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Decreto Anti-Covid: l’unica normalità che difendono è quella capitalista

Il 23 dicembre la cabina di regia del governo Draghi ha emesso le nuove misure di contrasto alla quarta ondata del Covid-19. La rincorsa all’ennesima onda virale si poggia sulle ormai consuete basi: responsabilizzazione degli individui che dovrebbe, e non può, sopperire le deficienze organizzative collettive.

Senza entrare nel dettaglio delle prescrizioni, la durata del Green pass a sei mesi (dal 1° febbraio), e richiamo terza dose a quattro mesi sono le iniziative più rilevanti.

La rincorsa all’ennesima onda virale si poggia sulle ormai consuete basi: responsabilizzazione degli individui che dovrebbe, e non può, sopperire le deficienze organizzative collettive.

L’assioma vaccini = normalità si sta rivelando fallace, un fallimento annunciato e le responsabilità sono chiaramente della classe politica. Questo governo, più che mai a trazione padronale, è in grado di elaborare la propria azione politica unicamente in funzione della tutela dei profitti a breve termine.

Si tenta di difendere manifattura, export, consumo produttivo e turismo, o se preferite di “salvare il Natale”, attraverso la nuova “normalità”, incarnata da vaccini, produzione e consumo in attesa che la tempesta passi.

Queste politiche non sono solamente inique, faziose e in favore dei ricchi ma sono profondamente miopi perché la tempesta non passa.

Questa quarta ondata era perfettamente prevedibile e annunciata dagli addetti ai lavori che non prestano il fianco supini alla politica o alla spettacolarizzazione della propria posizione.

La sua prevedibilità si fonda essenzialmente su due macro-fattori.

In primis, la gestione del vaccino come merce prodotta e commercializzata seguendo logiche oligopolistiche e geopolitiche ha minato una distribuzione delle inoculazioni su scala globale, rapida ed efficiente. Tale dinamica ha lasciato, e lascia, spazio alla riproduzione dello stesso virus, la cui prolungata sopravvivenza aumenta le possibilità di moltiplicazioni di varianti. Fatto che puntualmente sta avvenendo, tenendo il mondo col fiato sospeso ogni qual volta un istituto sanitario nazionale convochi una conferenza stampa.

In secondo luogo, c’è il dato empirico sull’inefficacia dei vaccini nel bloccare la trasmissione e circolazione del virus. Tale affermazione è supportata, sin dall’estate, da quanto avvenuto in

paesi ad alto reddito con popolazione esigue che si sono accaparrati enormi quantitativi di vaccini in grado di “immunizzare” il proprio paese in archi di tempo ridotti. Israele ed Emirati Arabi Uniti sono i casi più emblematici.

Quindi, sappiamo da circa sei mesi che i vaccini sono a scadenza, ossia dopo un periodo variabile tra i 4 e i 9 mesi gli anticorpi prodotti tendono a svanire o a perdere efficacia.

Il risultato in termini pratici è il seguente: la popolazione vaccinata non solo si infetta e può infettare ma può anche contrarre la malattia, seppur più raramente, nella forma grave con tutte le nefaste conseguenze.

Purtroppo l’assurda polarizzazione del dibattito sui vaccini, impone dei chiarimenti. Riscontrare che i vaccini non siano la soluzione non vuol dire screditare la loro efficacia nel tutelare la salute collettiva.

Infatti, vale la pena sottolineare che rispetto agli stessi picchi virali del periodo pre-vaccinale, il numero dei vaccinati che occupano posti letto e terapie intensive è crollato.

Circa l’80% delle terapie intensive, e percentuali ancora più alte nei decessi e nei ricoveri, sono occupate dalla popolazione non vaccinata.

Tuttavia, l’assioma vaccinazione uguale green pass (rafforzato) che permetta una vita produttiva e sociale normale è stato ampiamente screditato. I vaccini non mettono al riparo ma tutelano la salute e soprattutto ritardano, ma non annullano, la curva pandemica e il conseguente collasso del sistema sanitario.

Con collasso sanitario non si può intendere la situazione drammatica sperimentata nella fase pre-vaccinale, che ha significato 138 mila morti e circa il 30/40% di terapie intensive occupate, ma si intende la persistente inibizione per la popolazione di accedere a cure sanitarie, la cui erogazione era gerarchizzata e messa a dura prova ben prima dello scoppio della pandemia.

Ad oggi, il 10% delle terapie intensive è già occupato, ci sono 8.544 ricoverati con sintomi (22/12) e quasi 400.000 isolamenti fiduciari, e siamo all’inizio dell’ascesa virale della quarta ondata.

I dati elaborati dalla fondazione Gimbe sull’incidenza dei positivi sui tamponi molecolari restituiscono chiaramente l’intensità e la dinamica dell’ascesa pandemica.

grafico covid

Tuttavia, il collasso sanitario è dato dall’incalcolabile dato sulla diminuzione di visite e controlli da parte della sanità pubblica alla quale la popolazione è potuta accedere.

