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Carcere: Sovraffollamento e condizioni di vita peggiori per i detenuti

Carceri sovraffollate e condizioni di vita peggiori per i detenuti. Questa la fotografia che il Garante Nazionale delle persone detenute Mauro Palma ha fatto al Parlamento questa mattina, invitandolo a riflettere sulla situazione nei penitenziari italiani.

Preoccupa, in particolare, il crescente sovraffollamento, con oltre 60mila i detenuti a fronte di una capacità di 46mila posti letto. Cresce anche il numero totale dei detenuti, +2.047 rispetto al 2018, a fronte di un minor numero di ingressi.

Nel mirino del Garante anche la Legge Salvini con la quale si sono nuovamente allungati i tempi del trattenimento dei migranti nei CPR e che, Secondo Palma, fungerebbe da messaggio disincentivante da inviare a potenziali partenti. Infine, di fronte ai crescenti episodi di abusi in divisa, monito anche alle Istituzioni “affinché accertino e sanzionino tempestivamente ogni segnalazione”.

Il commento di Susanna Marietti dell’associazione Antigone presente questa mattina alla presentazione del rapporto del garante nazionele delle persone detenute. Ascolta o scarica

da Radio Onda d’Urto

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LA RELAZIONE DI MAURO PALMA AL PARLAMENTO

«La percezione della mancanza di sicurezza è tema che viene sempre frapposto a chi – come il Garante – cerca di trovare quel baricentro avendo ben chiaro che ogni persona, nativa o straniera, libera o ristretta, capace o meno di intendere o in qualsiasi altra condizione ha diritto al rispetto della propria dignità personale e alla propria integrità psichica e fisica». Lo ha detto ieri il Garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà, Mauro Palma, nella sua relazione al Parlamento. «Un diritto – ha aggiunto il Garante – che comporta altresì l’obbligo di garantirle la maggiore autodeterminazione possibile nei limiti dati dalla sua condizione e nel contesto dei valori e principi che la nostra Costituzione tutela. A essi io aggiungo il diritto alla speranza». Un intervento illuminato ed illuminante quello del Garante in un periodo in cui populismo giudiziario, razzismo e xenofobia mettono in pericolo il rispetto dei diritti delle persone private della libertà – detenuti, migranti, uomini e donne non autosufficienti -, «indipendentemente dalla ragione che abbia determinato tale privazione, nella consapevolezza che queste persone sono tutte unite da una intrinseca vulnerabilità che richiede protezione». Palma, coadiuvato nell’esposizione della Relazione dalle due componenti del Collegio del Garante – Daniela de Robert ed Emilia Rossi – ha sottolineato, in contrapposizione ai semplicistici slogan “chiudiamo i porti”, “gettate la chiave e fateli marcire in galera”, che la percezione di personale insicurezza, alla base di specifici provvedimenti atti a ridurre per tutti i margini di libertà e alla quale invece si contrappongono dati e statistiche per cui, ad esempio, si assiste a una radicale diminuzione dei reati, «non può essere semplicemente assunta, da parte di chi ha responsabilità istituzionali, come un dato, fisso e ingiudicabile; non può costituire il criterio informatore di norme né di decisioni amministrative perché queste hanno sempre un valore di costruzione del sentire comune e chi ha il compito di regolare e amministrare la cosa pubblica ha altresì il compito di scelte che possono talvolta andare contro la supposta percezione della collettività, proprio per dare ad essa una prospettiva meno angusta e un orizzonte di evoluzione» . La Relazione – esposta alla presenza del Capo dello Stato Sergio Mattarella, del Presidente della Camera dei Deputati Roberto Fico, del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, del Presidente della Corte Costituzionale Giorgio Lattanzi, del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, del Presidente del Cnf Andrea Mascherin, raccoglie le osservazioni, le analisi, le criticità emerse nel corso dell’anno a seguito delle visite effettuate negli istituti di pena per adulti o minori, nelle Rems, nelle camere di sicurezza delle diverse Forze di polizia, nei centri di trattenimento per i migranti irregolari, hotspot e anche su una nave.

Il sovraffollamento non è una fake news. Lo ha specificato il Garante: alla data del 26 marzo 2019 su 46904 posti regolamentari disponibili nei 191 istituti di pena erano presenti 60.512 persone; 13608 detenuti in più, con un sovraffollamento del 129%. Della stessa idea il presidente Fico che nel suo discorso di apertura aveva detto: “Il sovraffollamento delle carceri diventa una pena aggiuntiva; su questo i miglioramenti sono stati timidi e parziali in questi anni”. Palma ha poi dichiarato: “l’attenzione geometrica alla ” cella” non deve far perdere il principio che la persona detenuta deve vivere la gran parte della giornata al di fuori di essa impegnata in varie attività significative. Il nostro modello di detenzione continua, al contrario, a essere imperniato, culturalmente e sul piano attuativo, sulla permanenza nella ” cella”, così vanificando la proiezione verso il dopo e il fuori’.

