIORNO è un luogo al quanto “pericoloso” ,sopratutto se non sei della zona e quindi non hai le così dette “spalle coperte” ,siete mai stati a napoli di notte? suppongo di si , e sò per certo che conoscete anche voi cosa si prova ad incontrare “ragazzini” sul motorino, gli stessi che hanno sparato ad un carabiniere un mese prima di questo “omicidio” , gli stesso che in più articoli hanno distrutto auto o picchiato ragazze nella zona universitaria per puro divertimento, gli stessi che hanno pestato un signore che tentava di difendere una ragazzina uscita dal università,gli stessi che in questo periodo stanno facendo rapine su rapine.
Caro Mario Di Vito, sei proprio sicuro di non aver risposte sul “perchè la pistola era senza sicura” ? io credo che ne hai anche più di me.
vorrei che voi tutti vi metteste un istante a ragionare e mi spiegaste il motivo per cui un carabiniere avrebbe dovuto rischiare un posto di lavoro sicuro,di finire in carcere e di farsi odiare da mezza italia.
Mi sa che vi meritate l’italia, ve la meritate tutta.vi meritate forze del ordine che non facciano il loro lavoro poichè potrebbero infastidire qualcuno, o che non lo facciano per paura di essere uccisi o di dover uccidere.
mi sa che vi meritate i politici che avete eletto così come vi meritate la crisi che ci sta opprimendo.
ma stai zitto Luca, questi famosi carabinieri che alla fine dei conti non concludono mai nulla, ci sono cose molto più importanti in Italia da fermare, non i ragazzini. Fanno i potenti, si credono chi sa chi, ma sono solo marionette di uno Stato mafioso e ingiusto, che andassero ad ammazzare il vero male…per legge comunque non è giustificato quest’omicidio, mai nella vita, perciò ancora una volta addio giustizia.
il giorno in cui avrai bisogno chiama Batman allora..
Luca sei semplicemente un grande!!!!!!
“la sola colpa di essere per strada alle tre del mattino”?
forse ti sei dimenticato che oltre a quella c’era anche che
– erano in tre su un motorino
– il motorino non era assicurato
– non si sono fermati all’alt dei Carabinieri
A parte la piena condivisione del commento di Luca io verterei su un altro piccolo ma non meno rilevante aspetto della questione: Sino a quanto l’età di chi delinque debba essere portata a “discolpa” di chi delinque? Il definire….”ragazzino” colui che scentemente viola norme, scappa dalla “legge” come se scappasse di casa….”perchè stanco di obbedire ai genitori”, volutamente, poichè nulla e nessuno lo obbliga a farlo, dirige il prorio mezzo contro coloro che in quel momento per lui sono un “ostacolo” e un pericolo. C’è qualcosa che oltre al mero definirlo…”povero ragazzino” distingue colui che, al pari di quest’ultimo, tiene lo stesso comportamento ma ha…..”un anno in piu'”…E’ l’età a fare la differenza o è la “determinazione” a delinquere? La coscenza sporca determina i comportamenti, unitamente al contesto sociale di una “non educazione” alla “Legalità ed al rispetto per le regole”, della quale tutti ne sono complici…”La famiglia, il contesto sociale, la scuola, l’ambiente lavorativo”, tutti complici del comportamento criminale. Io sono sempre partito da un presupposto nella mia vita….”Se non ho nulla da nascondere, se sono pulito, se la mia coscenza è libera nei confronti della legge e di chi in qul momento la rappresenta, non ho problemi ad assolvere al dovere di fermermi ad un alt, perchè fermermi vuole solo dire…”Grazie signor Carabiniere che mi controlli” perchè come fermi me, che non ho nulla da nascondere cosi’ al poso mio sarebbe potuto esserci un assassino che forse….se non l’avessi fermato….qualche minuto dopo avrebbe potuto uccidere me!!!!!!!!! Cosa puo’ sapere il Poliziotto, a priori, che si fermerà al suo alt?
