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Cospito e gli altri: il silenzio sui 700 detenuti al 41 bis

È ormai passato quasi un anno e mezzo, da quell’aprile del 2023 quando la Corte d’Assise d’Appello di Torino comminò ad Alfredo Cospito 22 anni e alla sua compagna Anna Beniamino 18. In quell’occasione, fece la sua ultima apparizione pubblica. Da allora, sul suo caso e su di lui, è calato un assoluto silenzio.

di Stefania Valbonesi da Per un altra città

Eppure, la questione sollevata da Alfredo Cospito, l’anarchico al 41 bis che portò avanti un lungo sciopero della fame  (iniziato il 20 ottobre 2022, conclusosi il 19 aprile 2023) per sensibilizzare l’opinione pubblica sul trattamento dei condannati al 41bis, era diventato tema caldo di dibattito sociale e politico.

Cospito interruppe il digiuno nel momento in cui la Corte Costituzionale ritenne costituzionalmente illegittimo l’articolo del codice che “vieta al giudice di considerare eventuali circostanze attenuanti come prevalenti sulla circostanza aggravante della recidiva nei casi in cui il reato è punito con la pena edittale dell’ergastolo”. Per mesi il dibattito rimase aperto sui media e nell’agone politico, ma anche nelle piazze dove cortei e movimenti di sostegno si alternavano, con una scia di condanne che non coinvolse solo gli anarchici. La condanna successiva alla sentenza della Suprema Corte, fu , come ricordavamo, di 22 anni per Cospito e di 18 per Anna Beniamino, la compagna, anche lei ritenuta parte attiva nell’attentato di Fossano, tuttavia non in regime di 41bis.

Il 41 bis è un trattamento detentivo che prevede l’isolamento assoluto del condannato, al fine di rompere ogni legame con i sodali rimasti in libertà, per evitare che dal carcere il detenuto possa impartire ordini, dare direttive ecc., insomma continuare a tenere in mano le fila di un’eventuale organizzazione. Il 41 bis fu “inventato” nell’ambito della lotta alla mafia, ovvero fu ed è uno strumento pensato al fine di bloccare la capacità di imperio dei boss mafiosi. Fu poi applicato anche ai condannati per terrorismo, sempre con le stesse finalità. Nel caso di Cospito, anarchico, autore di un attentato che non causò vittime, il punto giuridico fu se si prospettavano i requisiti per l’applicazione di questo stato di detenzione particolarmente duro. Un caso che scosse il mondo degli avvocati penalisti, con intervento anche delle Camere penali. Sulla questione, abbiamo interpellato Sauro Poli, uno degli avvocati facenti parte del pool legale che si occupò del caso.

Ormai è trascorso quasi un anno e mezzo dall’ultima pronuncia della Cassazione – dice l’avvocato – Cospito si è ritirato nel suo sarcofago di cemento armato, espressione utilizzata da Flavio Rossi Albertini, suo avvocato difensore, ma alcune cose rimangono nell’aria. A circa due anni dalla pronuncia della Corte di Cassazione che rimandava a Torino il processo per determinare la pena, alcune considerazioni è necessario farle. Intanto, per la prima volta si è contestata la strage politica. Andando alla memoria documentaria dei difensori di Alfredo Cospito e Anna Beniamino, alle obiezioni sollevate dai difensori che mai è stata contestata la strage politica, né nel caso di Bologna del 1980 (l’esplosione alla stazione di Bologna che causò 85 morti e 200 feriti), né per le stragi del ’92-’93, la Corte di Cassazione ha argomentato che, in quei casi, essendoci dei morti, la superfetazione giuridica era perfettamente inutile”.

Posto che anche il Presidente della Corte d’Assise d’Appello di Bologna commentò che se quella di Bologna non era una strage politica quale altra strage potrà mai dichiararsi politica (il riferimento è alla sentenza con cui fu condannato all’ergastolo Paolo Bellini, nell’autunno scorso, in cui è stata riconosciuta, dopo 44 anni, la natura politica della strage)  ricordo che, dopo il documento dell’ottobre 2022, sottoscritto dai primi 20 avvocati che si esposero per rendere pubblico un caso di carattere generale, i primi a muoversi furono intellettuali, filosofi, primi fra tutti Luigi Manconi e Massimo Cacciari, seguiti a ruota dalle varie associazioni e dai compagni di Alfredo Cospito. A valle di quell’impegno che fece esplodere un grosso dibattito pubblico, si può senz’altro affermare che il sistema si sia ricomposto. All’obiezione che le stragi politiche in Italia non sono mai state contestate, la Corte di Cassazione risponde che l’attentato alla scuola di Fossano rappresenta un attentato alla stabilità interna dello Stato, dal momento che era il luogo dove si addestrano i giovani carabinieri e l’Arma è una delle colonne portanti dello Stato. Perciò, si parla di strage contro lo Stato”.

Il sistema ha mostrato una grande capacità di tenuta, mettendo in campo l’argomentazione che la strage è un reato a consumazione anticipata, non occorre l’evento, non occorrono feriti perché si consumi; se si colloca un ordigno sui binari, il treno passa e non succede niente, è comunque strage. Il sistema ha saputo reagire di fronte alle levate di scudi; con l’aggiustamento, il ricorso alla Corte Costituzionale, la possibilità di contemperare la recidiva a Cospito con il fatto di lieve entità previsto dall’art. 306 del cp, arrivando a una pena tutto sommato ritenuta equanime. Il sistema ha dimostrato di avere i suoi anticorpi nei confronti delle obiezioni più lucide. Sta di fatto che Cospito si è ritirato nel suo sarcofago; rimangono le minuzie dei processi per chi lo ha sostenuto nella sua battaglia, partecipando alle manifestazioni di piazza. E’ caduto un silenzio tombale sul punto centrale della diatriba, ovvero la sostenibilità costituzionale del 41 bis . Da una battaglia personale, quella di Cospito era diventata quella dei 700 dannati al 41 bis. Il dibattito è risprofondato nell’oscurità assoluta. E dei 700 dannati non se ne sa più nulla”.

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