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Il caso Iuventa tra ritorsioni, regime dell’odio ed interessi neocoloniali

Eseguita l’ordinanza del GIP di Trapani mentre Camera e Senato approvano le operazioni richieste dal governo di Tripoli

Ha il sapore della ritorsione la lunga giornata conclusa con il sequestro della motonave Iuventa, gestita dalla ONG tedesca Jugend Rettet, una delle 6 che non hanno sottoscritto il codice di condotta stilato dal governo italiano la scorsa settimana. Intercettata al largo di Lampedusa durante la notte e scortata in porto da un imponente dispositivo navale di motovedette della Guardia Costiera, la nave è stata infine perquisita nel primo pomeriggio di ieri e posta sotto sequestro. Alcuni membri dell’equipaggio e l’attivista della Campagna #Overthefortress Tommaso Gandini, a bordo come reporter, sono stati fermati, interrogati presso il posto di Polizia di Lampedusa, ma infine lasciati liberi e senza alcuna imputazione.

Benché in mattinata la Guardia Costiera definisse l’operazione «un normale controllo» privo di conseguenze, ciò che stava avvenendo era l’esecuzione del provvedimento di confisca richiesto dalla Procura di Trapani lo scorso 17 luglio. La situazione si è chiarita solo nel tardo pomeriggio con la conferenza stampa del procuratore aggiunto di Trapani, Ambrogio Cartosio, che ha spiegato come l’inchiesta da lui condotta abbia portato ad aggregare «gravi indizi» circa il contatto tra «alcuni membri degli equipaggi della Juventa e scafisti libici» avvenuti durante «incontri in mare». «Non ci sono tabulati telefonici» precisa, ma gli elementi accusatori consentono di formulare l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina con il pericolo serio della reiterazione del reato: tanto basta per tenere ferma la Iuventa al porto di Lampedusa. Non ci sono elementi invece per incriminare persone, «servono più elementi per valutare le posizioni di singoli» che nel tempo hanno composto l’equipaggio della nave. A fine giornata le 16 persone dell’equipaggio hanno trovato assistenza da parte dei solidali di Mediaterranean Hope e del collettico Askavusa.

Per quanto in conferenza stampa il procuratore aggiunto di Trapani abbia cercato di contenere la situazione sotto il profilo giuridico, l’operazione entra a gamba tesa nel dibattito pubblico sulla gestione delle migrazioni, ravvivando le tensioni attorno al ruolo delle ONG. Questo è avvuto proprio nel giorno in cui la Camera ha discusso la partecipazione delle Forze Armate italiane a supporto della Guardia Costiera libica. Non è solo la scelta dei tempi e le modalità impiegate per eseguire un sequestro già autorizzato da giorni (la richiesta al GIP di Trapani è del 17 luglio): sono le dichiarazioni stesse di Cartosio a dare una chiara valutazione politica dell’operato di «parte dell’equipaggio, non certo tutto». La Iuventa sarebbe «in più casi intervenuta per trasbordare soggetti scortati in mare da trafficanti libici, prendendo a bordo soggetti recuperati – non posso dire salvati in questi casi – o loro consegnati», così rispnde alle domande dei cronisti. La motivazione della confisca sta nel «pericolo serio della reiterazione», la nave è senza dubbio il mezzo con cui l’ipotizzato favoreggiamento si è compiuto, e quindi non può lasciare Lampedusa.

Il sequestro della nave Iuventa si colloca, anche in termini temporali, tra l’avvio della nuova fase di “relazioni” tra Governo Italiano (ed UE) e ONG “ribelli” e l’avvio delle operazioni militari a supporto della Guardia Costiera libica, disposte dal Consiglio dei Ministri lo scorso venerdì ed ieri approvate dalla Camera. Jugend Rettet è sicuramente, tra le ONG, la più piccola (quindi vulnerabile) ed anomala: creata da giovani tedeschi nell’autunno 2015 e finanziata attraverso costanti campagne di crowdfunding; allo stesso modo l’equipaggio dell’imbarcazione è formato a partire dalle disponibilità al volontariato dei singoli membri. Un’anomalia nel panorama delle grandi ONG attive nelle acque mediterranee, un simbolo della capacità di autorganizzazione transnazionale e cooperazione sociale di una fetta giovanile che sceglie di spendersi in prima persona per sostenere i migranti.

Colpire la Iuventa significa avviare una nuova fase, le inchieste sulle ONG dei procuratori siciliani avranno nuova linfa e le altre sono avvertite, ma senza dubbio l’operazione della Procura di Trapani ha avuto eco in tutta Europa, rimettendo al centro del dibattito le migrazioni nella forma di un problema emergenziale di sicurezza continentale, da fermare quanto prima. Suonano beffarde le puntualizzazioni di Cartosio sulle «finalità sicuramente diverse» di trafficanti e ONG: quel che resta nel discorso pubblico oggi è una ventata di odio verso i migranti e chi li sostiene, i commenti alle notizie sui social networks non lasciano purtroppo dubbi. Un amaro distillato di razzismo, brodo di coltura per imprenditori della paura e della menzogna, elisir di lunga vita per mercanti di armi che già pregustano ricchi affari con l’intervento militare in Libia, definito oggi “proiezione internazionale” dal premier Gentiloni in visita al Comando Operativo di vertice Interforze. Voilà, la cooperazione internazionale in salsa neoliberale è servita.

Marco Sirotti da Global Project