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Detenuto pestato in cella, agente condannato per tortura

Altri due poliziotti e una infermiera rinviati a giudizio

Un agente di polizia penitenziaria è stato condannato a tre anni per tortura e lesioni personali ai danni di un detenuto, unite dal vincolo della continuazione. I fatti risalgono al settembre del 2017 nel carcere di Ferrara.

Il poliziotto in questione, l’Assistente Capo Pietro Licari, 51 anni, è accusato di aver agito “con crudeltà violenza grave” nei confronti di un condannato per omicidio, Antonio Colopi, 26 anni, picchiato e fatto spogliare in cella.

Il magistrato Isabella Cavallari della Procura di Ferrara aveva chiesto tre anni e sei mesi. Oltre all’agente condannato, che ha scelto il rito abbreviato, altre tre persone sono state rinviate a giudizio: si tratta di altri due agenti, il Sovrintendente Geremia Casullo, 55 anni, e l’Assistente Capo Massimo Vertuani, 49 anni, e l’infermiera Eva Tonini, 39 anni, accusata di falso e favoreggiamento.

Dopo l’aggressione il detenuto, assistito dall’avvocato Paola Benfenati, venne trasferito a Reggio Emilia. La sentenza, una delle prime per questo tipo di reato, ha concesso all’imputato le attenuanti generiche, riconosciute equivalenti alle aggravanti.

Secondo quanto emerso dalle indagini, nel settembre del 2017 i tre agenti penitenziari entrarono nella cella d’isolamento in cui si trovava il detenuto per una perquisizione. Mentre uno di loro restò di guardia in un corridoio, gli altri due cominciarono a picchiare Colopi.

La prima condanna di un poliziotto penitenziario. Antigone: “nessuno superiore davanti alla legge”

“Quella di oggi per i fatti relativi alle violenze avvenute nei confronti di un detenuto nel carcere di Ferrara è la prima condanna di un funzionario pubblico per il delitto di tortura, introdotto nel codice penale italiano nel 2017.

Non si gioisce mai per una condanna e non gioiamo neanche in questo caso, ma affermiamo comunque che la decisione di oggi ha un sapore storico. La tortura è un crimine orrendo, inaccettabile in un Paese democratico. La condanna, seppur in primo grado, mostra come la giustizia italiana sia rispettosa dei più indifesi. Si tratta di una sentenza che segnala come nessuno è superiore davanti alla legge. La legge vale per tutti, cittadini con o senza la divisa. E’ questo un principio delle democrazie contemporanee.

Fortunatamete ora esiste una legge che proibisce la tortura. In passato fatti del genere cadevano nell’oblio. E’ importante che tutti gli agenti di Polizia penitenziaria si sentano protetti da una decisione del genere, che colpisce solo coloro che non rispettano la legge.

Antigone ha a lungo combattuto per avere questa legge, con l’ultima campagna “Chiamiamola tortura” avevamo raccolto oltre 55.000 firme a sostegno di questa richiesta. Ora possiamo dirlo, la tortura in Italia esiste, purtroppo viene praticata, ma ora viene anche punita”.

Queste le dichiarazioni di Patrizio Gonnella, presidente di Antigone.