O chi non si fermerà? Il presupposto è questo….Chi non si ferma e tenta, in qualsiasi modo, di sottrarsi all’ordine non è a posto percui….Vi sono stati svariati casi lo stesso di CC che, inseguendo motorini in fuga, gli occupanti si sono voltati all’improvviso e hanno sparato, uccidendo il CC e allora…..Prevenire molto spesso fa la differenza….Soprattutto quando i presupposti di….”colpevolezza” nei comportamenti e negli atteggiamenti degli inseguiti sussistono tutti. E’ ora scossa che le “Regole” tornino ad essere fatte rispettare da tutti….diciasettenni e minori in primis…Si puo’ permettere tacciandole sotto…”Ragazzate” che compagni di scuola vengano massacrati di botte per puro divertimento? O che si viaggi nella schifosa omertà di complici osceni che hanno gettato dalla finestra un loro compagno di scuola…qualunque ne sia la loro…”Perversa e delinquenziale” motivazione? Si puo’ continuare a giustificare una…”sedicenne” che picchia selvaggiamente una compagna….per…”Gloria e onore mediatico”? Questi stessi signori….pensate che un giorno, ad un “alt” delle Forze dell’Ordine” si fermino di buon grado? Io credo proprio di no. Allora, che i genitori, gli insegnanti, gli psicologi, le assistenti sociali e certi magistrati la smettano di porsi motivazioni inutili a comportamenti che derivano solo ad una assurad carenza educativa che riporti alla necessaria differenza, i giovani, tra quello che “si puo'” e quello che “non si puo'”, tra quello che è “Lecito” e quello che “non è lecito”, tra il senso “Della giustizia” e il senso “Dell’ingiustizia”, tra chi “Opera per “difendere la giustizia” e tra chi “Opera per distruggere la giustizia e la libertà”. I carabinieri, la Polizia, e le Forze dell’Ordine in generale, sono “barriere umane” poste a “Delimitare i confini di queste antitesi” e hanno tutti i doveri, nell’ambito del consentito dalla legge” di proteggere il lato giusto della barricata…..E i giudici hanno il dovere di rispettare il lavoro di questi nostri eroi…..Chi si pone dall’altra parte della barricata ha fatto una scelta, libera e coscente, per cui deve solo accettare di pagarne le conseguenze….W la Democrazia, W la Giustizia.
Il ragionamento è senza senso e non tiene conto della Legge. Per la legge ciò che ha fatto il carabiniere è illegale. I tre in fuga stavano commettendo delle infrazioni e dei reati e dovevano essere bloccati e ammanettati, no fatti scappare e ricevere proiettili. I carabinieri si sono comportati in modo non professionale, pericoloso e criminoso a loro volta. Chi ha sparato, deve essere processato. Tutto il contesto e le sue opinioni sulle barricata, i ragazzi e i reati sono solo un modo per sfogare la sua penosa e personale frustrazione. Oltretutto, il cinismo verso il 17 enne morto è penoso e non tiene conto del contesto che invece tanto ha usato per argomentare le sue opinioni e il suo sfogo.
Non so dove segnalare questa, per così dire, stranezza.
In pratica mi sono accorto che il nome di Davide Bifolco non esce come suggerimento su Google; neanche scrivendo “davide bifolc”.
carissimo ed esimio Sig .Luca , napoli come milano roma parigi e new york ha un tasso di pericolosità equiparato alle aree metropolitane . le cazzate quali “spalle coperte” forse le ha viste in qualche film sulla camorra di Mario Merola negli anni 70 dove regnava sovrana la sceneggiata. In merito alle altre cazzate scritte vi invito a riflettere….. perchè puoi anche inveire minacciare imprecare fuggire viaggiare a tre su un motoveicolo ,ma cio non autorizza un essere umano a togliere la vita ad u altro essere umano .
e fin qui il mio pensiero moderato – pensiero reale alla Sgarbi : CAPRE!!!!