L’aiuto ai libici per respingere i migranti questa volta arriva direttamente dallo spazio. Chiunque abbia con sé un cellulare nell’area del Mediterraneo potrebbe essere presto individuato dall’agenzia europea, che però condividerà le sue informazioni anche con la Guardia costiera libica.
Nel 2019 Frontex ha firmato un contratto con la statunitense HawkEye360 per un progetto pilota di sorveglianza del Mediterraneo. La Guardia costiera libica opera con soldi, mezzi e tecnologie gentilmente fornite da Bruxelles e da Roma. Ma soprattutto con informazioni preziose che arrivano direttamente dal cielo. Dati preziosi per Tripoli: “Queste informazioni sembrano essere particolarmente favorevoli a ulteriori intercettazioni e rimpatri da parte della guardia costiera libica verso porti non sicuri, contrariamente al diritto marittimo internazionale e ai diritti umani”, spiega il rapporto del Consiglio di Europa.
Fotografie sgranate, un insieme di punti grigi. Tre strisce più chiare, su un fondo scuro, con forme affusolate. Erano dei gommoni cinesi carichi di migranti, partiti poche ore prima dalle coste libiche, trecentosettanta persone, tra queste nove bambini e quattro donne incinte. Il 10 ottobre del 2015 Frontex aveva annunciato in pompa magna l’ultimo salvataggio nel Mediterraneo centrale in coordinamento con le autorità italiane. Non era una delle tante operazioni di routine: quei barconi erano stati individuati analizzando le immagini dei satelliti, che scansionano le acque tra la Libia e l’Italia. Un flusso di dati inarrestabile, immagini e coordinate che entrano nella piattaforma Eurosur Fusion Service. La tecnologia che salva vite, annunciava con un certo orgoglio l’agenzia europea di controllo delle frontiere.
Sono passati sei anni, la strategia è cambiata, gli obiettivi – politici e operativi – sono altri. In quelle acque opera la Guardia costiera libica, con un’unica regola d’ingaggio: riportare tutti i migranti naufraghi nei centri di detenzione. Operano con soldi, mezzi e tecnologie gentilmente fornite da Bruxelles e da Roma. Ma soprattutto con informazioni preziose che arrivano direttamente dal cielo. È una vera e propria Nsa del Mediterraneo, qualcosa di molto simile alla potentissima agenzia di spionaggio statunitense, specializzata in “sigint”, ovvero intelligence dei segnali. Intercettazioni, scansione di onde radio, fotografie ad altissima precisione, ascolto di conversazioni telefoniche, posizionamenti gps, tracciamento, con precisione millimetrica, di rotte. È la quantità enorme di informazioni che ogni secondo entra nel sistema “Fusion service” gestito da Frontex, in grado di rilasciare rapporti di intelligence. Non più con l’obiettivo di salvare i migranti. Il grande occhio sul Mediterraneo è la lunga mano dell’Europa in grado, silenziosamente, di respingere chi tenta di fuggire dalla Libia.
La Nsa del Mediterraneo funziona soprattutto grazie alla partnership con l’industria militare e della sicurezza. Le grandi imprese specializzate in intelligence hanno trovato una miniera d’oro nella gestione dei dati da fornire agli stati impegnati a blindare le frontiere. Puntano allo spazio, chiedendo un passaggio per i propri satelliti ai missili dei miliardari Bezos e Musk. Hanno in mente un business enorme, la “sorveglianza come servizio”, ovvero la vendita dei dati raccolti con lo spionaggio dallo spazio. Non solo agli stati, ma anche ai privati se sono disposti a pagare. Nel 2019 Frontex ha firmato un contratto con la statunitense HawkEye360 per un progetto pilota di sorveglianza del Mediterraneo. Il servizio richiesto prevede “l’intercettazione delle onde radio emesse dai radar marittimi, dai transponder Ais, dai telefoni satellitari e potenzialmente da altri asset, con la geolocalizzazione degli apparati”, si legge nella documentazione pubblicata sulla gazzetta ufficiale europea.
Un affidamento diretto e senza gara, per un milione e mezzo di euro. La HawkEye360 è finanziata – secondo le informazioni reperibili sul sito istituzionale – dalle società Advance, specializzata in media e tecnologia, Airbus, la compagnia aerospaziale, Esri, gruppo internazionale di analisi di dati, e da altre holding attive nella cybersecurity, nell’industria spaziale e nei servizi di intelligence (Raytheon, Razor’s Edge, Night Dragon, Sumitomo, Space Angels e Shield). All’inizio di luglio HawkEye360 ha completato il lancio degli ultimi microsatelliti specializzati in intercettazione di radiofrequenze e può contare oggi con una rete di 20 satelliti attivi.
Nel video promozionale dei sistemi di intercettazione di segnali radio della società americana è possibile vedere i target: oltre ai canali Vhf marittimi e alle emissioni radar, i satelliti sono in grado di scansionare la banda L, ovvero le frequenze radio utilizzate dai telefoni cellulari, dai satellitari e dal sistema di posizionamento Galileo. In sostanza tutti i dispositivi che emettono onde: “I dati consentirebbero a Frontex, ad esempio, di tracciare navi nel Mediterraneo – si legge in un rapporto di fine luglio della ong americana Privacy International – o potenzialmente persone in movimento che utilizzano telefoni satellitari”. In sostanza chiunque abbia con se un telefono cellulare nell’area del Mediterraneo verrebbe tracciato. Frontex, rispondendo a una richiesta di informazioni di Privacy International, afferma che il sistema al momento è solo in una fase di “progetto pilota” e che l’agenzia “non sta intercettando nessuna comunicazione”. Ma l’intero progetto è sottoposto a vincoli di segretezza: “Rivelare informazioni sulle tecnologie impiegate nell’area operativa da Frontex e dagli stati membri – scrive l’agenzia europea a Privacy International – (…) potrebbe beneficiare le reti criminali”.
Informazioni condivise – Le informazioni che entrano nella piattaforma Eurosur utilizzata da Frontex per il monitoraggio del Mediterraneo sono condivise non solo con i paesi membri della Ue; la regolamentazione del sistema prevede l’accesso anche da parte dei paesi nordafricani, e tra questi la Libia. Come già detto, l’agenzia europea per le frontiere fornisce informazioni preziose alla Guardia costiera di Tripoli per individuare i gommoni con i migranti. È solo la punta dell’iceberg. Il rapporto del Commissario per i diritti umani del consiglio d’Europa del 2019 ha rivelato come “le informazioni raccolte dagli aerei, dai droni e dai satelliti degli stati membri e delle agenzie dell’Ue sono condivise con tutte le autorità competenti, comprese quelle in Libia”. Dati preziosi per i Guardacoste di Tripoli: “Queste informazioni sembrano essere particolarmente favorevoli a ulteriori intercettazioni e rimpatri da parte della guardia costiera libica verso porti non sicuri, contrariamente al diritto marittimo internazionale e ai diritti umani”, spiega il rapporto del Consiglio di Europa.
Andrea Palladino
da il Domani