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Cassazione. Occupare case popolari non sempre è realto

Occupare le case popolari non sempre e’ reato. Lo sottolinea la Cassazione con la sentenza 35580 della seconda sezione penale nella quale afferma che lo “stato di indigenza” puo’ costituire giustificato motivo dell’occupazione della casa, ”bene primario”. Forte di questo principio, piazza Cavour ha accolto il ricorso di una 38enne romana, Giuseppa D., condannata dal tribunale di Roma a 600 euro di multa per il reato di occupazione abusiva di un immobile di proprieta’ dell’Iacp. La condanna era stata confermata anche dalla Corte d’appello della capitale nel dicembre 2006 ma ora la Suprema Corte ha accolto il ricorso di Giuseppina in quanto ‘fondato’. Scrive il relatore Pietro Zappia che ”ai fini della sussistenza dell’esimente dello stato di necessita’ previsto dall’art. 54 c.p., rientrano nel concetto di danno grave alla persona non solo la lesione della vita o dell’integrita’ fisica, ma anche quelle situazioni che attentano alla sfera dei diritti fondamentali della persona, secondo la previsione contenuta nell’art. 2 della Costituzione”. E dunque, sottolinea la Suprema Corte l’occupazione di una casa popolare puo’ essere giustificata dallo stato di poverta’ in quanto tra i beni tutelati dalla Costituzione va ”ricompreso il diritto all’abitazione in quanto l’esigenza di un alloggio rientra tra i beni primari della persona”. Non l’avevano pensata allo stesso modo i giudici di primo e secondo grado che avevano condannato Giuseppa a 600 euro di multa per aver occupato una casa popolare insieme al figlio minore. Ma ora la Suprema Corte ha accolto la protesta di Giuseppina e ha sottolineato che la Corte d’appello della capitale, cui e’ stato rinviato il caso, dovra’ svolgere una ”piu’ attenta e penetrante indagine giudiziaria” per capire se effettivamente lo stato di poverta’ della donna giustificava l’occupazione dell’immobile. Nel caso in questione, infatti, rileva ancora la Cassazione ”e’ stata totalmente omessa qualsiasi indagine sia al fine di verificare le effettive condizioni dell’imputata, l’esigenza di tutela del figlio minore, la minaccia dell’integrita’ fisica degli stessi, sia al fine di verificare la sussistenza dei requisiti delle necessita’ e inevitabilita’ che consentono di ritenere la sussistenza della esimente”.
”La sentenza della Cassazione che individua il diritto all’abitazione come uno dei diritti fondamentali della persona e quindi la casa come un bene primario come la vita o la salute e’ importantissima. Fissa un punto fermo di grande civilta’ nei diritti sociali delle persone e rende obbligatoria una decisa svolta nelle politiche sulla casa che in questi ultimi anni non hanno tenuto in nessun conto il diritto delle persone all’abitare”. E’ quanto afferma il ministro della solidarietà sociale Paolo Ferrero per il quale ”la Finanziaria dovra’ tenere nel debito conto questa sentenza definendo le risorse per un nuovo piano casa”. ”Questa sentenza ci dice anche – prosegue Ferrero – che le polemiche di questi giorni in merito al blocco degli sfratti per gli strati sociali deboli sono da considerarsi sostanzialmente prive di fondamento. Fatta salva la necessita’ del Governo di dotarsi di politiche coerenti con la soddisfazione del bisogno abitativo risulta infatti evidente che il diritto primario all’abitazione non puo’ certo ritenersi subordinato al diritto di proprieta”’.