Dopo Federico Aldrovandi (ucciso durante un fermo di Polizia a Ferrara, il 25 settembre 2005), Gabriele Sandri (ammazzato l’11 novembre 2007 ad un autogrill da un poliziotto), Aldo Bianzino (“trovato” morto la mattina del 14 ottobre del 2008 nel carcere di Capanne) e Stefano Frapporti (morto il 29 luglio di quest’anno nel carcere Rovereto), un’altra “anomala” morte in carcere.
Scrive Luigi Manconi (dal sito innocenti.evasioni.net, da cui traiamo anche le foto, pubblicate su autorizzazione della famiglia):
“È inconfutabile che Stefano Cucchi – come testimoniato dai genitori – è stato fermato dai carabinieri quando il suo stato di salute era assolutamente normale ma già dopo quattordici ore e mezza il medico dell’ambulatorio del palazzo di Giustizia e successivamente quello del carcere di Regina Coeli riscontravano lesioni ed ecchimosi nella regione palpebrale bilaterale; e, la visita presso il Fatebenefratelli di quello stesso tardo pomeriggio evidenziava la rottura di alcune vertebre indicando una prognosi di 25 giorni. È inconfutabile che, una volta giunto nel reparto detentivo dell’ospedale Pertini, Stefano Cucchi non abbia ricevuto assistenza e cure adeguate e tantomeno quella sollecitudine che avrebbe imposto – anche solo sotto il profilo deontologico – di avvertire i familiari e di tenerli al corrente dello stato di salute del giovane: al punto che non è stato nemmeno possibile per i parenti incontrare i sanitari o ricevere informazioni da loro. È inconfutabile che l’esame autoptico abbia rivelato la presenza di sangue nello stomaco e nell’uretra. È inconfutabile, infine, che un cittadino, fermato per un reato di entità non grave, entrato con le proprie gambe in una caserma dei carabinieri e passato attraverso quattro diverse strutture statuali (la camera di sicurezza, il tribunale, il carcere, il reparto detentivo di un ospedale) ne sia uscito cadavere, senza che una sola delle moltissime circostanze oscure o controverse di questo percorso che lo ha portato alla morte sia stata ancora chiarita“.
“È inconfutabile che Stefano Cucchi – come testimoniato dai genitori – è stato fermato dai carabinieri quando il suo stato di salute era assolutamente normale ma già dopo quattordici ore e mezza il medico dell’ambulatorio del palazzo di Giustizia e successivamente quello del carcere di Regina Coeli riscontravano lesioni ed ecchimosi nella regione palpebrale bilaterale; e, la visita presso il Fatebenefratelli di quello stesso tardo pomeriggio evidenziava la rottura di alcune vertebre indicando una prognosi di 25 giorni. È inconfutabile che, una volta giunto nel reparto detentivo dell’ospedale Pertini, Stefano Cucchi non abbia ricevuto assistenza e cure adeguate e tantomeno quella sollecitudine che avrebbe imposto – anche solo sotto il profilo deontologico – di avvertire i familiari e di tenerli al corrente dello stato di salute del giovane: al punto che non è stato nemmeno possibile per i parenti incontrare i sanitari o ricevere informazioni da loro. È inconfutabile che l’esame autoptico abbia rivelato la presenza di sangue nello stomaco e nell’uretra. È inconfutabile, infine, che un cittadino, fermato per un reato di entità non grave, entrato con le proprie gambe in una caserma dei carabinieri e passato attraverso quattro diverse strutture statuali (la camera di sicurezza, il tribunale, il carcere, il reparto detentivo di un ospedale) ne sia uscito cadavere, senza che una sola delle moltissime circostanze oscure o controverse di questo percorso che lo ha portato alla morte sia stata ancora chiarita“.
Chi era Stefano ? da: innocenti.evasioni.net dalle parole di mamma e papà:
Era un ragazzo come tanti, pieno di vita, di aspirazioni, di progetti, amico di tutti, cordiale, allegro, esuberante, apparentemente spavaldo, sempre con la battuta pronta; era influenzabile sì, ma perché molto sensibile e fondamentalmente altruista. Aveva studiato e conseguito il diploma di geometra; aveva effettuato il prescritto tirocinio e collaborava con lo studio di famiglia; sognava di iscriversi al Collegio dei Geometri e perciò aveva iniziato un proprio percorso professionale, del quale era entusiasta e in cui riponeva enormi speranze e aspettative.
Come tanta gioventù era incappato nel problema della droga, ma era entrato spontaneamente in comunità e ne era uscito dopo tre anni con successo, conscio comunque dei pericoli sempre incombenti per chi ha subito una simile esperienza. Aveva trovato giovamento nell’attività sportiva della corsa e in palestra.
Era un ragazzo come tanti, pieno di vita, di aspirazioni, di progetti, amico di tutti, cordiale, allegro, esuberante, apparentemente spavaldo, sempre con la battuta pronta; era influenzabile sì, ma perché molto sensibile e fondamentalmente altruista. Aveva studiato e conseguito il diploma di geometra; aveva effettuato il prescritto tirocinio e collaborava con lo studio di famiglia; sognava di iscriversi al Collegio dei Geometri e perciò aveva iniziato un proprio percorso professionale, del quale era entusiasta e in cui riponeva enormi speranze e aspettative.
Come tanta gioventù era incappato nel problema della droga, ma era entrato spontaneamente in comunità e ne era uscito dopo tre anni con successo, conscio comunque dei pericoli sempre incombenti per chi ha subito una simile esperienza. Aveva trovato giovamento nell’attività sportiva della corsa e in palestra.
Cosa chiedono la mamma e il papà? Dopo i fatti accaduti la famiglia ritiene di pretendere legittimamente dallo Stato di rendergli conto sulla scomparsa di Stefano.
1- Vogliamo sapere perché alla sua richiesta precisa non è stato chiamato dai militari, la sera dell’arresto, il suo avvocato di fiducia;
2- Vogliamo sapere dalle forze dell’ordine come è stato possibile che abbia subito delle percosse bestiali e le lesioni;
3- Vogliamo sapere chi gliele ha prodotte e quando;
4- Vogliamo sapere dalle strutture carcerarie perché non ci è stato consentito il colloquio con i medici;
5- Vogliamo sapere dalle strutture sanitarie, perché non gli sono state effettuate le cure mediche necessarie;
6- Vogliamo sapere dalle strutture sanitarie, perché sia stata consentita in sei giorni di ricobero una tale debilitazione fisica;
7- Vogliamo sapere perché è stato lasciato in solitudine senza conforto morale e religioso;
8- Vogliamo sapere infine la natura e le circostanze precise della sua morte;
9- Vogliamo sapere altresì se ci sono motivi validi di tale accanimento su una giovane vita.
Immaginiamo che una famiglia distrutta dal dolore per la morte atroce del proprio figlio di 31 anni abbia il diritto di URLARE CON TUTTE LE SUE FORZE per chiederne conto!
fonte: InfoAut
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