Nel 2018 i casi di suicidio sono stati 64: un numero che ha segnato un picco di crescita rispetto all’anno precedente ( 50 nel 2017) e che ha raggiunto un livello che non si riscontrava dal 2011. Nei primi tre mesi del 2019, dieci persone si sono tolte la vita in carcere, circa una a settimana.

Non è possibile “guardare positivamente la riduzione della pressione sul nostro Paese della migrazione” “senza rivolgere lo stesso sguardo al numero di morti in quel mare che un tempo era “nostrum” in quanto condiviso da entrambe le sponde e che ora si è tramutato in un muro’. Così il Garante Palma, che ha aggiunto che deve essere “doveroso e assoluto” il “rispetto del principio di non rinviare le persone verso Paesi in cui possano essere a rischio di trattamenti inumani o degradanti se non di tortura’. Il Garante ha effettuato, nel corso del 2018, 42 visite ( con l’accesso a 100 luoghi di diversa tipologia e delle diverse aree d’intervento) e monitorato 34 voli di rimpatrio forzato, in particolare verso la Tunisia e la Nigeria e le persone rimpatriate sono state complessivamente 6.398.

Gli hotspot attualmente operativi sono quattro: Lampedusa ( Agrigento), Messina, Pozzallo ( Ragusa) e Taranto. Nei primi due mesi e mezzo del 2019 sono passati per gli hotspot 417 persone, di cui 27 donne, 62 minori di cui 18 non accompagnati ( Msna). La permanenza media all’interno di tali Centri varia molto: ben 37 giorni a Messina, 4/ 5 giorni a Lampedusa, 72 ore a Pozzallo ( 48 ore per i Mnsa), 12 ore di Taranto ( 2 ore per i Msna). Si tratta di dati che confermano la problematicità degli hotspot nei quali le persone sono trattenute senza un mandato dell’autorità giudiziaria. Ciò pone un problema di legittimità ai sensi dell’articolo 5 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo ( Cedu) e dell’articolo 13 della Costituzione italiana.

La riforma che ha portato alla chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari e alla nascita delle Rems sta superando la fase di rodaggio, con buoni risultati in linea generale nelle Residenze per misure di sicurezza che ospitano ( al 31 dicembre) 629 persone. Tuttavia, 249 di queste sono in misura provvisoria e dei 357 in misura definitiva solo il 46 percento ha un trattamento riabilitativo individuale. Si va da situazioni come la Basilicata, l’Emilia Romagna e il Friuli dove è stato predisposto per tutti i pazienti, a quelle di Calabria, Sardegna, Toscana e Veneto dove non è stato predisposto per alcuno dei pazienti. Va rilevato inoltre il fatto che vi sono 63 che attendono in carcere di entrare in una Rems. Si tratta di persone che hanno finito di scontrare la loro pena e che, pur tuttavia, non trovando posto in una strutture per l’esecuzione della misura di sicurezza rimangono in carcere, una detenzione il cui fondamento legale appare dubbio.

TRATTAMENTI SANITARI OBBLIGATORI

Il Garante nazionale, anche in base ai monitoraggi effettuati, ha espresso perplessità rispetto all’effettiva indipendenza garantita in molte situazioni dai pareri dei due diversi medici previsti dalla legge per potere disporre un Tso. Il Garante nazionale sollecita inoltre la previsione per legge di un registro nazionale dei Tso, nonché la predisposizione di un sistema di reclami.

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Carcere, il Garante bacchetta le istituzioni: «Cambiare linguaggio»

Mauro Palma presenta la Relazione annuale sulle persone private della libertà davanti alle più alte cariche dello Stato. Il sovraffollamento non è una fake news. Come non lo è l’aumento dei suicidi, l’abuso dell’isolamento disciplinare, l’allungamento della detenzione dei migranti

«La sofferenza, sia essa la risultante di proprie azioni anche criminose, del proprio desiderio di una vita diversa e altrove, della propria vulnerabilità soggettiva, merita sempre riconoscimento e rispetto. Merita un linguaggio adeguato, soprattutto da parte di chi ha compiti istituzionali. L’espandersi di un linguaggio aggressivo e a volte di odio, costruisce culture di inimicizia che ledono la connessione sociale e che, una volta affermate è ben difficile rimuovere». Così Mauro Palma, Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, ha concluso la sua Relazione annuale al cospetto delle più alte cariche dello Stato, tra le quali il presidente della Repubblica, il presidente del Consiglio, il Presidente della Camera, il presidente della Corte Costituzionale e il ministro della Giustizia. A proposito di linguaggio aggressivo echeggiavano nella testa di tutti i presenti a Montecitorio quelle espressioni truci, anti-costituzionali, oggi ricorrenti nella retorica istituzionale, come «marcire in galera» o «buttare la chiave».

