La norma contro i blocchi stradali non violenti è passata in commissione Affari costituzionali della Camera, il testo della contestatissima norma varata dai ministri Nordio, Crosetto e Piantedosi prevede carcere fino a un mese per chi da solo blocca una strada e da sei mesi a due anni se il reato viene commesso da più persone riunite. La legge attualmente prevede solo una multa da mille a quattromila euro, la modifica di fatto istituisce il reato penale di blocco stradale punibile appunto con la reclusione. Teoricamente persino un gruppo di studenti che fa un sit-in di protesta davanti una scuola fermando il traffico per qualche minuto rischia il carcere.
Una pericolosa deriva reazionaria da parte del governo. È chiaro l’intento intimidatorio e la volontà di limitare in maniera drastica la possibilità di protestare, anche in modo assolutamente pacifico: queste dimostrazioni di dissenso e di libero pensiero sono espressioni di libertà, devono essere considerate sacrosante in democrazia e devono essere garantite e tutelate dalle istituzioni dello stato”.
Con la trasformazione del blocco stradale e ferroviario da illecito amministrativo a reato in caso di protesta di gruppo, il governo mira a colpire il diritto dei cittadini a manifestare contro quello che si ritiene sia un fatto ingiusto, criminalizza il dissenso pacifico e meramente passivo. Lo stesso prevedono per la protesta pacifica in carcere, proprio mentre i suicidi nelle celle si susseguono e il disagio dei detenuti è diventato un’emergenza.
Una norma pensata evidentemente per colpire le proteste degli attivisti ambientali di “Ultima Generazione” ma che, ovviamente, non andrà a colpire solo loro, visto che la pratica dei blocchi stradali è da sempre utilizzata durante le proteste.
Nel provvedimento è inclusa anche le “resistenza” giudicata “violenta” o anche solo “minacciosa” contro le grandi opere, come la TAV o il ponte sullo Stretto, si rischierà fino a 20 anni di carcere
Il provvedimento ha delineato tra le misure più salienti pene estremamente severe per chi pianifica o partecipa a rivolte o proteste all’interno delle carceri e nei Cpr, colpendo anche chi le solidarizza dall’esterno. Al contempo, sono state previste numerose tutele per i membri delle forze dell’ordine, con la più vigorosa repressione delle aggressioni ai loro danni e la possibilità di detenere armi private anche quando non sono in servizio. Un testo che si inserisce a pieno titolo alla dura repressione e criminalizzazione di un ampio ventaglio di forme di dissenso.
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