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Chiesta la riesumazione del corpo di Carmelo Castro

Il Garante Fleres ha riferito al Pm che i letti delle celle sono d’altezza inferiore alla statura del giovane. La presunta impiccagione viene messa in dubbio.
Ora che è stata riaperta l’inchiesta giudiziaria sulla morte in cella del diciannovenne incensurato di Biancavilla Carmelo Castro, la famiglia del ragazzo si aspetta verità, trasparenza e giustizia. Il giovane è deceduto il 28 marzo del 2009 (quattro giorni dopo l’arresto) nella cella 9 del reparto Nicita di piazza Lanza. Secondo le dichiarazioni (non ancora approfondite) del personale del carcere, quel giorno, verso le 12,30, Carmelo fu trovato penzoloni, con un lenzuolo al collo, appeso a un perno del letto a castello della sua cella di isolamento. Ma si sospetta che forse non ci sia stata alcuna impiccagione o che quantomeno sia accaduto qualcosa che si vuol tenere nascosto. Il giovane, oltretutto, pur essendo recluso in regime di “grandissima sorveglianza”, fu perso di vista dagli agenti penitenziari per circa tre ore: cosa è successo nel frattempo a Carmelo? Chi gli ha portato il pasto? Chi si è avvicinato alla cella? E perché la direzione del carcere non ha voluto mettere a disposizione il filmato che riproduce tutto quello che è avvenuto nel corridoio in quelle ore?
Si tenga ancora in considerazione che Carmelo – forse costretto da alcuni delinquenti a fare da palo in una rapina – aveva rivelato ai carabinieri i nomi dei correi e dunque temeva ritorsioni, tanto che durante la sua breve permanenza in piazza Lanza ha sempre rinunciato all’ora d’aria.
E ancora: dagli atti si evince – fino a prova contraria – che il giovane, per quanto fosse agonizzante, non è stato liberato subito dal cappio, ma solo 10 – 15 minuti dopo (quando cioè arrivò il medico, chiamato da un agente carcerario); altra grande contraddizione sta nel fatto che tutti i letti a castello di quel reparto non sono più alti di un metro e 70, quando invece Carmelo era alto un metro e 1 metro e 75. Questa constatazione è stata personalmente fatta, non solo dagli attivisti delle associazioni “Antigone” e “A buon diritto” che hanno visitato il carcere, ma anche dal Garante dei diritti dei detenuti siciliani, senatore Salvo Fleres, il quale, proprio per “cristallizzare” questo importante dato, venerdì è stato sentito dal procuratore aggiunto Giuseppe Toscano (che coordina le nuove indagine) come “persona informata dei fatti”. Fleres è stato ascoltato su richiesta dell’avvocato Vito Pirrone che assiste la parte offesa, ossia i parenti di Carmelo. Anche un bambino a questo punto si chiederebbe: Com’è possibile che il giovane si sia impiccato da un’altezza inferiore alla propria statura?
Anche se il Garante Fleres è vincolato dal segreto istruttorio circa il contenuto delle sue dichiarazioni in Procura, si conosce già chiaramente la sua posizione rispetto al caso Castro, tanto è vero che egli ha già presentato sull’argomento ben tre interrogazioni parlamentari al ministro della Giustizia, l’ultima delle quali lo scorso 18 gennaio, quando il senatore ha anche chiesto al ministro della Giustizia un’ispezione ministeriale al Palazzo di Giustizia per esaminare il fascicolo.
Numerosi sono gli adempimenti che la Procura dovrebbe disporre in questa fase delle indagini e altrettante le lacune da colmare e i testimoni da convocare. L’avvocato Pirrone, nel suo lunghissimo elenco di richieste, reclama ulteriori accertamenti medico – legali, con riesumazione del cadavere, “al fine di chiarire la presenza di macchie ipostatiche in parti del corpo non compatibili con l’impiccagione e di evincere le reali cause e dinamiche della morte”.
Fonte: La Sicilia