Gli effetti reali di una sanità pubblica smantellata in uno stato emergenziale, che ormai perdura da due anni, saranno visibili solo nel tempo ma si può affermare con certezza che saranno profondi, e soprattutto diseguali.

La disorganizzazione alla quale ci costringono sta spingendo milioni di cittadini a diventare clienti della sanità privata.

Gli imprenditori del settore, vale la pena ricordarlo, stanno facendo affari d’oro, dalle farmacie ai laboratori, dalle case di cura private alle multinazionali accaparrano denaro sulla nostra salute collettiva con quote maggiori rispetto al passato.

Questa nuova ondata con le sue paternali conferenze stampa e conseguenti nuove norme restrittive mette in evidenza una volta in più l’inadeguatezza e la pericolosità della comunicazione politica del governo dei migliori: vaccinatevi e siete al sicuro.

Questa retorica, falsa e pericolosa, nasce dalla necessità del governo di convincere il maggior numero di persone possibile a vaccinarsi senza assumersi il rischio dell’obbligo vaccinale, con l’obiettivo di scaricare la deflagrazione della situazione e le mancanze del sistema sanitario sull’irrazionalità individualista di circa il 15% della popolazione.

Sono mesi che tecnici e politici spergiurano a reti unificate che bastava un’iniezione e tutto si sarebbe risolto tornando a canti e balli.

Com’era facilmente prevedibile, la contrapposizione tra vaccini e tamponi si è rivelata dannosa per il tracciamento ma utile a scaricare i costi dei tamponi e dell’organizzazione locale della prevenzione sul nostro portafoglio.

A tal proposito la pretesa di tamponi rapidi e molecolari gratis per tutt* deve diventare un asse del nostro attacco.

L’infantilizzazione della comunicazione politica verso la popolazione può essere annoverata tra i molti elementi che stanno svuotando di senso le “democrazie” liberali occidentali.

Si continua a far finta di aver risolto il problema perché il popolo non capisce la complessità del problema e non si può ammettere che non si è investito nulla in trasporti, prevenzione e tracciamento, con briciole a sanità e scuola.

L’Istituto Superiore di Sanità, che si è rivelato ben integrato nel sistema-paese, si è prestato ad ogni operazione politica del governo e non ammette che su alcuni nodi, tipo i vaccini, non si hanno certezze ma si naviga alla cieca.

Infatti, come gli infettivologi più sinceri ammettono, di questo virus e della sua relazione/reazione ai vaccini si sa ancora troppo poco.

Un esempio a tal proposito, è quello che riguarda la famigerata e risolutiva, di nuovo, terza dose.

I proclami di governo hanno continuato con la linea “questa è quella buona”, mentre la stampa asservita titola che “Moderna abbatte queste percentuali”, “Pfizer immunizza per tot tempo” e nemmeno un mese dopo ci ritroviamo con Israele e Germania che annunciano la quarta dose.

Notizia che il Dottor Crisanti definisce preoccupante poichè dimostrerebbe la presenza di dati che contraddicono una presunta maggiore durata degli anticorpi prodotti dalla terza inoculazione.

Nemmeno la terza è quella buona, pare, ma come dirlo al popolo caprone?

Senza che le forze politiche abbiano il coraggio di dirlo, stiamo andando verso uno schema fondato su due vaccinazioni l’anno, acquistate a caro prezzo, circa 17 € a dose alle multinazionali statunitensi.

Infatti, da gennaio il green pass rafforzato, se questo strumento sopravviverà, varrà appena per sei mesi, e poi che succede? O la pandemia finisce o si continua con i vaccini.

Di nuovo, davanti ad un’incombente minaccia generalizzata alla salute pubblica, non pensiamo che due dosi di vaccino l’anno siano necessariamente un problema, ma è chiaro che l’opacità della comunicazione e l’assenza di soluzioni reali non faranno altro che rinforzare i fenomeni di irrazionalità di massa che diventano integrati nella forma di governo della crisi. Fenomeni che per forza di cose si sposano parzialmente con dei richiami anti-sistema e una critica dello scientismo, ma che in ultima istanza si fondano sulla perpetua assenza di un punto di vista in grado di porre la questione della fuoriuscita collettiva dalla crisi al primo posto. Di nuovo il nocciolo del problema è che alla normalizzazione capitalista del virus si può rispondere solo con una messa in discussione totale delle forme di organizzazione della produzione e riproduzione dell’attuale sistema di sviluppo.

La partita sembra essersi ridotta ad una sfida tra le capacità tecnologico-sanitarie delle multinazionali e la mutevolezza del Covid-19, con tutti gli altri attori, noi compresi, che fanno da spettatori. Ma questa farsa ideologica che si piega comodamente alle varie esigenze degli schieramenti in campo non può che generare un ulteriore destrutturazione del vivere sociale, aprendo la porta a scenari sicuramente poco promettenti, ma in cui toccherà muoversi con lo sguardo attento alle tendenze che pottrebbero emergere, mentre la crisi silenziosamente dilaga sempre di più oltre la sfera sanitaria.

da InfoAut