Straordinaria, alla luce dei tempi che stiamo vivendo, è la relazione del Garante, nella sua capacità di tenere insieme un alto piano teorico con una dimensione statistica ed empirica, frutto delle visite effettuate in oltre cento luoghi di privazione della libertà. «Bisogna avere visto», scriveva uno dei più grandi giuristi del novecento, Piero Calamandrei, nel secondo dopoguerra, a proposito della sua richiesta di un’inchiesta sulle carceri e sulla tortura. Il Garante nazionale è andato dunque a vedere cosa accade nelle carceri per minori e adulti, nelle camere di sicurezza delle forze dell’ordine, nei centri di rimpatrio per migranti, nelle navi trasformate in luoghi improvvisati di privazione informale della libertà, nelle case per disabili e anziani. Un monitoraggio istituzionale e indipendente non neutro, perché non esiste neutralità quando si tratta di promuovere e proteggere la dignità umana.

«Oggi e dentro», secondo Mauro Palma, è la forma semplificata di governo del complesso sistema penitenziario. È ritenuto troppo poco conveniente dal punto di vista politico investire «sul domani e sul fuori».

I reati calano, il numero di detenuti che entra in carcere dallo stato di libertà cala, ma cresce il sovraffollamento. Come può accadere? Accade perché una volta che i detenuti sono entrati in carcere, sempre più si “butta la chiave”, in quanto i giudici non si fidano delle misure alternative alla detenzione.

Il sovraffollamento non è una fake news. Al momento ci sono nelle carceri italiane circa 60 mila persone, 10 mila in più rispetto alla capienza regolamentare totale, 3 mila in più rispetto a un anno addietro. Il sovraffollamento carcerario, che il presidente della Camera Roberto Fico, senza troppi giri di parole, ha definito una «pena aggiuntiva» è esito di questa cultura dell’oggi e del dentro. Il sovraffollamento produce sofferenza, riduce l’area dei diritti esigibili, accresce la fatica e la frustrazione degli operatori penitenziari, degrada le persone in numeri.

È QUESTA UNA delle possibili spiegazioni dei sessantaquattro suicidi del 2018, ben ventiquattro in più rispetto al 2016. Ogni suicidio deve interrogarci intorno al modello di pena prescelto. Una diversa, più aperta e articolata vita all’interno delle carceri favorirebbe un allentamento dei pensieri di morte e di violenza.

La relazione del Garante ha cancellato un’altra ricorrente fake news, ossia che in quelle carceri dove si sperimenta una maggiore libertà di movimento (la cosiddetta sorveglianza dinamica) sarebbero aumentate le aggressioni al personale. Falso. La maggior parte delle aggressioni avviene nelle sezioni ordinarie e non in quelle aperte. Le parole chiave devono essere in un carcere normalità e responsabilità.

NON È INVECE una falsa notizia l’abuso dell’isolamento disciplinare nei confronti dei detenuti, pratica che dovrebbe essere usata con grandissima parsimonia, visti i rischi sull’integrità psico-fisica di chi vi è sottoposto. Nel solo 2018 sono state inflitte invece ben 8.577 sanzioni di isolamento. Un’enormità, praticamente il doppio rispetto al 2016. È questo segno di una gestione del carcere fondata sul meccanismo punitivo.

È INFINE una fake news affermare che l’allungamento della detenzione amministrativa dei migranti serva a favorire l’identificazione e dunque il rimpatrio. Delle poco più di quattromila persone transitate nei Centri, nel corso del 2018, meno della metà è stata effettivamente rimpatriata. Il numero totale delle persone rimpatriate con la forza nel 2018 è stato pari a 6.398. Non si investe viceversa nei ben più efficaci rimpatri volontari. Ma questi ultimi richiedono pazienza, fatica, complessità che, come abbiamo visto, sono parole estranee alla cultura truce di chi ci vede tutti come followers ed elettori, e non come persone.

Patrizio Gonnella

da manifesto